Il Bernina, il 4000 più orientale delle Alpi e il ritiro impietoso dei suoi ghiacciai
Comparazione tra foto di fine 800 e quelle di oggi
Il ghiacciaio del Rodano
Il racconto di Fabiano Ventura - Associazione Macromicro
23 – 27 agosto 2021 - Il nostro obbiettivo è il ghiacciaio del Rodano, che incontreremo sul nostro percorso di trasferimento dal Vallese all’Engadina.
Abbiamo con noi alcune inquadrature di metà ‘800 che mostrano la valle da cui partono le strade per i passi del Furka e del Grimsel completamente invasa dalla fronte del ghiacciaio, allora alimentata dall’enorme cascata di ghiaccio.
Proprio nel fondo valle, dove allora arrivava la fronte del ghiacciaio, alla fine del 1800 era stato costruito un albergo per permettere ai turisti di visitarlo agevolmente.
Nella mattinata riusciamo a trovare le postazioni dei più importanti scatti storici e successivamente ci dedichiamo alla ricerca dei punti delle inquadrature dove nelle foto originali erano presenti anche alberghi, carrozze o delle auto dei primi del ‘900.
In serata ci spostiamo verso Pontresina in Engadina dove ci incontriamo con Riccardo Scotti, geologo del Servizio Glaciologico Lombardo, nuovamente con Matteo Trevisan e Anna Gusmeroli per iniziare il lavoro nella zona del Bernina.
Il giorno successivo siamo subito sul campo per fotografare il ghiacciaio del Morteratsch, prima dal fondo valle e poi nella mattinata da un promontorio poco sopra al punto in cui l ghiacciaio arrivava a fine ‘800. Riusciamo a ritrovare le stesse inquadrature storiche, ma come spesso accade la vista sul ghiacciaio è ostacolata dalla presenza di molti alberi e in questo caso anche da diverse linee elettriche del treno che naturalmente all’epoca non c’erano. Sono quindi costretto ad arrampicarmi pericolosamente sugli alberi, a volte anche per diversi metri per poter liberare la vista sulla valle che allora era completamente invasa dalla fronte del ghiacciaio. In questo caso il ghiacciaio dal fondovalle quasi non si riesce a vedere, a causa del ritiro frontale di oltre 2 km dalla sua massima espansione al culmine della Piccola Età Glaciale; oggi la sua fronte si trova dietro dei bastioni rocciosi che ne coprono la vista dal basso.
Il meteo ci permette di programmare il lavoro nella valle Rosg da cui ripetere degli scatti di Alfredo Corti, uno dei più attivi fotografi valtellinesi dei primi del ‘900.
L’indomani decidiamo di andare al Passo del Bernina per cercare dei luoghi di scatto che ritraggono il ghiacciaio Cambrena. Le fotografie che abbiamo selezionato sono sei, di cui una particolarmente antica, del 1867, a cui voglio dedicarmi in via prioritaria, anche in considerazione dell’instabilità atmosferica che potrebbe peggiorare da un momento all’altro. Nel corso della giornata incontriamo degli anziani escursionisti del luogo, che – incuriositi dal nostro lavoro – ci raccontano della situazione del ghiacciaio 40 anni fa e dei cambiamenti a cui hanno assistito in questi decenni.
Giovedì 26 agosto partiamo molto presto per prendere la prima funivia per il Corvatsch vicino St. Moritz, la quale ci porta vicino al Ristoro della Fuorcla Surlej per scendere poi nella meravigliosa e selvaggia Val Roseg.
Dopo un primo confronto fotografico proprio dal ristoro, con cui evidenzieremo la quasi totale scomparsa del ghiacciaio del Corvatsch, iniziamo a scendere dentro la valle per cercare un sentiero ormai dismesso da oltre 100 anni, le cui tracce si notavano ancora dalle immagini satellitari che abbiamo consultato in fase di programmazione dell’itinerario.
Grazie al ritrovamento di questo antico sentiero riesco a rintracciare un primo luogo da cui ripetere un famoso scatto di Alfredo Corti. Non siamo, tuttavia, certi dell’esattezza del punto da cui ripetere la foto; proviamo così ad andare poco più avanti e Riccardo ipotizza una nuova postazione con una roccia che, grazie al confronto con l’immagine storica si rivela essere proprio quella su cui i compagni di Corti si erano seduti e fatti ritrarre. Il confronto tra l’immagine storica e il paesaggio che ci circonda è come sempre impietoso, l’intera valle sotto di noi era colma di ghiaccio nel 1906 mentre oggi è presente una voragine detritica con un lago verde e il ghiacciaio si è ritirato lungo i pendii lasciando sotto di sé versanti rocciosi con morene detritiche.
Soddisfatti della ripetizione fotografica per nulla scontata ci dirigiamo verso valle percorrendo l’antico sentiero che a volte si disperde nell’erba alta. Il paesaggio è mozzafiato, la valle è incontaminata e sul versante opposto verso est si erge l’enorme catena del Bernina da cui scende il ghiacciaio Tschierva nostro prossimo obbiettivo fotografico. Dopo circa un’oretta raggiungiamo le baite del Margnun da L’Alp Ota da cui erano state scattate alcune bellissime fotografie di fine ‘800. Perdo molto tempo per ritrovare i punti di scatto e dato poco tempo a disposizione, decidiamo di dividerci in tre squadre e cercare ognuno un punto diverso da cui vennero scattate le tre fotografie. Dopo oltre 30 minuti di ricerche riesco ad individuare una prima inquadratura e poi un’altra che include anche le baite. Allora il ghiacciaio Tschierva arrivava fin dentro la valle Roseg oggi invece ha lasciato le sue due grandi morene spoglie e detritiche e si è arroccato lungo ripidi pendii.
Ripetuti questi due scatti Riccardo resta con Matteo a fare qualche timelapse con la testa remotata Syrp; i tuoni però ci spronano a scendere in fretta e ci incamminammo velocemente verso il basso, percorrendo la lunga strada fino all’auto parcheggiata nel fondo valle.
L’ultimo giorno nella zona dell’Engadina abbiamo appuntamento sul ghiacciaio del Morteratsch con i glaciologi Claudio Smiraglia, Guglielmina Diolaiuti e Davide Fugazza dell’Università Statale di Milano che ci raggiungono per effettuare alcuni rilievi e riprese fotogrammetriche da drone. Federico e Matteo vanno all’appuntamento per documentare con video e fotografie il loro lavoro mentre io e Riccardo saliamo al Diavolezza per ripetere delle fotografie della Vadret da Pesrs antico bacino di accumulo confluente nel ghiacciaio Morteratsch proprio a valle dei magnifici speroni settentrionali dei **Pizzi Palù***.
Purtroppo arrivati al rifugio con la funivia a oltre 3000 metri le nuvole coprono tutte le vette mentre nelle fotografie storiche che vorrei ripetere erano state ritratte in una giornata limpida e senza nuvole. Restiamo quindi in attesa fuori dal rifugio per tutta la mattina per fare qualche timelapse ma le nuvole iniziano a diradarsi solo dopo le 12:00. Dopo aver ripetuto le quattro fotografie storiche prendo velocemente le coordinate con il GPS di ogni luogo di scatto e le segno dietro le stampe antiche e velocemente scendiamo a valle per raggiungere i ricercatori alla fronte del ghiacciaio Morteratsch per seguirli nei loro rilievi.
L’incontro con i ricercatori è sempre entusiasmante, ci raccontano le loro esperienze sul campo e ci fanno comprendere le complesse dinamiche di questi enormi fiumi di ghiaccio e le conseguenze del loro progressivo ritiro.