Il fascino dei parchi custodi dei ruderi romani
Roma
Parco della Caffarella
Di Antonello Ghera per "Tevere Noir"
Dopo più di due mesi di lontananza, causata dall’emergenza Coronavirus che ci ha costretto a riconsiderare le priorità della nostra vita, mettendo al primo posto la salute, riprendiamo finalmente la nostra attività, in sicurezza e in ossequio ai protocolli del Ministero della salute per favorire e incoraggiare la prevenzione e il distanziamento sociale.
Dopo più di sessanta giorni di "confino", vi proponiamo un itinerario piacevole sotto per l’aspetto paesaggistico e quello archeologico: la Caffarella.
Ad un passo dal centro di Roma la Valle della Caffarella si insinua tra la Via Latina e la Via Appia, un “corridoio” verde incuneato tra quartieri fortemente urbanizzati, oggetto, a partire dagli anni ‘70 del 1900 di campagne di salvaguardia che hanno permesso di includerlo nel Parco dell’Appia Antica.
Il tratto distintivo del Parco della Caffarella è la ricchezza d’acqua; il fiume, le marrane, le sorgenti e le cisterne l’hanno reso, nei secoli, luogo ideale per gli insediamenti. Quasi al centro del Parco scorre l’Almone, un affluente del Tevere che nasce alle pendici dei Colli Albani.
L’Almone fu un fiume sacro a Roma, qui si celebravano infatti i solenni riti legati a Cibele già a partire dal II secolo a.C.
Il fiume ha subito nei secoli numerose deviazioni soprattutto per irrigare i campi delle tenute agricole all’interno del parco e per le necessità dei mulini e delle “valche” (dal longobardo “walkan” che significa rotolare con riferimento al movimento dei rulli utilizzati per lavare la lana) che sfruttavano la potenza del fiume.
La nostra visita, inizierà dalla Chiesa di San Maria in Palmis, meglio conosciuto come Domine Quo Vadis, per poi raggiungere Via della Caffarella che percorreremo per un lungo tratto, inoltrandoci all’interno del Parco.
Il nostro itinerario circolare tocca il sepolcro di Annia Regilla, di epoca imperiale, fatto edificare dal marito, Erode Attico, precettore di Marco Aurelio e governatore in Grecia. Il sepolcro, fiancheggiato nel ‘500 da una torre e da un mulino, faceva parte, nel I secolo, della vasta tenuta denominata Pago Triopio, di cui conosciamo estensione ed edifici attraverso numerose iscrizioni conservate nei Musei italiani e stranieri.
Proseguendo, giungeremo al monumentale Ninfeo di Egeria, ritratto già a partire dall’epoca rinascimentale, dedicato alla Ninfa omonima, che ispirava le leggi religiose al secondo Re di Roma, Numa Pompilio. Ora possiamo solo immaginare lo sfarzo dei marmi che lo arricchivano e la suggestione che creava, ma l’imponenza dei suoi resti ancora colpisce per la monumentalità, riflesso dell’importanza che il luogo ha rivestito per secoli.
Nei pressi del Ninfeo, prima di attraversare l’Almone incrociamo una torre di guardia, costruita tra il XII e il XIII secolo per il controllo sul vicino ponte e successivamente utilizzata come valca, mentre Il c.d. Colombario Costantiniano fu trasformato anch’esso in un mulino in epoca medioevale, deviando le acque del fiume.
Raggiungeremo, poi, il Casale della Vaccareccia, edificato dalla famiglia Caffarelli nel 1500 , bonificando l’area e unificandola in un’unica tenuta, la proprietà passò poi di mano fino all’acquisto da parte dei Torlonia nel 1816. Il Casale è utilizzato in parte anche oggi da un’azienda agricola (ottimo il formaggio!!!), nei suoi pressi e in altre zone del parco è facile incontrare gruppi di greggi al pascolo, a testimonianza della vocazione agricolo-pastorale di quest’area.