Roma - Teatro dei Ginnasi
Sognando i serpésci
Di
Dante Fasciolo
Si esce dalle secche di un giorno qualunque
e si cerca un riscontro a quell’incertezza che ci accompagna
e che ci fa simili a simili uomini sperduti tra sogno e pensiero…
poche scale ed eccoci tuffati nel mezzo del nuovo teatro romano dei Ginnasi:
comode poltrone, ampia la bocca del palco, profondo nel buio.
Si muovono cauti, guardinghi, introversi
i personaggi specchio delle nostre inquietudini
e misurano azione e reazione ad ogni movenza azzardata
passando al setaccio gesto e pensiero, ragione e passione…
ma si, vai !...fai il pesce in barile…
E sono questi i momenti che consumano inumani talenti:
fare i pesci in barile…ignorare le carte e la posta,
indifferenza strisciante, personalità nella buca della rinuncia.
Cambia la fisionomia e deforma l’essenza del corpo
quel volere tacere, quel tacere il volere.
Nel buio muovono scomposte informi presenze
lontane dalle usuali sembianze all’angolo della nostra vita;
e sono presenze inquietanti, stridenti, ispide e viscide,
ibridi figli di quei nostri incontrollati sogni
ora restituiti impietosi dallo specchio del tempo incompiuto.
L’orologio di questo tempo ha bloccato il suo tocco,
il respiro è sospeso alla ricerca di un punto d’appoggio,
l’immagine vive contorni indecisi e contraddittori,
nuotano spazi di ansia e soffi di quiete entità zoomorfe:
“serpesci”, nuova voce nel vocabolario della provvisorietà.
Sul palco s’agita la storia breve dell’uomo di ogni giorno,
a lungo indicato privo di qualità, impegnato a strizzare
camice bianche fragili protezioni di giovani corpi femminili,
o casalinghe inquiete e irrisolte immerse in creazioni
di stridenti composizioni di rumore, ed ancora
abili e sfacciati ed efficientissimi uomini di pubbliche relazioni,
capaci di raggomitolare intricate matasse,
per contro l’ossessione di un contabile di somme improbabili:
ecco tipologie di Serpesci, né serpi né pesci,
sicuramente ascrivibili all’ampia setta dei ser-pesci in barile.
Luci mirate e volti in cornice, una scenografia essenziale,
il palco del teatro si fa palcoscenico di vita corrente,
e non c’è chi non senta la sua esistenza, il corpo stesso,
come il barile che tiene al buio e sottopressa
quel serpésce così somigliante alla nostra anima.