Un'invenzione tutta italiana
Cono Gelato
di Roberto Bonsi
Si crede che siano ben poche le persone, bambini ed adulti che siano, a cui non piace il gelato in tutte le sue forme e nei suoi vari gusti, e non abbiamo qui dati certi per censire quanto sopra scritto.
In questo nostro articolo desideriamo far conoscere una particolarità, quella del cono che accompagna e che sorregge il gelato, quindi come si evince, non scriviamo solo del gelato, di quello realizzato con il fattivo supporto di apposite macchine industriali costruite all’uopo, bensì vogliamo introdurvi brevemente a ciò che riguarda il gelato artigianale creato dalla fatica e dall’estro dell’uomo, che per l’appunto e come ben sappiamo prende il nome di gelatiere, ma il gelato ce lo possono porgere in mano anche il barista, il ristoratore, il pasticcere, e così via. Si scrive ora del cono, per via della funzionalità di questo elemento che favorisce il consumo di un buon gelato artigianale. Andando al sodo della questione, che cosa è il cono del gelato?. Lo stesso è un contenitore di forma conica, spesso fatto di una pasta edibile, di un biscotto, di un wafer, o di una cialda. Il cono lo si impugna con la sua parte aperta posta ben visibilmente in alto.
Chi è colui che ha inventata tale utile ma anche piacevole impugnatura?
Facciamo dunque un notevole passo indietro, agli albori del secolo scorso, e precisamente nell’anno 1903, In quel tempo, un italiano, tale Italo Marchioni, nativo del Cadore, nel bellunese, il quale era un ristoratore italo-americano, brevettò tale prodotto in quel di Washington D.C., che allora era già la capitale federale degli Stati Uniti d’America. Il cono del gelato è un importante e basilare “food-design” che suggella di fatto, la nostra italianità nel mondo.
I primissimi gelati vennero perlopiù muniti di pane e di ostie, e furono confezionati nella nostra penisola, durante il fulgido periodo del nostro Rinascimento, e ad esempio, Caterina de’ Medici, regina di Francia, ebbe modo di introdurre presso la sua corte, grazie alla servitù, e soprattutto grazie agli scalchi (n.d.a. cuochi dell’epoca), il gelato stesso.
Sempre degli italiani diffusero il gelato, questo nel corso del XIX° Secolo, anche nella Patria della “Perfida Albione” (n.d.a.: l’Inghilterra), ed in Germania, questo con coni di carta oppure di metallo, e gli stessi come già abbiamo scritto vennero usati per gustare il gelato.
Torniamo ora al Marchioni, che risiedeva in quel di New York, e che nella storica data del 13 dicembre 1903 ricevette ufficialmente il brevetto N.°746971 per avere ideato il cono del gelato. e per averlo in precedenza venduto negli U.S.A., questo sin dall’anno 1896.
Tale sua brillante idea nacque a causa di un lampante stato di necessità. Infatti i gelati di Mr. Marchioni e degli altri ristoratori, venivano dapprima serviti in coppette di vetro, e questi ogni tre per due, scivolando dalle mani dei clienti o dei camerieri stessi, cadevano a terra rompendosi in mille pezzi, oppure venivano anche trafugati. Questo per l’oste di turno, ed in questo caso si scrive chiaramente del Marchioni, proprietario di alcuni ristoranti nella città della “Grande Mela”, portava ad una piccola perdita di capitale che poi con il tempo diventava esosa, e quindi inopportuna.
Qualche riga più su si poneva l’accento sul luogo di provenienza dell’italo-americano Italo Marchioni, e la zona in questione è il Cadore in provincia di Belluno, nella nostra bella Venezia Euganea, e fu da lì, che sparsi in Italia e nel mondo intero, partirono da migranti del gelato, tante e tante persone, che così ebbero modo di far conoscere il gelato italiano nel mondo.
