Una mostra delle opere di Roberta Pugno
Nella Grotta
Immagini tra suono e senso
di Cinzia Folcarelli
E qualcosa di magico avvenne nella grotta semioscura e silenziosa… una donna scoprì la potenza espressiva dei pigmenti vegetali e del nerofumo… ed ecco che pian piano i primi semplici segni, tracciati sulla parete come gioco di movimento con i bambini, divennero storie… Poi altre donne la seguirono, continuando il racconto sulla parete.
E poi vennero altre grotte, altre pareti, altri luoghi e altre storie… storie di donne e storie di uomini… Ci piace immaginare così l’inizio della pittura rupestre, l’inizio della rappresentazione, l’inizio di tutto ciò che ha portato nel corso dei millenni a quello che oggi chiamiamo “arte”.
La nuova sfida di Roberta Pugno è proprio con le origini delle immagini e con l’identità della donna nella società primitiva.
Un tema affascinante, recentemente studiato dalla comunità scientifica sotto una luce molto diversa rispetto al passato. In questa mostra la pittrice-filosofa ci introduce in un mondo ancestrale in cui la donna è parte attiva e creativa del processo evolutivo. Una donna forte e fiera che organizza la vita nella caverna non solo provvedendo alle attività quotidiane, ma cercando di migliorare la propria esistenza e quella degli altri.
L’interno della Arte Borgo Gallery si trasforma in una grotta primitiva in cui le immagini proposte diventano sempre più ancestrali man mano che si procede dentro di essa, alla ricerca dell’inizio della sensibilità e della conoscenza. Attraverso un percorso che parte dalla storia, simboleggiata dai colori giallo, oro e arancione della luce e della veglia delle opere della prima sala, si arriva alle origini dell’umanità, la “preistoria” (più propriamente “storia profonda” come si legge in PSICHE e ARTE), con le ultime tele rosse.
Nel primo ambiente l’animismo de La sapienza delle immagini (2018), la passione per la vita del primo poema dell’umanità su Gilgamesh, l’eroe sumerico che cerca l’immortalità e trova la scrittura, la visionarietà dei poemi omerici con La porta dei sogni (2022), le grandi immagini femminili del mondo greco con Demetra (2017), la dea madre, ci fanno avvicinare alle più antiche forme di conoscenza. Il passato, visto come storia di resistenza, di conoscenza e di trasformazione, è impersonato da menti geniali come quella di Ipazia di Alessandria (Ipazia goccia d’infinito, 2016) e quella di Giordano Bruno (con la trasposizione in tecnica mista su tela delle xilografie autografe del filosofo, realizzate dalla pittrice nel 2002).
Nella seconda sala le immagini raccontano la conoscenza come rapporto con il diverso, con lo sconosciuto.
Ne è oggetto fondamentale la donna per l’uomo e viceversa, dialettica incentrata sulla dinamica inconscio-coscienza. Donnaimmagine e Uomoparola (2018) si confrontano tra loro, attraversando il Tempo interno (2012), toccano l’Origine biologica (2022), per sciogliersi nel Vincolo d’amore (2011). “Il tuo volto è la mia immagine interiore” è infatti il titolo di una precedente mostra di Roberta Pugno.
E arriviamo agli albori della storia dell’umanità, nella terza sala. Il rosso domina in tutti i lavori. Il rosso del fuoco acceso nella caverna, il rosso della passionalità, della vitalità e del coraggio. Il Sabba (2008) e Nella grotta (2014) rimandano alla componente magica e sciamanica.
Sono nata dal sole (2022) è l’opera che sintetizza appieno la poetica e la cifra stilistica di Roberta Pugno. La linea, dipinta o incisa, curva o spezzettata, i cromatismi vivaci, la materia, le scritture di fantasia, basterebbe da sola a farci immergere nel mondo mitico e ancestrale della pittrice. Invece l’appassionata ricerca dell’artista ci porta a confrontarci con altre opere dense di significato. Il prodigio della vita (2021) dove compare la “luce della nascita” che dà la vita perché stimola la reazione biologica che crea il pensiero, come teorizzato dallo psichiatra Massimo Fagioli; La donna nella grotta faceva e sognava bambini (2021) che parla della maternità come fonte inconscia; La voce diversa (2021) che indica il momento in cui la donna inizia a modulare la voce per entrare in un rapporto armonioso con il bambino; Tu sei il mio suono (2015) in cui torna di nuovo la dualità uomo-donna; Il vagito è il riso mascherato da lamento (2021) che riprende le ricerche di Fagioli.
Sono immagini che emergono dal sentire: il pensiero è concentrato sulla parola “suono”, inteso come contenuto della voce udita o della scrittura silenziosa, e sulla parola “senso” con cui la pittrice intende, ancora più profondamente, il vissuto irrazionale, invisibile ma potente, della realtà interumana. “Le opere d’arte sono immagini silenziose che ci parlano toccando corde profonde”, scrive Simona Maggiorelli, “Le pitture di Roberta Pugno risuonano attraverso forme e colori (…) evocando antiche pitture rupestri, quelle straordinarie orchestrazioni di immagini realizzate dalle prime artiste della storia che si avventuravano in cavità nascoste, forse… chissà, per cercare il buio assoluto da cui nascono le immagini, ricreando la nascita”.
Torniamo quindi all’immagine iniziale, alla prima donna che dipinge sulla parete della grotta. Adesso riusciamo a vederla con occhi diversi.