#295 - 13 novembre 2021
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Racconto

La macchina dei desideri

di Ruggero Scarponi

I sogni son desideri…diceva una vecchia canzone ma così deve aver pensato anche Erminio Fossati, professore al Politecnico, quando ideò la celebre macchina che porta il suo nome.
Era dovuta al frutto di un’intuizione, seguita alla lettura di un articolo di cronaca in cui aveva scoperto una realtà sconcertante e che lo aveva fatto riflettere lungamente.
Nell’articolo si leggeva che la stragrande maggioranza degli adolescenti che delinquono, tornano a farlo senza speranza di potersi redimere. Vuoi perché una volta entrati nelle bande criminali degli adulti è praticamente impossibile affrancarsene, vuoi perché l’alternativa proposta dalla società, fatta di lavoro e sottomissione a una quantità di regole di comportamento, risulta poco attraente per dei soggetti che hanno fatto l’esperienza dell’ottenere tutto e subito.
E quindi cos’è che vogliono questi giovani che non si sentono versati né per il lavoro né per lo studio.
Desideri! Pensò Fossati, desideri, da quelli più innocenti a quelli più inconfessabili. E quantunque alcuni di essi siano alla base dei progetti malavitosi non si può far nulla perché non si può impedire a nessuno di desiderare. Si può, invece, ed è ciò che fanno le società civili, impedire a costoro di realizzare i propri desideri con atti criminali. E dopo? E dopo, niente, sarà un continuo braccio di ferro tra questi giovani scontenti e arrabbiati e la società determinata a reprimerli in appositi percorsi giudiziari, vale a dire, detenzione, affidamento alle strutture di recupero e similari.
Un triste destino, commentò Fossati, con l’epilogo già scritto. Un epilogo precoce denso di dolore, estraniamento dal corpo sociale, malattia e poi, anzitempo, la morte, causata dall’uso di sostanze deleterie o dalla violenza tipica dei contesti urbani più degradati.
Il Professore ci aveva pensato su e mettendo a frutto tutte le sue conoscenze era riuscito ad ottenere un macchinario rivoluzionario capace di risolvere il problema.
Lo aveva presentato per primo alla Direzione Centrale per gli Istituti di Pena.
Geniale! Gli aveva scritto il responsabile della struttura. Geniale! Se non fosse che l’applicazione del macchinario richiederebbe un’apposita legge del Parlamento. Ma a tutto c’è rimedio, assicurava nella lettera il funzionario, e può star certo, caro Fossati, che mi occuperò personalmente della cosa fino a presentare io stesso un progetto di legge che possa essere approvato in tempi brevi.
E, infatti, sentito il Ministro e questi, i capi-gruppo parlamentari, in men che non si dica con un percorso preferenziale fu varata la legge per la pena alternativa ai recidivi di reati anti-sociali.
La macchina, disse Fossati all’inaugurazione del primo modello in un carcere minorile di una grande città, rappresenta un importante passo avanti nella repressione della criminalità e in particolare di quella minorile coinvolta nel traffico e spaccio di sostanze e in tutte quelle attività illegali ad alto tasso di violenza.
Il soggetto criminale, pure se in giovane età, si dimostra da sempre restio ad intraprendere un percorso di autentico reinserimento sociale. Se dopo alcuni tentativi e dopo aver accumulato una quantità di reati e di condanne rifiutasse ostinatamente di ravvedersi gli si potrebbe prospettare l’utilizzo del mio macchinario in alternativa alla pena detentiva.
Ricevuto il suo assenso si procede con un’accurata intervista nella quale un operatore altamente qualificato ha il compito di aiutare il soggetto ad esprimere ed elencare tutti quei desideri per realizzare i quali non ha esitato a infrangere la legge anche a mezzo della violenza più efferata.
A quel punto il soggetto viene, per così dire, attaccato alla macchina che tramite dei sensori gli farà vivere in maniera virtuale ma oltremodo realistica tutta la lista dei desideri, finalmente realizzati, a livello di immagini e sensazioni cerebrali.
Il contatto con il macchinario dura pochi secondi ma gli effetti del trattamento sono irreversibili e dureranno per tutto il tempo che il soggetto resterà in vita.
Naturalmente egli sarà in grado di gestirsi autonomamente per quanto riguarda le funzioni corporali di base ma sempre all’interno di una realtà virtuale dalla quale non potrà più uscire.
Durante le prove di collaudo, molti criminali incalliti, i più indomiti e violenti, tenuti in isolamento per motivi di sicurezza, hanno dichiarato, nell’intervista per la definizione del loro profilo desiderante, di volere, sopra ogni cosa “fottere, sballarsi” e “sfondarsi” di alcol e di cibo. Per avere tutto questo a livello mentale avevano accettato di sottoporsi alla macchina che avrebbe indotto nella loro psiche tutto quanto emerso dai loro desideri per un tempo indefinito fino al sopraggiungere del fine-vita, stabilito in maniera casuale dal macchinario e comunque per non meno di cinque anni.
Naturalmente non tutti i criminali desiderano le stesse cose. Abbiamo riscontrato una parte considerevole di costoro che ambiscono al raggiungimento del potere, qualunque esso sia, criminale, politico, militare.
Alcuni hanno espresso il desiderio di conquistare il mondo. Altri di diventare il calciatore più abile e persino, uno solo, in verità, di diventare santo, con una vita di preghiera, espiazione e dedizione al prossimo. A tutti abbiamo dato quanto desideravano e siamo certi che coloro che hanno già raggiunto l’estremo traguardo l’abbiano fatto, con buona sorte della società civile, in pace e, forse, persino felici. Cosa si può chiedere di più a una macchina?

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