#306 - 7 maggio 2022
AAAAA ATTENZIONE - Amici lettori, questo numero resterà  in rete fino alla mezzanotte di venerdi 05 aprile, quando lascerà  il posto al numero 349. BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, può durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchè (Mark Twain) "L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchè i servizi sanitari siano accessibili a tutti (Papa Francesco) Il grado di civiltà  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensì nella capacità  di assistere, accogliere, curare i più deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltà  di una nazione e di un popolo (Alberto degli Entusiasti) Ogni mattina il mondo è un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosità, vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Cinema

Dalla serie di articoli dedicati a personaggi del Cinema e del teatro

Una iniziativa di "Diari di Cineclub"

Bobby Driscoll

Diari di Cineclub n°50, V 2017

Di

Virgilio Zanolla

Bobby DriscollBobby Driscoll

Il successo brucia: quest’affermazione è stata ripetuta tante volte da poter forse suonare banale; ma gl’innumerevoli casi di attori ‘bruciati’ dal successo ne attestano la costante veridicità. Uno di questi riguarda un ‘bambino prodigio’, Bobby Driscoll.

Bobby DriscollBobby Driscoll

Robert Cletus Driscoll era nato il 3 marzo 1937 a Cedar Rapids, nell’Iowa, da Cletus (1901-69), venditore di coperture isolanti, e da Isabelle Kratz (1897-1972), ex maestra di scuola. Egli contava pochi mesi quando i genitori si trasferirono a Des Moines; ma all’inizio del ’43, lavorando a contatto con l’amianto il padre contrasse una malattia polmonare, e i medici gli suggerirono di mutare professione e trasferirsi nella salubre California. Poco dopo la famiglia Driscoll si domiciliò a Los Angeles. Qui, notando la vivacità del loro rampollo, i genitori di Bobby furono incoraggiati a proporlo nel mondo dello spettacolo; un attore figlio del loro barbiere gli ottenne un provino per il film drammatico L’angelo perduto di Roy Rowland (’43), di cui era protagonista la sua coetanea Margaret O’ Brien, una straordinaria attrice bambina; il suo fresco sorriso, lo sguardo ingenuo e fidente e la pronta intelligenza colpirono il regista, che lo scelse tra oltre quaranta candidati per quella che era poco più che una comparsata.

Bobby DriscollBobby Driscoll

Essa tuttavia bastò a segnalarlo all’attenzione d’altri registi: così - grazie anche al fatto che la Metro Goldwyn Mayer, che lo mise sotto contratto, lo prestò ad altre case di produzione - negli ultimi anni di guerra Bobby lavorò in otto film, a partire da La famiglia Sullivan di Lloyd Bacon (’44), della 20th Century Fox, con Thomas Mitchell e Anne Baxter, dove la sua recitazione naturale e l’eccezionale memoria ne accrebbero il credito.

Bobby DriscollBobby Driscoll

Nel ’46, prestato alla RKO, lavorò ne La finestra socchiusa di Ted Tetzlaff, un thriller basato su un omicidio al quale aveva assistito un bambino, che uscì solo tre anni dopo, giacché il produttore Howard Hughues non credeva nel film: invece, soprattutto grazie alla sua interpretazione, esso si rivelò un successo di pubblico e di critica. Assieme a Luana Patten, esordiente attrice bambina, Bobby venne assunto dalla Disney, con un contratto decennale e uno stipendio di 800 dollari alla settimana, per interpretare una serie di pellicole: la prima delle quali, I racconti dello zio Tom (’46) di Harve Foster e Wilfred Jackson, fu anche la prima uscita dagli studios disneyani con attori in carne ed ossa in luogo di cartoni animati; il suo successo fu guastato da ottuse critiche razziste per i toni revisionisti di cui la pellicola era permeata.

Bobby Driscoll

La collaborazione di Bobby con la casa di produzione di Burbank proseguì nel ’48 con Lo scrigno delle sette perle di Clyde Geronimi e Wilfred Jackson e Tanto caro al mio cuore di Harold D. Schuster ed Hamilton Luske, e, nel ’50, con L’isola del tesoro di Byron Haskin. Il secondo di questi film meritò all’attore decenne un Oscar giovanile dell’Academy Award; il terzo, dove rivestì i panni di Jim Hawkins, protagonista dell’omonimo romanzo di Robert Luis Stevenson, col suo travolgente successo internazionale ricompensò produttore, regista e interpreti della travagliatissima lavorazione. Girato in Inghilterra, durante le riprese si scoprì che Bobby non aveva regolare permesso di lavoro sul suolo britannico, sicché, multati, lui e la famiglia vennero sollecitati a lasciare il paese; ma ottennero un rinvio di sei settimane per predisporre una memoria difensiva: in quell’arco di tempo Haskin girò tutti i primi i piani di Bobby nelle scene che lo vedevano sul set, dopodiché i Driscoll tornarono in California e per ultimare l’opera egli utilizzò una controfigura.

