#119 - 9 febbraio 2015
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Editoriale

Valutazioni

di Dante Fasciolo

Lo chiamano il Palazzo della Pace a L’Aia,
è la sede del Tribunale Onu, che dopo 20 anni ha decretato
di non esserci stato genocidio nel conflitto tra Serbia e Croazia.
Decine di migliaia di morti; fosse comuni;
città totalmente distrutte; brutali esecuzioni;
propagandate esaltanti nefandezze reciproche
tra avverse componenti religiose…

Qualcuno di voi ha dei dubbi? Sciocchezze!
Il Tribunale dell’Aia ha solo certezze:
siano i singoli comandati a pagare e non gli Stati,
che a loro avviso non avevano intenzioni di esercitare
pulizia etnica e genocidi.
Semplicemente ridicolo!

Si possono comprendere attenzioni
al necessario futuro di pace,
ad una possibile concordia,
ma le ferite del conflitto bruciano ancora sulla pelle
di uomini e donne, madri e figli, fratelli e sorelle
separati per sempre dall’odio e dal fuoco.
Il lutto e il dolore non possono essere mortificati
sull’altare di una adesione all’Europa,
perché c’è sicuramente anche questa valutazione:
Croazia dentro…Serbia in arrivo.
Il lutto e il dolore non possono essere mortificati
dall’abnegazione al principio primo
della Corte dell’Aia che è quello
della riconciliazione nella giustizia,
principio che supera tutti i calcoli
sui quali si fa leva per giustificare o meno
le azioni degli uomini e degli stati in conflitto,
poichè l’unico calcolo giusto è quello che si misura
sulla sofferenza e il perdono del popolo martoriato.

Di questo, la Corte di Giustizia sembra non aver avuto conto,
e in questo senso, e con amarezza e paradosso,
ci aspettiamo che il Tribunale riabiliti quanto prima
Adolf Hitler e plauda alla setta islamica Boko Haram in africa.
Per i massacri dell’Isis c’è tempo ancora 20 anni.

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