"una cosa bella è una gioia per sempre"
John Keats
Spilamberto (Modena)
Museo del balsamo
di Alessandro Gentili
Il vero Aceto balsamico tradizionale è prodotto nell’area degli antichi domini estensi.
È ottenuto da mosto d’uva cotto; maturato per lenta acetificazione, derivata da naturale fermentazione e da progressiva concentrazione mediante lunghissimo invecchiamento in serie di vaselli di legni diversi, senza alcuna addizione di sostanze aromatiche. Di colore bruno scuro, carico e lucente, manifesta la propria densità in una corretta, scorrevole sciropposità. Ha profumo caratteristico e complesso, penetrante, di evidente ma gradevole e armonica acidità. Di tradizionale e inimitabile sapore dolce e agro ben equilibrato, si offre generosamente pieno, sapido, con sfumature vellutate in accordo con i caratteri olfattivi che gli sono propri.
La definizione di aceto balsamico tradizionale sintetizza secoli di storia nonché gli interminabili decenni necessari a maturare il lungo processo imposto al mosto, dapprima cotto, poi immesso nelle botticelle e quindi assoggettato alla metodica dei travasi.
Quello che distingue il “Balsamico” dagli altri aceti, non è soltanto la materia dalla quale è ottenuto, ma l’alchimia del tempo, nonché la sapienza di una tradizione che vanta origini antichissime.
L’arco temporale di una vita umana, infatti, è spesso soltanto una breve circostanza nel lungo viaggio compiuto dal mosto che, tra i passaggi da un vasello all’altro, trascorre lunghi intervalli di quieta permanenza fra legni odorosi e pregiati.
Le operazioni che portano sulla tavola il Balsamico, prodotto primario del frutto della vite, sono codificate in una sorta di rituale dove nulla è lasciato al caso, dove anche la più insignificante delle azioni ha una sua ragione; ogni passaggio è stato spiegato scientificamente, ogni suo aspetto è stato letto e interpretato; eppure ciò che avviene nel ventre buio delle botti resta essenzialmente un mistero.
Il visitatore che attraverserà le sale di questo Museo di Spilamberto, compirà questo viaggio e sarà affascinato da questo prodotto che riassume in sé la storia di un lembo d’Emilia. Scoprirà la complessità della sua preparazione, resa perfetta dal tempo e dall’esperienza; valuterà la necessità di tutelarne il nome, di regolamentarne la fabbricazione nell’impossibilità di una sua industrializzazione; apprezzerà la sua unicità assistendo a quei processi fino ad ora gelosamente custoditi nelle acetaie di famiglia.
Un’ambientazione particolarmente suggestiva, che riproduce l’interno di una botte, il “luogo” per eccellenza della storia, della produzione e quasi del ‘mistero’ del Balsamico: nella sala apposita si raccolgono gli strumenti e i momenti topici del processo che da secoli ci fanno amare il “nettare nero”. Dai vigneti alla vendemmia, dalla pigiatura alla cottura del mosto si susseguono storie e tecniche antichissime, fino alla costruzione delle botti e all’acetaia, dove confluiscono sensazioni olfattive e gustative che ancora oggi proiettano sul visitatore il valore di una tradizione e il fascino di un mito. Vengono presentati in rassegna strumenti per il trattamento delle viti, pigiatrici, paioli di rame e viene riprodotta una “bottega di bottaio”, in cui assumono importanza i legni della tradizione (come il rovere, il castagno, il gelso e il ginepro), la loro naturale stagionatura (fonte di aromi e profumi per l’aceto) e la lavorazione, rigorosamente artigianale, che li trasforma in botti, della capacità variabile tra i dieci e gli ottanta litri.
Infine, si incontrano le storiche cinque botti che furono della Famiglia Fabriani (XVIII secolo), di fronte alle quali si percepisce come, attraverso il possesso di una batteria, si possa determinare un forte senso di appartenenza, che può segnare l’identità di più generazioni. Ad esse è stata affiancata una batteria moderna costituita da 10 botticelle per proiettare il passato nel futuro attraverso la realtà del presente.
Scoprire l’Aceto balsamico tradizionale è un’esperienza che coinvolge tutti i sensi: il caratteristico colore “bruno scuro, carico e lucente”, esaltato dalla luce rossastra di una candela, l’odore intenso, che nasconde profumi d’uva e sentori leggeri di legni pregiati (da sempre rovere, castagno, gelso, ginepro) e infine il sapore dolce e agro, che si forma attraverso i passaggi nei diversi vaselli che compongono la batteria. Salendo le scale di Villa Fabriani, verso il solaio, dove riposa l’acetaia della Consorteria, si è subito avvolti dall’inconfondibile aroma balsamico.
L’assaggio è un vero e proprio rito, eseguito con calma, in silenzio, in un ambiente confortevole, con i giusti tempi e con gli strumenti appropriati. L’assaggiatore della Consorteria è abile ed esperto nel riconoscere tutti i colori, gli odori e i sapori racchiusi nella complessa storia di ogni Balsamico. Prima l’esame visivo, in cui un matraccio di vetro puro e trasparente e una candela servono ad apprezzare e valutare densità, colore e limpidezza del campione di Balsamico. Una delicata rotazione del matraccio porta poi il liquido fino al collo del contenitore, in modo che tutti i profumi arrivino alle narici e sprigionino le quattro proprietà valutate nell’esame olfattivo. Infine l’assaggio vero e proprio, la prova del gusto, che va eseguita con gli appositi strumenti: un cucchiaino di porcellana o d’argento.
È solo in questa fetta di terra padana che può essere prodotto il Balsamico. Sarà l’inconfondibile odore di questa terra, resa umida e molle dalla nebbia, dove cresce la migliore uva trebbiana, oppure il clima freddo e rigido d’inverno e afoso d’estate, sarà la pazienza nel cuocere a cielo aperto nel focone e nel paiolo il mosto, oppure l’esperienza nel condurre e curare la lenta trasformazione del mosto cotto nei vaselli.
Non ci resta altro, amici lettori, che ringraziare la nostra bella terra italica che ha generato nei secoli tradizioni, culture, famiglie, personaggi che hanno saputo valorizzare e amplificare quanto questa terra benedetta offre a chi veramente ha a cuore le migliori tradizioni, il raffinato e popolare gusto della buona tavola, i sapori e i profumi, le antiche ricette….ricordate Enea ? il suo sbarco sulle coste laziali, il progetto mitico della fondazione di Roma e l’incontro con Lavinia? Che cosa fu quell’incontro se non con le tradizioni culinarie e territoriali che la sua futura sposa gli fece intravvedere, sposandola?