Continua la narrazione di una nuova avventura antica e attuale
In Viaggio lungo lo Jonio alla scoperta della...
Magna Grecia
Sui passi di George Gissing - Terza puntata
di Giuseppe Cocco
Dopo essersi tolto la curiosità infantile di vedere il luogo in cui fu sepolto Alarico Re dei Goti, il mio amico Gissing, approfittando dell'itinerario di attraversamento della Calabria da Ovest ad Est, trovandoci a Cosenza, decide di dirigersi a Taranto per la tappa iniziale del viaggio di scoperta lungo la Costa Jonica della Magna Grecia.
Volendo raggiungere Taranto col Treno, per poi continuare fino a Reggio Calabria, risaliamo quindi la Valle del Fiume Crati con la Ferrovia che l'attraversa da Sud a Nord.
Passiamo dalla stazione di Sibari, antica Città distrutta dai Crotonesi 500 anni prima di Cristo, facendola sommergere dalle acque del Fiume Crati, che sotto il suo fango nasconde, presumibilmente, rovine più interessanti della stessa Pompei.
Ed eccoci alle prime 5 pagine di diario dedicate al racconto del soggiorno di una o 2 settimane previste a Taranto.
Gissing prende una stanza d'Albergo con vista sulla Città antica, poi ci perdiamo nel labirinto di strade e vicoli, visitiamo la Cattedrale: tutto pare troppo pigiato in troppo poco spazio per essere molto bello o suggestivo visto dall'interno e quindi spesso Gissing preferisce abbracciarne la vista da fuori; in generale non apprezza molto l'architettura moderna, né quella civile né quella militare: l'Arsenale gli è ostico anche perché la sua costruzione ha inghiottito tutta l'antichità che lui ama tanto, compresi i grandi mucchi antichi di conchiglie di murice, famoso per la porpora di Taranto.
Ama guardare il lavoro dei pescatori ricordando, ancora una volta, le figure storiche che conosce, da Platone ad Annibale che visitarono la Città e perfino i distruttori Saraceni, che videro probabilmente gli stessi pescatori ripetere gli stessi gesti lenti e pazienti.
Ci spingiamo fino alle campagne dove troviamo un contadino che ara pazientemente col suo asinello e si ferma volentieri a scambiare quattro chiacchiere in una lingua antica dai rimandi greci, la stessa parlata anche dai pescatori.
Gissing, infastidito, non manca di scagliarsi ancora una volta contro il Dazio che taglieggia i poveri lavoratori, e che qui presidia con fatica il territorio dati i vaghi confini cittadini.
Altre 5 pagine a Taranto per recarci al Museo Archeologico dove, nel 1897, l'ingresso è libero ma l'affluenza è pari a zero, problema simile a tutt'oggi; ottimisticamente Gissing lo giustifica ipotizzando che tutti i Tarantini interessati lo abbiano già visitato tutti e i forestieri in città siano pochi.
Il Museo deserto e silenzioso si anima, i busti degli antichi e le maschere esposte prendono vita come in un grande teatro greco, raccontando la vita dell'antica Tares o Tarentum.
Ancora sull'onda delle memorie antiche Gissing, uscito dal museo, come già fatto a Cosenza con la tomba di Alarico, si spinge a cercare di validare i suoi sogni sui racconti di Orazio alla ricerca del mitico e poetico Fiume Galeso, scoprendo al contrario un misero ruscello.
Incredulo si aggira confuso tra le parole del poeta che gli girano per la testa e davanti agli occhi una realtà alquanto diversa, alla quale non sa darsi una spiegazione ma solo paradossali ipotesi di cambiamenti sconvolgenti dall'antichità ad oggi, o al meglio, che la visione degli stessi posti in stagioni diverse, la nostra è invernale, probabilmente sfavorevole, offre visioni e godibilità dei luoghi completamente diversi.
Pensoso, mentre la mente rimbalza tra sogno e realtà, alla fine decide di accontentarsi di ciò che ha visto in modo che nel ricordo non ci sia più delusione.
Tornati in città l'incontro con un crocchio di persone intorno ad un imbonitore lo porta a considerare che forse gli italiani di oggi non sono dissimili dagli antichi avi e predecessori in quanto a credenze di oracoli e superstizioni.