Il nastrino rosso
Prima parte
di Ruggero Scarponi
Fu proprio mentre sfogliava le ultime pagine del quotidiano, acquistato prima di salire sul treno, che l’agente M. fu sorpreso da un fragore e da un vociare concitato. Con sua grande sorpresa si trovò faccia a faccia con un commando terroristico. Come prima reazione fu preso da un moto di sconcerto, accidenti! Esclamò tra sé, questa non ci voleva, proprio oggi che ho preso una settimana di ferie. I suoi pensieri, però, furono interrotti da una voce gracchiante che s’irradiò dall’altoparlante, di cui le carrozze del treno erano provviste per le abituali comunicazioni ai viaggiatori.
Controlliamo il treno, diceva la voce che si sforzava di tenere un tono asciutto, privo di sfumature emotive, ora provvediamo ad arrestarlo mediante il freno di emergenza. La fermata sarà brusca, pertanto sarà bene che ognuno si tenga saldo al proprio posto o ad eventuali corrimano e sostegni, per evitare spiacevoli cadute e contusioni. Dopo un istante quasi l’avesse dimenticato la voce concluse la comunicazione con un, grazie, biascicato, quasi sottovoce.
La fermata fu più brusca del previsto e nei vagoni si udirono grida e imprecazioni nonché il rumore provocato da numerosi bagagli caduti dagli stipi dove erano stati alloggiati. Ci fu più confusione che panico, per la verità e anche l’agente M. che si trovava seduto non riuscì ad evitare di essere sballottato in avanti, sul sedile di fronte. Nel trambusto gli cadde di mano il giornale che stava leggendo.
Ci scusi, disse qualcuno, nascosto da un passamontagna calato sul volto, mentre gentilmente gli raccoglieva il giornale e glielo porgeva.
Grazie, rispose d’istinto l’agente M., piuttosto sorpreso per il gesto cortese che non si aspettava.
E subito aggiunse, ma che succede, chi siete?
Lei è un agente della polizia giudiziaria, vero? Ribatté l’anonimo con il passamontagna, ho visto il distintivo quando durante la frenata le si è aperta la giacca, disse quasi a giustificarsi.
Sì, naturalmente, rispose l’agente M., e oggi comincerebbero le mie ferie…comincerebbero…
Una bella seccatura, immagino ma se tutto va per come deve andare vedrà che le sue ferie non gliele toglie nessuno.
Speriamo…ma…
Ma?
Mi tolga una curiosità, se controllate il treno c’era bisogno di arrestarlo con…
Il terrorista sorrise, poi disse quasi sottovoce, il macchinista si è barricato nella cabina e noi non abbiamo voluto forzare la mano, è un lavoratore e non vogliamo spargere sangue inutilmente, in particolare quello dei lavoratori…soddisfatto?
L’agente M. accennò di sì e restò seduto, pensieroso, con l’aria di chi sia rassegnato ad una lunga attesa.
Poi dopo un po’ l’anonimo con il passamontagna rispose ad una chiamata radio. Parlottò lungamente e concitatamente e infine chiuse la comunicazione.
Andò per alcuni istanti avanti e indietro nello scompartimento semi-vuoto e come rispondesse ad un preciso segnale gridò ad alta voce: Noi siamo il popolo in rivolta e questo treno è requisito. Tra poco sarà trasmesso via radio su tutte le emittenti nazionali un proclama. Libertà per tutti i compagni che stanno marcendo in galera. Se entro due ore non avremo conferma delle nostre richieste procederemo all’eliminazione fisica di un ostaggio ogni ora.
Dopo le ultime parole si udirono grida isteriche e un vociare frenetico, poi un silenzio tetro si posò sull’intero convoglio.
Gli ostaggi? Uscì spontaneo all’agente M., ci sono degli ostaggi su questo treno?
L’anonimo con il passamontagna rispose bruscamente, certo, sono tutti coloro, come lei ad esempio, che sono collaboratori di questo stato criminale e oppressore del popolo.
Addio ferie, sogghignò sarcastico l’agente M.
Buon per lei che le va di scherzare disse il terrorista, ma le posso assicurare che la situazione non è tanto allegra e se fossi in lei…
Se fosse me che farebbe?
Niente. Non mi faccia dire.
L’agente M. prese ad osservare il terrorista con interesse. Nonostante si fosse in inverno, faceva caldo nella carrozza ferroviaria anche senza il sistema di riscaldamento in funzione.
Fa caldo, disse l’agente M., perché non si libera del passamontagna.
Al diavolo! Imprecò quello e con gesto rabbioso si strappò dal viso il passamontagna.
Non ne potevo più. Qui dentro non si respira.
L’agente M. ora guardava il terrorista con espressione sorpresa.
Sorpresa! Ghignò quello. Che c’è si meraviglia che dietro al passamontagna invece di un barbuto giovanotto ci sia io, una donna?
Il suo tono di voce, roco e profondo, mi ha confuso, lo ammetto, disse l’agente M., l’avevo scambiata per un maschio.
Lo so, è da quando andavo al liceo che mi scambiano per un maschietto. La voce, intendo, per il resto non ci sono dubbi, credo, che dice?
Mi sembra che per il resto sia tutto a posto. Niente da eccepire.
Lei fuma? Chiese la donna improvvisamente.
L’agente M. accennò di sì con la testa, e poi trasse dal taschino interno della giacca un pacchetto di sigarette che porse alla donna con gesto cortese.
Quella prese avida la sigaretta e attese che l’agente M. le offrisse il fuoco per accenderla.
Grazie, disse mentre inspirava una lunga boccata di fumo.
Mamma! da quanto tempo che non fumavo. Mi mancava tanto il fumo di una sigaretta. Sa, nel nostro gruppo non è che sia proibito fumare, ma…sì…insomma, se non si fuma è meglio. Sono più contenti.
È un segreto o si può dire chi sono quelli che sarebbero più contenti?
(Continua)