Televisore gioia e dolore
Zapping
frammenti semisweri di cronaca televisiva
di Luigi Capano
Girovagando nel web abbiamo scovato l’archivio dell’intera raccolta di Rinascita, la storica rivista mensile del PCI diretta da Palmiro Togliatti.
E’ bello, utile e istruttivo leggerla. Vi si può trovare, per esempio, l’invettiva di Roderigo Castiglia (nom de plume del Direttore), emulante Adolf Hitler, contro l’arte astratta ritenuta una forma d’arte degenerata; ma soprattutto segnaliamo il numero del febbraio 1953, interamente dedicato alla celebrazione del neodefunto Stalin, il quale nulla aveva da invidiare al leader nazionalsocialista dianzi citato, in fatto di spietatezza, ma l’aver vinto la guerra lo ha incasellato d’ufficio nella lista dei buoni, o, come si usa dire, degli Alleati. Il numero si apre con l’articolo di Luigi Longo “Gloria a Stalin” dove, tra le tante perle, si legge: “La sua opera titanica, il suo genio, la sua vita, per oltre un trentennio hanno stupito il mondo e sollevato per la sua persona la riconoscenza e l’amore infinito dei popoli. Un terzo dell’umanità, ottocento milioni di cittadini, grazie, soprattutto alla sua guida ed al suo esempio, hanno liquidato definitivamente «lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo», si sono liberati da ogni schiavitù e hanno preso con sicurezza in mano i propri destini”
Siamo certi che, se la guerra avesse avuto esito diverso, le truppe cammellate del giornalismo, della politica e del mondo intellettuale internazionale si sarebbero sperticate allo stesso modo per il Führervittorioso.
Ecco, poco oltre, l’insigne latinista Concetto Marchesi: “l’opera di Stalin è opera liberatrice da qualunque oppressione…Il macchinario capitalistico ha ora dinanzi uno Stato di milioni e milioni di uomini disposti a tutto…”. E concludiamo questa istruttiva incursione, con Pietro Secchia: “ Il compagno Stalin ci ha lasciato uno strumento invincibile per l’emancipazione della classe operaia, dei lavoratori, per la liberazione di tutti gli oppressi: il partito comunista” .
Dal compagno Stalin, al compagno Putin. Che – lo sta dimostrando con questa guerra insensata e anacronistica – non è propriamente una cima. Come non è una cima il suo collega americano Biden che sta facendo rimpiangere i tempi del tanto vituperato Trump il quale, da consumato uomo d’affari, avrebbe saputo trovare altre e più proficue vie di confronto con l’avversario-nemico. Tentando, per quanto possibile, di osservare quanto sta accadendo sul fronte bellico, con un minimo di sano distacco, riesce oltremodo complicato distinguere gli avvenimenti dalla propaganda, profusa a piene mani da tutte le parti interessate: pensiamo soltanto alle notizie dilaganti, tragidrammatiche, sullo stato di salute del compagno Putin.
Certo è che questa netta distinzione tra buoni e cattivi - rimarcata dalla fazione pro-Ucraina (ma gli orfani di Stalin, non sono da meno) - che sembra ricalcare il cliché invalso tra i belligeranti dell’ultima guerra mondiale, è sempre molto problematica. E, a meno che non si voglia ricorrere alla mitologia, all’anagogia scritturale o agli archetipi junghiani, decisamente infantile e, toscaneggiando, un tantino grulla. “Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli” (Apocalisse 12,7 -12).
Ci rammarica la morte di Liliana De Curtis, figlia del grande Totò. I suoi rari interventi televisivi sono sempre stati un’occasione preziosa per apprendere aneddoti e curiosità inedite sulla vita di uno dei personaggi più straordinari del cinema italiano.