In occasione del "2020 Anno Internazionale della salute delle piante"
Viaggio tra le piante più antiche del mondo
Vite di alberi straordinari
Dal “Pando” che si estende per 44 ettari al bonsai sopravvissuto alla bomba nucleare su Hiroshima. Passando per sequoie, querce millenarie e dal siciliano Castagno dei Cento Cavalli, col suo tronco da 58 metri di diametro
di Zora del Buono - Aboca
Sbagliano gli uomini a considerare le proprie vicende come unità di misura della storia del pianeta. La prospettiva antropocentrica ci porta spesso a scordare che vi sono esseri viventi infinitamente più longevi dell’uomo, alberi giganteschi e dalla storia millenaria.
Alberi che Zora del Buono, un architetto che ha sempre avuto una grandissima fascinazione per gli alberi, ha deciso di raccontare con parole e immagini in Vite di alberi straordinari. Viaggio tra le piante più antiche del mondo.
Quello di Zora del Buono, che vive a Berlino, è un attaccamento emotivo legato al ricordo degli ulivi che hanno popolato la sua infanzia in Puglia, diventato interesse estetico per via della sua professione. E poi ancora, in maniera via via più dirompente, si è trasformato in un senso di rispetto solenne rivolto soprattutto verso gli alberi centenari e millenari, custodi di un sapere antichissimo, di fronte alla cui persistenza l’uomo scompare.
Animata da un profondo desiderio di scoperta, unito allo studio della botanica, Zora del Buono ha deciso di viaggiare per un anno intero tra l’Europa e l’America del Nord per visitare gli alberi secolari di quelle zone. Con la sua Rolleiflex analogica in borsa, ha reso omaggio a 14 esemplari straordinari, paragonabili a veri e propri individui dotati di personalità, raccontando aneddoti, suggestioni, storie cresciute insieme e attorno a loro nel corso del tempo.
Come quella del tasso di Ankerwycke, un albero alto quasi 15 metri e largo ben 9, sotto al quale fu siglata la Magna Charta e che fu teatro degli incontri romantici tra Enrico VIII e Anna Bolena; o dell’Hiroshima Survivor, un bonsai di pino bianco giapponese sopravvissuto alla bomba atomica e che oggi si trova a Washington; o di Dicke Marie, “Maria la grassa”, una quercia di quasi 900 anni che fu ammirata dal giovane Goethe e dai fratelli Humboldt; o di Pando, forse il più antico essere vivente del pianeta, un insieme di 47.000 pioppi tremuli, tutti cloni dell’albero originale, la cui età stimata è di 80.000 anni.
Tra le vicende portata alla luce da Zora del Buono ve ne sono di incredibili, di tragiche e di romantiche, come quella della “coppia” (ma solo nella vulgata comune, il taxodium distichum è monoico) di cipressi calvi formata da Senator e Lady Liberty: la seconda, una “giovane” di 2000 anni, rimasta sola dopo la morte di Senator, che dopo oltre 3.000 anni di vita nel 2012 è andato bruciato in pochi minuti a causa della svagatezza di una ragazza del posto.
Inusuale è anche la storia della Farnia di Allouville-Bellefosse, in Francia. Un albero che oggi ha circa 1200 anni, all’interno del quale un parroco e un abate alla fine del 1600 ebbero l’idea di costruire una cappella e una cella di clausura, rendendolo di fatto il monumento sacro più strampalato di tutta la Francia. Scampato per miracolo alla furia antireligiosa della Rivoluzione Francese, la Farnia è sopravvissuta anche ad una recente minaccia di abbattimento alla fine degli anni ’80. E tra gli alberi straordinari raccontati dall’autrice c’è anche una storia italiana, quella del Castagno dei Cento Cavalli, che si trova nel Parco dell’Etna, in Sicilia. Al centro degli eventi di quella leggendaria notte di tempesta non ci furono tanto i cavalli, quanto i cento cavalieri che insieme ai cavalli trovarono riparo sotto questo gigantesco albero, che pare sia il più grosso al mondo, o almeno quello che ha il tronco più imponente (un diametro di circa 58 metri). E a dire il vero non erano nemmeno i cento cavalieri a essere al centro dell’attenzione, quanto la regina, la sensuale Giovanna che, in una notte di tempesta, scossa da fulmini e tuoni ai piedi dell’Etna, si dice abbia giaciuto con i cento uomini del suo seguito.
Con il suo sguardo attento e curioso, dotato di una sensibilità finissima, Zora del Buono ci accompagna tra luoghi impervi e mete irraggiungibili mostrandoci che ogni albero, per quanto modesto, rappresenta tutto un mondo per un’infinità di creature. Ammirando la straordinaria resilienza di pini, tigli, sequoie, abeti, e sperimentando la fragilità dell’animo umano che ammutolisce, inerme, a confronto con la potenza, la maestosità e l’insondabilità della natura.