IL covid ci ha fatto scoprire voci nuove della letteratura
Occhi di Perla
di Chiara Maggi
Intervista di Dante Fasciolo all'autrice
Le statistiche più recenti evidenziano una forte crescita nel settore della pubblicazione di romanzi; il fenomeno era già al via da un paio d'anni e il covid, costringendo alla "reclusione forzata" di molti, ha offerto tempo e sollecitato ispirazioni in vecchi e nuovi scrittori e un entusiasmo nuovo alla lettura.
La differenza che si nota ai nostri giorni, è che avanza, tra i nuovi scrittori, una schiera di giovani e giovanissimi, il che fa ben sperare sul futuro della nostra letteratura. Ciò tenendo anche conto che i romanzi dei giovanissimi manifestano racconti con vaste venature filosofiche/esistenziali aperte all'esperienza sociale; è il caso della scrittrice Chiara Maggi, ventenne, della quale abbiamo scelto, tra i molti giunti in redazione, il suo recente lavoro: "Occhi di Perla", che riteniamo offra una testimonianza sulla capacità di narrare e trasmettere valori significativi per il nostro tempo. l'abbiamo intervistata.
A – L’amore della ragazza protagonista del tuo romanzo per il suo ragazzo si dispiega in modalità inconsueta… come definiresti questo loro rapporto amoroso? E che senso dare all’amore?
- Perla e Tiberio vivono un amore travagliato. Non solo per via delle normali incomprensioni, delle
paure e della giovane età dei protagonisti, tutte cose che, come spesso accade, influenzano
notevolmente un rapporto di coppia; ma anche per il modo nefasto e invadente con cui la vita si
impone tra loro, cercando di dividerli. Eppure, come la fogliolina verde che spunta dal suolo sterile
dopo un incendio, così il sentimento che li lega li accompagna nel loro viaggio… fin proprio alla
fine.
Quindi mi sento di poter definire l’Amore vero, quello per cui si darebbe la vita, come l’arma più potente di cui dispone l’uomo; la fonte primaria del sostentamento psicologico ed emotivo che guida tutte le cose. Può far del male, come un veleno, ma può anche guarire come un antidoto. Quello di Perla e Tiberio rientra in questa categoria, ed è tanto forte, poiché sincero e indispensabile, da riuscire a superare ogni confine e a sconfiggere ogni limitazione dettata da spazio e tempo.
B – La morte è presente nel tuo romanzo, quale spazio occupa nel rapporto tra i due giovani protagonisti? Qual è il limite di accettazione e di rispetto?
- In questo romanzo, la Morte è un’accompagnatrice silenziosa; esattamente come la Vita. Le ho viste
fin da subito come due sorelle che si stringono la mano, incontrandosi per la prima volta nello
stesso contesto e condividendo, solo per poco tempo, la stessa realtà. Seppur rimanendo separate
nelle loro dimensioni individuali, Morte e Vita si guardano negli occhi come riflesso in uno
specchio, attraverso una trasposizione materiale rappresentata da Perla e Tiberio.
A volte può sembrare che l’una voglia prevalere sull’altra, ma forse sono solo due treni che viaggiano su binari paralleli, fin quando una piega improvvisa degli eventi non li porta a scambiarsi di posto.
Pertanto, credo che siano due condizioni da rispettare sempre e comunque, perché non dipendenti dal nostro volere; ed è proprio questo che Tiberio e Perla dovranno imparare ad accettare.
Per non parlare del fatto che quello che può sembrare una privazione dolorosa e insostenibile, potrebbe un giorno rivelarsi un dono o un nuovo punto di partenza.
C - Nello svolgersi del racconto c’è spazio per considerazioni filosofiche o spirituali… e quali contorni possono delineare concetti di Fede?
- La Fede è la terza grande protagonista di questo romanzo. Come nella vita, così anche in questa storia rappresenta qualcosa di strettamente personale, che dipende dalle necessità del singolo individuo. Ma la si può considerare altrettanto una sfida, perché non tutti la vedono allo stesso modo; esattamente come accade a Perla e a Tiberio, che ripongono il loro credo personale in due visioni totalmente opposte, quella religiosa e quella scientifica. Eppure, il concetto che ritengo importante è che, in qualsiasi modo lo si voglia chiamare, Dio, Scienza, Denaro, Ego, Destino, Fato, o simili, ci dovrebbe essere sempre qualcosa a cui aggrapparsi, soprattutto nei momenti di sfiducia nella vita, quando tutto sembra a tinte nere e quando la speranza non riesce a sopportare il peso della più completa incertezza.