Dalle Alpi alle Madonie
La montagna in autunno
Di Claudio Bacilieri - Direttore di Borghi Magazine
I fari delle macchine che tornano a casa illuminano i tornanti. Il borgo adagiato sul crinale cade nella notte. Oltre le strette curve della mulattiera vivono gli ultimi: gli uomini dei monti. È tempo di montagna. Distanziati da tutto ma felici, nel tepore dei camini, della legna che arde, con poca gente che passa sotto le finestre.
I vetri sono appannati o coperti di brina. Novembre passa tra il lutto dei morti e la luce dei giorni di San Martino.
I boschi in autunno hanno colori come il fuoco. Le foglie si posano dolcemente sulla terra nuda. Un fumo di fascine esce dal camino. La foschia sale attraverso la valle e si affaccia alle finestre, mentre un ragazzo fa colazione con burro, marmellata di lamponi e una calda forma di pane. Una nuvola di vapore esce dalla stalla.
Un vecchio scioglie il cane davanti alla vasca della fontana.
In montagna il respiro delle stagioni è calmo e ininterrotto. Scendono i primi fiocchi di neve, sporadici: appena un cenno dell’inverno che verrà. L’abbaiare dei cani arriva attutito da molto lontano. Chi ha rotto il filo? Chi ha cancellato il profumo del muschio? Il borgo è a strapiombo sul torrente. Quello vicino è disteso in una piccola conca. Dure mani li hanno costruiti in tempi lontani, mettendoli al riparo da venti e valanghe.
Prati in pendio e campi terrazzati ripagano con i loro raccolti la fatica di chi li ha ricavati dalle pieghe del monte. Pietra e legno, legno e pietra: di altro non ha bisogno l’architettura della montagna. Il biancore della prima neve accende la strada. Tutti già sono scesi dai pascoli alti. L’intimità delle lunghe sere invernali è una stanza foderata di legno. Come ha scritto Jean-Jacques Rousseau: “Un paese di pianura per quanto sia bello, non lo è mai stato ai miei occhi. Ho bisogno di torrenti, di rocce, di pini selvatici, di boschi neri, di montagne, di cammini dirupati ardui da salire e da discendere, di precipizi d’intorno che mi infondano paura”.
Tra i Borghi più belli d'Italia, il più alto in quota è Chianale, frazione di Pontechianale (Cuneo). Il villaggio, 214 abitanti di lingua e cultura occitana, si trova a quasi 1800 metri d’altitudine in fondo alla Val Varaita, al confine con la Francia. Il secondo più alto è Usseaux, 186 abitanti distribuiti in cinque antiche borgate della Val Chisone, nella più incantevole cornice alpina della provincia di Torino. Pescocostanzo, in provincia dell’Aquila, posta a 1395 metri, è una grande (1210 abitanti) e nota stazione di sport invernali con un bellissimo centro storico e un Museo dell’artigianato artistico dove si ammirano i gioielli dell’oreficeria in filigrana e i merletti al tombolo. Poco più bassa (1385 metri) è Vigo di Fassa in Val di Fassa (Trento), sei borgate rurali di lingua e cultura ladina sotto le vette del Catinaccio, punto di partenza della funivia che raggiunge le piste da sci del Ciampedie.
Sospesa tra le vette del Gran Sasso, sempre in Abruzzo e in provincia dell’Aquila, è Castel del Monte, la capitale dei pastori: snodo di antichi tratturi e transumanze, conta 447 abitanti e 1346 metri d’altitudine. Ostana in Alta Valle Po (Cuneo) ha solo 90 residenti che vivono in nove borgate occitane sotto il Monviso, a 1282 metri. Intorno ai 1250 metri sul livello del mare si trovano quattro borghi: due sulle montagne d’Abruzzo - Opi (452 abitanti) e Santo Stefano di Sessanio (128 abitanti) entrambi in provincia dell’Aquila - e due sulle Dolomiti: Sappada Vecchia (Udine) con 1340 abitanti sparsi tra quindici borgate di cultura tedesca con fienili e case in legno del Sei e Settecento, e Sottoguda, frazione di Rocca Pietore (Belluno), antico villaggio di cento anime posto proprio sotto la Marmolada. Il borgo più alto tra quelli di Sicilia, infine, è Petralia Soprana nelle Madonie (Palermo): nel paese vivono un migliaio di persone che da tre belvedere (il più alto è a 1147 metri) dominano buona parte dell’isola, dall’Etna al mare Tirreno.