Tra le tante peripezie occorse al Marchioni, ci fu anche una sofferta e non semplice disputa familiare, in quanto un suo cognato con lo stesso cognome, ma che di nome faceva Frank “di professione anch’egli oste e gelatiere, con l’apporto di un socio sempre italiano, di nome Antonio Valvona, inventò e brevettò un macchinario per produrre, “coppe di biscotto per gelati”. Tale brevetto fu registrato appena un anno prima di quello del Marchioni. Frank Marchioni lo trascinò in tribunale, per tentare di prendersi la primogenitura di quanto inventato. Il Tribunale dette poi ragione a questi ultimi, ma il trascorrere del tempo impose in gran parte la veridicità del comportamento del buon Italo.
Un’altra corrente di pensiero attribuisce l’invenzione del cono del gelato ad un pasticciere di origine siriana, anch’egli naturalizzato americano-statunitense, che nella sua bancarella in un mercato cittadino di Saint Louis, capitale dello Stato del del Missouri (U.S.A.),creava e vendeva il buonissimo zalabia, una sorta di pasta croccante, e gocciolante di sciroppo, cotta in una pressa bollente per wafer. Egli andò in aiuto al vicino che vendeva gelati nei pressi, e che stava avendo delle difficoltà perlopiù “strutturali” nella vendita di questi, Non si conosce bene il nome di quest’ultimo, tale Arnold Fornachou o Charles Menches. Mr. Hamwi, andò così in suo soccorso, arrotolando ancora caldo lo zalabia, a mò di cono, in maniera che lo stesso potesse per intero contenere il gelato.
La storia di Hamwi venne fuori, in quanto oltre un quarto di secolo dopo il brevetto concesso al Marchioni, e qui siamo nel 1928, Hamwi scrisse una lunga lettera ad un giornale che scriveva di dolciumi e di gelati, mentre egli stesso da poco aveva fondato la “Missouri Cone Company” (n.d.a.: Prima si chiamava:” Cornucopia Waffle Company”). Ormai la produzione gelatiera, così su scala industriale, almeno negli Stati Uniti d’America, era di circa duecentocinquanta milioni di coni. Intorno al 1912 un certo Frederick Bruckmann, un inventore di Portland nello Stato dell’Oregon, ebbe modo di brevettare una macchina per arrotolare i coni del gelato.
Solo nel pur lontano anno 1959 in quel della nostra bella Napoli, tal Spica , un produttore di gelati, invento un processo nel quale l’interno del wafer veniva isolato dal gelato stesso, grazie ad uno strato di olio, cioccolato e zucchero semolato, da tutto questo nacque così il “Cornetto” che dapprima si avviò con scarse vendite iniziali, ed infine spopolò in quasi tutta Europa, e poi nel mondo.
Nel corso del tempo anche la grafica si impossessò del cono del gelato inteso come immagine, con varie clip-arts, loghi e forme varie, come quelli fuori e dentro una gelateria, su di un camioncino adibito al trasporto ed alla consegna dei gelati, e quant’altro. Il “Cornetto” realizzato da Spica fu poi comprato dalla Unilever ed in seguito dalla ben nota Algida, la famosa azienda di produzione di gelati friulana. Per finire e per … “buttarla” in letteratura, dopo aver spiegato in breve la storia del cono, scriviamo ora del gelato suo compagno di gustose avventure sulle labbra, sulla bocca, e negli stomaci di ognuno di noi.
Ecco alcune citazioni per significativi e comprensibili intenti di brevità: “Il gelato è squisito. E’ un peccato che non sia illegale” (Voltaire). “La vita è come un cono gelato: Bisogna imparare a leccarla!” (Snoopy, in Charles M. Schulz, “Peanuts”). “A 20 anni lo vuoi perfetto, a 25 perfetto stronzo, a 30 marito perfetto, a 35 perfettibile, a 40 “Stasera divano, film e gelato. Perfetto!” (Selvaggia Lucarelli). “Un Oscar, il sesso, un gelato e una pizza ... Se avessi questo ogni giorno per il resto della mia vita, sarei felice” (Dustin Hofmann). “Se tornassi al mondo, “vorrei soltanto scaldarmi d’inverno e mangiare gelati d’estate” (Charles-Louis de Montesquieu). “Ma voi che siete a Rimini/tra i gelati e le bandiere/non fate più scommesse/sulla figlia del droghiere” (Fabrizio De Andrè).