Dove i monaci insegnarono l'agricoltura
Novara di Sicilia
Flaviano Garritano per "Borghi"
Incastonato tra i monti Peloritani e Nebrodi nella Sicilia nord orientale, si trova un bellissimo borgo, che volta le spalle all’Etna e guarda a nord verso le isole Eolie e Tindari.
Durante la dominazione araba i cristiani che si rifugiavano qui erano chiamati i “perduranti nella fede”; ton Démon, nella forma dialettale del bizantino, significa “perdurare”: da qui deriva il nome della val Demone.
Si arriva a Novara di Sicilia lasciando l’autostrada Messina–Palermo nei pressi dello svincolo da cui ci si immette in una strada che porta in montagna; curva dopo curva si sale sempre più fino ad arrivare a vedere il campanile appuntito della Chiesa Madre che svetta sulle case e dà il benvenuto.
Percorrendo strade lastricate di pietra in perfetto abbinamento con la maestosità degli antichi palazzi, si raggiunge la piazza dove si notano tante viuzze che si infilano tra le case con piccole botteghe.
Il borgo di Novara di Sicilia è racchiuso quasi tutto nel centro storico. In questo piccolo presepe si conservano riti e tradizioni: la festa del formaggio maiorchino, l’accensione delle luminarie in agosto, le feste dell’Assunta e di sant’Ugo Abate, sono ricorrenze partecipate e sentite da tutti gli abitanti.
Risale al Seicento il mulino ad acqua Giorginaro. Gestito dalla famiglia Affannato, è ottimamente conservato e funzionante con la sua ruota orizzontale mossa dall’acqua che cade dalla sajitta.
Da visitare anche il grande teatro Casalaina, i ruderi del castello su una rupe a strapiombo, le numerose chiese e, superato il paese, la frazione Badiavecchia, testimone dell’arrivo in Sicilia dei monaci dal saio bianco: qui, infatti, i cistercensi nel XII secolo, guidati da sant’Ugo Abate, costruirono sui resti di una chiesetta il primo monastero in Sicilia dell’ordine di san Bernardo di Chiaravalle.
La latinizzazione di queste terre era sostenuta dai regnanti normanni e svevi e dalla Chiesa di Roma, di cui erano il braccio secolare.
Tra il XII e il XIII secolo, i cistercensi divennero uno degli ordini monastici più diffusi nei regni normanno e svevo. Dissodarono i terreni boscosi, bonificarono le paludi nelle zone vallive, svilupparono l’uso dei mulini ad acqua, applicarono le loro conoscenze in campo agricolo e si impegnarono nello sviluppo del loro ordine con la costruzione di abbazie dall’architettura gotica.
A Novara grande è la devozione per sant’Ugo, che fu il primo abate cistercense di santa Maria la Nohara ed è diventato compatrono del paese nel 1664: di lui si conservano gelosamente le reliquie, i guanti di seta bianca e la giara dell’acqua miracolosa. Al tempo in cui arrivarono i cistercensi risale la festa dell’Assunta, che si apre l’ultimo giorno di luglio e si conclude il 15 agosto, quando viene portata in processione la pesante vara dell’Assunta.