Una "via lucis" per un viaggio interiore
Il giorno di Santa Lucia
13 dicembre
di Valentino Losito
E’ il giorno più corto dell’anno, è il passo dell’inverno.
La tradizione popolare vuole che, da Santa Lucia, la luce inizi a lasciare la delicata quiete del suo “letargo” autunnale, per iniziare il lento ma progressivo viaggio verso gli sfavillanti lidi dell’estate.
E’ come se la luce tornasse a visitarci. Ma riusciamo ancora a scorgerla, a vederla?
Ci lamentiamo, sempre più’ spesso, di vivere in tempi bui, in cui abbiamo perso molte delle stelle polari che hanno guidato la nostra vita. La pandemia è la parola che da nome a tutte le nostre inquietudini a cominciare dall'addio di tante persone care.
Ci sembra di navigare a vista e procedere in un tunnel del quale stentiamo a vedere la fine.
E più del buio dei tempi ci inquietano, forse, le mille sfumature di grigio delle nostre rassegnate coscienze, il nostro misterioso claudicare di mendicanti di senso e di bellezza.
Anche la luce ci invita a trovarla con occhi nuovi, cercandola in terre di mezzo, tra i margini e le penombre, iniziando un viaggio interiore.
Le stelle ci ricordano che la luce viene da lontano e che guardare il cielo più che un tuffo nel futuro è un ritorno al passato. Tanto più una stella è lontana, tanto indietro nel passato è stata emessa la sua luce che vediamo e che impiega del tempo per giungere fino a noi.
Giacomo Leopardi osservava la luce e annotava gli effetti sull’ anima, per poi ricrearli nelle sue poesie e negli altri suoi scritti.
In un passo dello “Zibaldone” spiega che gli oggetti rischiarati a metà destano in noi il senso di infinito e perciò la luce del sole e della luna va colta e gustata nei luoghi dove essa penetra incerta e impedita, come un canneto, in una selva o attraverso i balconi socchiusi.
Prendiamo queste ispirazioni leopardiane per il verso giusto. Sarà il modo migliore per percorrere la “via lucis” che da Santa Lucia ci porterà alla notte di San Giovanni, l’inizio del dorato tramonto dell’estate.