Bobby DriscollBobby Driscoll

Dopo L’isola del tesoro, la Disney considerò per Bobby una nuova versione delle avventure di Tom Sawyer: ma una controversia sui diritti dell’opera, di cui era proprietario David O. Selznick, la contrinsero a rinunciare all’idea; si pensò a lui per una sorta di Robin Hood adolescenziale da girare in Inghilterra, ma i problemi di Bobby con l’ufficio d’immigrazione inglese ne impedirono l’attuazione. Il giovanissimo attore non riuscì a prendere parte che a Quando sarò grande di Michael Kanin, nel ’51, prestato dalla Disney all’Indipendent Horizon Images per il doppio ruolo di Danny e Josh. In quel periodo, già apparso in televisione in uno spettacolo della Disney nel Natale ’50, prestò la sua voce a Pippo in alcuni cartoni animati della stessa casa di produzione.

Bobby Driscoll

Il suo impegno successivo, l’ultimo da protagonista, fu nella commedia Tempo felice diretta da Richard Fleischer (1952), con Charles Boyer, Marsha Hunt, Louis Jourdan e Kurt Kasznar, nel ruolo di ‘Bibi’ Bonnard, figlio minorenne d’un patriarca nella Quebec del 1920. Intanto, il suo stipendio era salito a 1.750 dollari la settimana.
Sempre nel ’52, egli fu la voce di Peter Pan ne Le avventure di Peter Pan di Clyde Geronimi, Wilfred Jackson e Hamilton Luske, che uscì l’anno dopo dandogli nuova popolarità; il personaggio animato era ispirato alla sua figura fisica. Anche se in Bobby Walt Disney rivedeva se stesso adolescente, non era più così facile trovargli ruoli adatti, perché stava crescendo, e il suo viso pulito ora era deturpato da una grave forma d’acne, che lo costringeva a pesanti sedute di trucco. Sicché nel ’53, alla scadenza del contratto, il suo impegno con la Disney, che era stato esteso ad altri due anni grazie a un’opzione, non gli venne rinnovato. Bobby, che completato gli studi alla Professional School di Hollywood nel frattempo s’era iscritto alla Westwood University High School di Los Angeles, dove si sarebbe laureato, si rivolse allora ad altre majors, ma la sola a dargli lavoro fu la MGM, quella che l’aveva scoperto: offrendogli una parte secondaria in Duello di spie di John Sturges, un film d’avventura in costume.

Bobby DriscollBobby Driscoll

La parte successiva l’ebbe solo tre anni dopo, in The Party Crashers di Bernard Girard (’58): e fu l’ultima.
Intanto, nel marzo del ’57 Bobby aveva impalmato la fidanzata Marilyn Jean Rush, che gli dette i figli Dan, Aaren e Katty. Deluso dal cinema, si trasferì con la famiglia a New York, per tentare la carta del teatro: ma le compagnie teatrali lo guardarono con sospetto: in California, le sue frustrazioni l’avevano avvicinato alla droga, meritandogli alcuni provvedimenti penali. Questo stato di cose nel ’60 lo portò al divorzio dalla moglie; l’anno dopo, incarcerato per detenzione e uso di stupefacenti, fu inviato in un centro di riabilitazione. Uscito di lì, lontano dai figli e coi genitori in California, s’impiegò in una fabbrica, lavorando saltuariamente.
Solo e malato a causa di un’arteriosclerosi coronarica occlusiva, visse in totale povertà tra gl’hippies del Lower East Side, di nuovo preda della droga. Finché il 30 marzo ’68 un’overdose gli causò un infarto che lo stroncò, all’età di trentun anni e ventisette giorni. Fatto raccapricciante, nessuno se ne accorse: era privo di fissa dimora e senza documenti, e il suo cadavere, trovato tra i detriti d’un edificio diroccato presso la 371 East 10th St, fu inumato in una fossa comune. Bobby s’era lasciato col padre a male parole: e diciannove mesi dopo, essendo questi in punto di morte, sua madre si rivolse alla Disney e alla polizia newyorchese per rintracciarlo, sperando in un loro riavvicinamento: solo dopo pazienti ricerche, grazie al controllo delle impronte digitali, si accertò che la salma rinvenuta tempo prima era la sua.

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