Cicloturismo: accordo tra Fiab e Anbi per rendere le vie d’acqua a misura di bici
Ciclovie d'acqua
di redazione
Un accordo per potenziare e valorizzare la rete ciclabile lungo gli oltre 200 mila km di canali e vie d’acqua presenti sul territorio italiano: è stato sottoscritto nei giorni scorsi da FIAB – Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, ANBI – Associazione Nazionale Enti di Bonifica e Irrigazione, CIREM - Centro Interuniversitario di Ricerche Economiche e di Mobilità dell’Università di Cagliari e dal Dipartimento Architettura e Design del Politecnico di Torino. Un accordo che mira a sviluppare iniziative e programmi di ricerca per lo studio delle relazioni tra la rete nazionale dei corsi d’acqua e la rete delle ciclovie regionali e nazionali, con particolare riferimento all’armonizzazione delle norme che ne disciplinano la gestione in sicurezza.
(Foto di Antonio Dalla Venezia)
L’idea di questo accordo è nata nel 2018 durante un convegno, tra il Politecnico di Torino e il Coordinamento Nord Ovest di FIAB, proprio sul tema della ciclabilità in Italia. “Durante questo incontro – racconta a Bikeitalia l’architetto Giorgio Ceccarelli, coordinatore Nord Ovest di FIAB – era appunto emerso come le piste ciclabili avrebbero avuto un vantaggio nello sfruttare le vie d’acqua esistenti. Sono stati quindi coinvolti il professor Meloni del CIREM di Cagliari e il professor Alma del Politecnico di Torino, che al momento sono consulenti del Ministero delle Infrastrutture per lo sviluppo del piano generale della mobilità ciclistica”.
Questo accordo è riuscito a unire queste persone – e le rispettive università di riferimento – con realtà come ANBI, un ente nazionale che raccoglie tutti gli enti di bonifica sul territorio, e FIAB, che da anni si occupa di ciclabilità e ambiente. Si è quindi venuta a creare una sinergia tra le parti allo scopo di valorizzare il patrimonio ciclabile del territorio e semplificare le normative esistenti su questo tema.
La legge n.2/2018 “Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta” prevede il recupero a fini ciclabili delle strade arginali di fiumi, torrenti, laghi e canali, comprese le opere di bonifica, gli acquedotti, le reti energetiche, le condotte fognarie, i ponti dismessi e gli altri manufatti stradali.
(In bici lungo il Canale Villoresi (foto di Valerio Montieri)
Ma, secondo l’architetto Ceccarelli, uno dei problemi principali per lo sviluppo delle piste ciclabili lungo le vie d’acqua è proprio quello delle leggi obsolete e frammentarie vigenti in questo momento. “Al giorno d’oggi – spiega Ceccarelli a Bikeitalia – in questo ambito ci sono nelle norme molto vecchie, alcune che addirittura fanno riferimento a decreti precedenti la nascita della Repubblica. E quelle che ci sono sono leggi non unificate tra loro, salvo eccezioni positive come quelle della Toscana”.
Uno dei problemi più grossi in questo senso è quello della responsabilità, ovvero definire chi è responsabile in caso di un eventuale incidente.
Queste problematiche, insieme alla grande difformità geografica del territorio italiano, rendono difficoltoso l’utilizzo delle vie d’acqua come infrastruttura ciclabile e più in generale turistica.
Come ben sanno i cicloviaggiatori che si sono avventurati lungo le ciclabili europee, le nazioni più progredite nella costruzione delle loro reti ciclabili, come ad esempio Francia e Belgio, hanno avuto la capacità e la possibilità di sfruttare le infrastrutture già presenti sul territorio per creare una rete ciclabile all’avanguardia. E lo hanno fatto utilizzando per il passaggio in bici le sponde di lunghi fiumi quali il Reno o la Loira e la fitta rete di canali che li connettono.
(Pedalata lungo la ciclovia Aida: Alta Italia da Attraversare)
In Italia questo non è ancora stato fatto, in alcuni casi perché il nostro territorio è molto diverso rispetto a quello di altre nazioni europee, ma dove ne avremmo la possibilità, come nella Pianura Padana, non siamo stati in grado di realizzarlo.
“C’è da dire che anche in Italia abbiamo degli esempi positivi – riflette l’architetto Ceccarelli – come la ciclabile lungo il Naviglio Martesana alle porte di Milano e il Canale Villoresi, dove hanno utilizzato le sponde del canale per scopi ciclabili pur non essendo una vera e propria pista ciclabile a livello normativo; ma la strada da fare è ancora lunga per essere al passo con altre realtà europee”.
Nell’elaborato processo di sviluppo della rete cicloturistica nazionale in corso negli ultimi anni, sono già stati presi in considerazione itinerari lungo corsi d’acqua di particolare interesse naturalistico e paesaggistico e già sono presenti ciclovie che seguono fiumi e canali in diverse regioni italiane. Altri progetti, invece, sono ancora in corso di realizzazione, come ad esempio la lunghissima ciclovia VenTo che collegherà Venezia con Torino seguendo il corso del fiume Po.
Un altro aspetto che va di pari passo allo sviluppo cicloturistico dello Stivale è la valorizzazione di quel patrimonio storico e culturale di cui l’Italia è immensamente ricca. “Il Canale Cavour, che collega Chivasso e Novara per poi sfociare nel Ticino, è costellato di ponti, dighe ed edifici di grande valore storico – commenta Giorgio Ceccarelli – edifici che meriterebbero di essere valorizzati e mostrati, ma che ora invece sono nascosti ai più”.
Con la firma di questo ambizioso accordo gli enti e le associazioni coinvolte si impegnano a definire i presupposti per un quadro normativo nazionale che, superando le attuali difficoltà, faciliti lo sviluppo di una rete ciclabile nazionale, e del turismo sostenibile ad essa legato, in armonia con chi già ora opera lungo la rete dei nostri corsi d’acqua.
(In bici lungo il Canale Vacchelli in provincia di Cremona)
“La speranza è proprio quella di discutere di questo tema e arrivare a una proposta normativa che aiuti a migliorare la ciclabilità del nostro territorio” ha infine aggiunto il coordinatore Nord Ovest di FIAB. Sarebbe un passo importante per rendere l’Italia un paese ciclabile e, finalmente, anche le vie d’acqua a misura di cicloviaggiatore.