Con il Patrocinio dell’Ambasciata del Principato di Monaco in Italia
Roma, Maison Bosi Via Margutta, 10 giugno - 4 luglio 2022
Opere di Jane Gemayel
I segni dell'infinito
a cura di Massimo Scaringella
Venerdì 10 giugno si apre al pubblico, presso il nuovo spazio espositivo Maison Bosi a Roma, la personale dell’artista canadese di nascita e monegasca d’adozione Jane Gemayel dal titolo “I segni dell’infinito”, a cura di Massimo Scaringella.
L’artista, reduce dall’esperienza dell’Expo 2020 Dubai, dove le è stata dedicata una personale presso il Padiglione di Monaco, ha scelto Roma e la storica via Margutta per il suo debutto in Italia.
Una riflessione sull’incredibile sintesi esterna, ma più fortemente interna dell’animo umano: è questo il filo conduttore che lega le opere raccolte in questa mostra. Inizialmente guidata dall’opera letteraria “Il Profeta” del poeta libanese Khalili Gibran scoperto in gioventù. Nelle sue poesie un inno all’amore, all’armonia e alla pace.
Jane nei suoi quadri e le sue sculture, non ricerca la bellezza dettata dai canoni delle riviste patinate, quando ci propone i suoi ritratti, le sue danzatrici, le sue madri, le variegate figure spirituali che sono un soggetto privilegiato della sua indagine visiva.
E l’eleganza e la grazia, non scaturiscono da una visione effimera, ma sono il prodotto di un attento studio della forma e del carattere, che anela a essere perfetto.
Quanto più la giovinezza è elemento caratteristico di questi “esseri”, tanto più evidente è la condizione di transitorietà propria di quella perfezione, nella quale essa vive nello spazio circoscritto di una stagione, per andare verso la sua naturale decadenza.
L’artista, attraverso i suoi personaggi, principalmente femminili, mostra così la rappresentazione propria della condizione umana contemporanea, fra la dimensione naturale del tempo che passa e l’identità che cerca di liberarsi, ingaggiando la ricerca della seduzione e della sensualità.
Con una serie di immagini che sono evidentemente narrative, l’artista costruisce il suo abbecedario che con il tempo è diventato più coerente e più personale, anche nella sua composizione cromatica. La tavolozza è rappresentata spesso con colori delicati, morbidamente sfumati, quali i gialli, i rossi, i blu, ma principalmente con l’uso dell’inchiostro nero che, giocando con il bianco della superficie, crea un sapiente gioco di pieno e di vuoto che modella i corpi dei
personaggi con linee morbide e sinuose, quasi vogliano combattere con la loro dolcezza il messaggio di una società a volte dura con se stessa.
Il colore in questo modo non aderisce ad una forma, ma diviene struttura stessa dell’opera. La sua opera sembra affrontare il tema del corpo in quanto luogo d’introspezione capace di porre diversi interessanti quesiti.
Giocati tra azione e passione spirituale, i suoi quadri, così come le sue sculture pongono subito in questione la possibilità di giungere all’anima attraverso la rappresentazione del corpo, come se questo ne conoscesse ed esprimesse i segreti più intimi. Così come nelle scatole denominate Black Boxes, come in un vaso di Pandora, raccoglie meticolosamente negli spazi vuoti citazioni, associazioni di idee e colori, ritagli di stampa, che riassumono la sua meditazione tra immaginario e immagine.
È la stessa fisicità dei dipinti che delimita il tempo e lo spazio, ossia l’infinito. Un infinito che l’artista si riserva di utilizzare come un segnale di speranza per un mondo in cui la fantasia è l’unica isola felice dove rifugiarsi.
Indubbiamente, l'asse portante del suo lavoro, più del gesto, è il rito, concepito come tecniche di installazione simbolica e fisica, che rendono il mondo un luogo affidabile. Pura pulsione creativa che elabora una visione trasfigurata della realtà, mai statica e mai scontata ma sicuramente dotata di pura spiritualità.
Info: amm@maisonbosi.com | maisonbosi.com
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