Televisore, gioia e dolore
Zapping
Frammenti semiseri di cronaca televisiva
di Luigi Capano
Difficile di questi tempi che lo zapping possa dare l’abituale soddisfazione. Ci si illude di esser liberi di cambiare canale ma la solfa è sempre quella: la fase due, il coronavirus, il conteggio quotidiano dei morti e dei superstiti, il disastro economico, l’inevitabile panoramica mondiale con il sottaciuto “mal comune mezzo gaudio”, i rapsodici discorsi alla Nazione del rassicurante Premier Conte.
La nostra attenzione si vuole concentrata in una direzione, e sempre nella stessa. Nella tragedia di tante vite spezzate, questo virus, anarchico e democratico, è riuscito a racchiudere il mondo in un pandemizzato Villaggio Globale (citiamo volentieri il profeta McLuhan). La vocazione ecumenica dei virus è cosa nota ma ignoravamo che l’avremmo improvvisamente esperita nella sua inesorabile, tangibile attualità. Una koinè virale in grado di alimentare, lo abbiamo visto e sentito, certi curiosi sussulti patriottici, con l’inno di Mameli cantato dai balconi.
Soltanto, un paio di inattesi diversivi a questa paludosa gòra mediatica.
Il primo, provocato dal programma tardo-domenicale di Massimo Giletti (Non è l’arena, La7) il quale, a ragion veduta, ha puntato l’obiettivo su un gravissimo scandalo giudiziario che avrebbe rischiato, altrimenti, di passare sotto silenzio: la scarcerazione - causa corona virus, distanziamento sociale ecc.. - di ergastolani condannati per crimini di mafia. Un episodio che ha dell’incredibile e che il ministro di Giustizia Bonafede, evidentemente inadeguato al ruolo, non ha impedito. Pasticciando, di contro, a sua discolpa, qualche spiegazione, senza però accennare a dimettersi, come il buon senso in questi casi raccomanderebbe.
Un secondo avvenimento poi, ci ha improvvisamente distolti dai torbidi pensieri virali: la rumorosa liberazione, dopo oltre un anno, di una ragazza – una cooperante internazionale - sequestrata in Africa da una banda di malviventi. La giovane è giunta all’aeroporto di Ciampino, accolta con tanto di ricevimento istituzionale, vestendo la maschera goldoniana della convertita alla fede islamica. Mal gliene incolse! Valanghe di improperi e di minacce da una parte, sollecitazioni protettive e materne dall’altra! Un vespaio, o meglio un gallinaio che ha coinvolto i salotti televisivi, i social network (particolarmente virulenti come al solito), fino agli alati scranni parlamentari, non meno violenti. Si va dicendo che dopo la pandemia nulla sarà come prima. Ma tutto ciò che ci accade intorno quotidianamente suggerisce il contrario: sospettiamo che, quando potremo ricordare l’accaduto, tutto sarà tornato più o meno come prima, a parte qualche profilattica, temporanea formalità prossemica.