Volontariato, patrimonio dell’Unesco?
Volontariato
Esperienza di servizio
di Amanzio Possenti
Da tempo conviviamo con il volontariato ma c’è voluta la pandemia -purtroppo- per portarlo alla ribalta: questo perché il volontario per sua natura agisce nel silenzio e non ama la notorietà.
E’ persona che lavora per gli altri e non chiede riconoscimenti. In Italia ne operano circa 6 milioni, eppure solo grazie al grande, encomiabile e gravoso impegno anticovid se ne sono conosciuti gli ampi e nascosti meriti.
Ora se ne parla anche in termini istituzionali dopo la presentazione in Senato di una proposta per fare del volontariato un patrimonio Unesco, all’indomani della nomina di Padova quale città europea del volontariato.
L’eco dell’evento sta diffondendosi e porta a dare un’attenzione finalmente generalizzata ad un aspetto magnifico e positivo ad un tempo della società, con i suoi valori sociali, solidali, culturali che si estendono e si ampliano ovunque, da nord a sud, in un coinvolgimento di presenze raccolte ma di essenziale benemerenza civica, spesso in alternativa o in sostituzione degli apparati specifici.
I volontari - siano essi di tipo locale, nazionale e internazionale – rappresentano un patrimonio speciale, il cui obiettivo – fra pensiero e azione - è il Bene Comune inteso quale esperienza di servizio alla comunità, laddove essa presenti un bisogno evidente o ignorato, certamente nel segno risplendente della gratuità: che ne è l’anima segreta e pubblica, al di fuori e al di sopra di qualsiasi interesse. Quando questo termine abbandona la sua tradizionale connotazione economica per assumere una valenza di solidarietà viva.