#277 - 7 gennaio 2021
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrà  in rete fino alla mezzanotte del giorno sabato 30 novembre quando lascerà  il posto al numero 358 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, può durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchè" (Mark Twain) "L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) «La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchè i servizi sanitari siano accessibili a tutti». Papa Francesco «Il grado di civiltà  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensì nella capacità  di assistere, accogliere, curare i più deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltà  di una nazione e di un popolo». Alberto degli Entusiasti "Ogni mattina il mondo è un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosità , vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Di borgo in borgo

Incastonata tra cielo e mare, Monte Sant’Angelo - appena entrata nei Borghi più belli d’Italia -
è l’unica città italiana, oltre a Tivoli, a possedere due siti Unesco:
il santuario di San Michele Arcangelo e le faggete della Foresta Umbra.
Vi guidiamo in un viaggio tra cultura, natura, cibo e spiritualità

Monte Sant Angelo

Di
Ginevra Bacilieri

Monte Sant AngeloMonte Sant Angelo

Alla fine del V secolo in una grotta del Gargano, all’interno di quello che oggi è un Parco Nazionale, si susseguono nel giro di tre anni, secondo la tradizione, tre apparizioni dell’Arcangelo Michele.
L’Angelo si sarebbe manifestato nel 490, nel 492 e nel 493 in un luogo “sacro di natura”, come recita un motto del Parco Nazionale, poiché vi concorrono tutti gli elementi necessari ai miracoli: la natura selvaggia, l’acqua risanatrice, la grotta come punto d’accesso al mondo sotterraneo e le apparizioni.
La seconda apparizione avrebbe previsto la battaglia tra Bizantini e Longobardi, verso la metà del VII secolo, intorno al santuario di San Michele difeso da questi ultimi. È allora che l’angelo Michele diventa il santo prediletto del popolo longobardo: un alleato in battaglia, il capo delle milizie celesti. Inizia dal santuario il nostro viaggio a Monte Sant’Angelo, città sospesa tra il mare e il monte Gargano, a circa 830 metri d’altezza nello “sperone d’Italia” (la Puglia è il tacco).

Monte Sant AngeloMonte Sant Angelo

          foto di Matteo Nuzziello                    foto di Veronica Prioletti

Sotto l’attuale quota di calpestio della grotta, in una cripta, sono stati rinvenuti su un muro, negli anni Cinquanta, i graffiti lasciati dai visitatori del santuario tra il VI e il IX secolo, segno che il culto dell’Arcangelo era diffuso già in età prelongobarda. Meta obbligata dei pellegrini diretti in Terrasanta (e oggi di chi cammina sulla Via Francigena del sud), la grotta delle apparizioni conserva le tracce del loro passaggio: croci, iscrizioni longobarde - alcune con nomi di donna - e anche epigrafi runiche, tracciate da pellegrini anglosassoni.

Monte Sant AngeloMonte Sant Angelo

È grazie alla presenza longobarda che il santuario è patrimonio Unesco. Dall’alto del promontorio, che si raggiunge dalla costa inerpicandosi per una strada selvaggia, il borgo guarda l’Adriatico: quel mare d’oriente da dove venivano i Saraceni, pirati temibili che nell’869 saccheggiarono il santuario rendendo la primitiva basilica “deserta e ruinosa”.
I popoli - Bizantini, Longobardi, Normanni Svevi, Angioini e Aragonesi - che qui si sono avvicendati attratti dall’Arcangelo guerriero, ci hanno consegnato il patrimonio monumentale che ha fatto del santuario un centro di fede: papi, santi, re, imperatori, pellegrini da 1500 anni si recano sul Monte Gargano dove le tracce del loro passaggio sono custodite nei Musei Tecum (Tesori del culto micaelico), un unico polo costituito dal Museo Devozionale (con il tesoro della Basilica) e dal Lapidario. In quest’ultimo, un raffinato ambone marmoreo del 1041 testimonia la fase normanna: reca la firma dello scultore, Acceptus, e un’invocazione all’Arcangelo.

Monte Sant Angelo

Ma è un’icona devozionale in rame raffigurante l’Arcangelo Michele l’oggetto più prezioso del Museo Devozionale, databile tra X e XI secolo. Un’iscrizione la riferisce a donatori normanni, e infatti normanni erano i fratres che nel 708 giunsero in questo luogo a prelevare una pietra per costruire l’abbazia francese di Mont Saint- Michel, anch’essa parte della rete internazionale dei centri micaelici nel mondo. Il rilievo in rame rappresenta l’Arcangelo che con la lancia (oggi perduta) trafigge il demonio, cioè le forze oscure del mondo. Non a caso l’apparizione avviene nelle profondità della terra, in una grotta alla quale fa da contraltare il promontorio su cui sorge Monte Sant’Angelo, simbolo della tensione verso il cielo. Tra le caverne e il cielo si dispiega la seduzione di questo luogo, intriso di sapienza misterica, terribilis, come recitano le parole solennemente incise nella pietra all’ingresso del santuario: Terribilis est locus iste/ Hic domus dei est/ et porta coeli (Impressionante è questo luogo. Qui è la casa di Dio e la porta del cielo).

