Maggiore impegno nel Trentino
per la regolamentazione dell’orso
Nuove norme regionali e nazionali alla prova
di Federica Fasciolo
Le cronache quotidiane degli ultimi giorni ripropongono il problema del contenimento dei danni provocati dagli orsi nell’arco alpino.
Per l’abbattimento o per la loro salvaguardia si mobilitano enti, e associazioni di vario interesse, sono in gioco diverse visioni ambientali e modi di concepire il futuro del pianeta.
Più in silenzio, si lavora per stabilire un equilibrio della presenza degli orsi sulle nostre montagne.
Qualcuno è davvero incontentibile: come M4 che giorni fa si è sbranato una mucca sull'Altopiano di Asiago. In Trentino il monitoraggio è costante a difesa di un piano che ha i suoi risvolti positivi e anche qualche disagio collaterale. Un plantigrado che causa, ripetutamente, danni a mandrie di animali domestici o a colture, in generale a patrimoni non difendibili mediante misure di prevenzione, è un "orso dannoso".
Questa nuova tipologia di orso entra da oggi a far parte del Piano d’azione interregionale per la gestione dell’orso bruno, una modifica concordata con il Ministero dell'ambiente.
A distanza di sette anni dall’approvazione del Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centro-orientali (Pacobace), la Provincia autonoma di Trento, in collaborazione con la Provincia autonoma di Bolzano e le Regioni Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia, ha ritenuto opportuno aggiornare il Piano con alcune integrazioni di carattere tecnico e organizzativo. L’obiettivo è quello di migliorare la gestione dei plantigradi sul territorio, in considerazione anche dell'espansione raggiunta negli ultimi anni e quindi la conseguente necessità , in alcuni casi problematici, di intervenire tempestivamente, fornendo le necessarie risposte operative.
La modifica introdotta ha permesso di codificare la categoria di "orso dannoso", in precedenza non considerata, verso la quale poter attuare le azioni previste dal Piano stesso, compresa la possibilità di prelievo, mediante captivazione o abbattimento, degli esemplari che arrechino, ripetutamente, gravi danni a patrimoni non efficacemente difendibili con misure di prevenzione, come ad esempio il patrimonio zootecnico bovino in specifici contesti ambientali.
Per stabilire se un plantigrado debba o meno considerarsi dannoso è importante accertarne la ripetitività dei comportamenti. Un orso che causa un solo grave danno o che ne causa raramente, non è da considerarsi dannoso.
Va segnalato che nel 2013 nessun orso si è avvicinato ai centri abitati, ovvero non si è registrato nessun animale confidente ad esclusione di M11, il giovane orso improvvisamente scomparso dal Monte Baldo la scorsa primavera. Nel 2013 sono stati attribuiti all'orso 173 danni e sono stati complessivamente liquidati 128.218,65 euro; la maggior parte dei danni sono attribuibili a soli 4 esemplari (M4, M2, M6 e M11). Nel corso del 2013 la squadra di emergenza è invece stata attivata 31 volte e si è limitata prevalentemente al presidio e all'informazione della popolazione e solo in 10 casi ha avuto un contatto visivo con l'orso. Il rapporto analizza anche la presenza della lince (uno solo l'esemplare certamente presente in provincia), dello sciacallo dorato e la situazione del lupo, il cui ritorno sulle Alpi è stato del tutto naturale.
La gestione dell'orso ha risvolti di non poco conto anche sul piano economico. Basti pensare agli indennizzi a coltivatori e allevatori colpiti dalle razzie dell'orso. Esiste al riguardo un prezziario: 240 euro per una pecora adulta gravida con più di 9 mesi di età ; da 58 a 262 euro a capo per i caprini; da 798 a 2.170 euro per i bovini non iscritti al libro genealogico, cifre che salgono da 952 ad un massimo di 2.604 euro se si tratta invece di vacche, manze e vitelli di alta genealogia.
Gli indennizzi riconosciuti ad allevatori e agricoltori per danni causati ai patrimoni zootecnici dall'orso e da altri grandi carnivori quali lupo e lince non sono valori decisi unilateralmente, ma concordati con le categorie economiche maggiormente esposte, vale a dire con gli allevatori, agricoltori e apicoltori.
Il nuovo "prezziario" approvato dal Servizio Foreste e Fauna della Provincia autonoma di Trento, è un documento articolato in quattro parti (patrimoni zootecnici, apistici, agricoli, materiali diversi) e che, accanto alle tabelle degli indennizzi, riporta i criteri per la quantificazione dei danni definiti da un apposito tavolo di confronto.
Per i danni (149 episodi denunciati nel 2013) causati dalle predazioni dell'orso, la Provincia ha sborsato lo scorso anno 128.218,65 euro. Il "progetto orso" è un'attività condotta con grande impegno: 12 anni di monitoraggio genetico, oltre 5.600 campioni raccolti e analizzati, quasi 1.000 opere di prevenzione sono alcuni dei dati che confermano un successo della gestione per certi versi unico in Europa.
Il numero minimo di orsi stimati in Trentino è di 40 animali, di essi 18 maschi, 20 femmine e 2 indeterminati; la popolazione stimata va da 40 a 49 esemplari. Sono 22 gli adulti (9 maschi e 13 femmine), 14 i giovani (9 maschi e 4 femmine) e 3 i cuccioli (2 femmine e 1 indeterminato); la popolazione stimata nel 2013 è compresa fra 40 e 49 esemplari, mentre nel 2012 era stimata fra 43 e 48 esemplari. Il dato è riferito dal "Rapporto Orso 2013".
Nel 2013 è stata accertata la presenza di 2 cucciolate nel gruppo del Brenta per un totale di 3 cuccioli, sebbene un'ulteriore cucciolata potrebbe essere stata presente nel gruppo del Brenta. Dal 2002 sono stati almeno 36 le cucciolate di cui si ha notizia in provincia di Trento, ma finora non era mai stato possibile documentare ciò che accade nella stagione degli amori, precedente al parto: ciò è stato possibile l'anno scorso, quando Daniza (19 anni, introdotta dalla Slovenia nel 2000) e M2 (6 anni) muniti entrambi di radiocollare si sono ritrovati in val Nambrone nella stagione degli amori e hanno trascorso più di due settimane assieme, occupando un territorio di 10 ettari.