Monte Sant AngeloMonte Sant Angelo

Non si contano le immagini dell’Angelo disseminate nel borgo, che si è sviluppato intorno al santuario in età normanno-sveva, trasformando le grotte dei pastori sparse tra le balze del monte, nelle casette a schiera intonacate di bianco del quartiere Junno.
San Michele appare ovunque: in cima a una colonna, al centro di una piazza, nelle edicole delle chiese, incastonato nei muri dei palazzi, nelle nicchie degli stessi. Insomma, ogni casa ha il suo Angelo. San Michele è scultura, pittura, effigie iniziatica. È una formella normanna, un rilievo sul trono vescovile, uno sportello in argento dell’altare, un rilievo settecentesco in bronzo dorato, la statua di marmo d’inizio Cinquecento, bellissima, dell’Altare delle Impronte. Il Museo Lapidario e il Museo Devozionale sono le dimore di tanta devozione trasfigurata dall’arte.

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Superato il portale marmoreo, con la porta di bronzo realizzata a Costantinopoli nel 1076, si accede alla navata della chiesa e, di meraviglia in meraviglia, si arriva alla grotta delle apparizioni avvolta nella semioscurità e preceduta da una navata costruita dagli Angioini. Tutto l’ambiente è di rara suggestione: si è trasportati nelle pieghe del tempo, tra affreschi, incisioni, monumenti funebri, altari, sculture, ipogei che parlano la lingua remota del mistero e della fede. Tornati alla luce, all’ombra dell’imponente campanile ottagonale di fattura angioina completato nel 1274, si entra nel vivo del borgo, nei quartieri medievali, nei vicoli e nelle stradine che portano al castello.
Ecco i quartieri medievali, le antiche abitazioni scavate nella roccia nel rione Grotte, scorci memorabili nel rione Sant’Apollinare, e ancora tante sorprese passando di chiesa in chiesa: il singolare battistero di San Giovanni in Tumba dagli echi orientali (richiama i mausolei fatimidi e i minareti islamici), la chiesa di Santa Maria Maggiore con la sua esuberanza ornamentale secondo il modello romanicosvevo e il suo ciclo di affreschi. Infine, il castello normanno-svevo con le torri aragonesi.

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Per restare in ambito religioso, a una decina di chilometri dal centro storico si trova Santa Maria di Pulsano, l’abbazia eretta nel 591 nel luogo di un antico tempio pagano. Monaci, anacoreti e cenobiti, orientali e latini, hanno trovato qui per tanti secoli la pace e il silenzio che ancora regnano e diventano esperienza dell’anima. La chiesa ha un’unica navata che termina in una cavità naturale; al suo interno è conservato uno dei pochi altari bizantini presenti in Italia, consacrato da papa Alessandro III nel XII secolo.
Tra i ventiquattro eremi incastonati nella roccia a strapiombo sul mare, alcuni sono visitabili. Si raggiungono con percorsi di trekking in un paesaggio magnifico.

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Monte Sant’Angelo non è solo spiritualità e cultura. Gli altri suoi due prodotti turistici, che la rendono una meta attrattiva anche solo per il fine settimana, sono quello naturale e quello enogastronomico. La Foresta Umbra è un maestoso e vasto bosco di cerri, nelle fasce più basse, e di faggi, in quelle più alte, che nonostante la latitudine ha l’aspetto delle foreste dell’Europa centrorientale. Il faggio si è adattato al clima mediterraneo e, in certi esemplari, raggiunge dimensioni notevoli, come il tasso. Nella Foresta, dotata di centro visite e aree attrezzate, vivono caprioli e uccelli di bosco. Ben 32 chilometri di sentieri attrezzati consentono di camminare, andare in bici, fare trekking in questo ambiente unico.
La tradizione gastronomica è di impronta montanara. Le abitudini alimentari cominciano nelle case dei contadini e si affinano partendo dall’elemento base, il pane: quello di Monte Sant’Angelo è uno dei più apprezzati d’Italia. Si sposa con il caciocavallo podolico - formaggio che ha origine nei pascoli d’altura -, con l’olio extravergine d’oliva - frutto degli ulivi della piana di Macchia, affacciata sul mare cristallino e su piccoli angoli di natura incontaminata -, con la carne della capra o dell’agnello garganico, con il pancotto con le fave e le verdure. Chiudono il pasto le ostie piene, il dolce locale. Buon cibo, montagna, boschi e anche il mare, nella piana: in questo territorio non manca niente, c’è tanto da scoprire e si vive bene tutto l’anno.

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