In mostra opere dalla recente produzione dell'autore
Napoli - Spazio Kromìa
Braveries
Kromìa presenta la personale del fotografo Lino Rusciano
La camera di Lino Rusciano è strumento di ingrandimento e ricerca su inaspettate consonanze intrinseche di oggetti e personaggi coi luoghi in cui abitano, inaudita ma poetica lente magnificatrice su verità sociologiche, e al contempo bacchetta da rabdomante capace di captare energie presenti ma misconosciute, accostamenti rivelatori e suggestioni pittoriche.
Punti di vista ravvicinati, prospettive accelerate e arditi voli tecnici pindarici, inversioni dimensionali e ribaltamenti di gerarchie di senso abitudinarie illuminano le scoperte acute ma delicate dell’artista, innescando mai ripetitivi cortocircuiti visivi, di contenuto ed emozionali.
Prodezze ed esibizionismi marini di ragazzi catturati in strada sul lungomare partenopeo divengono nell’obiettivo dell’artista, tra sensibilità psicologica e ricerca antropologica, la scrittura di un micro-mondo sociale sofferto di non inclusione, eppure pregno di energie e speranze. Costruendo un’estetica fuori dal tempo in bianco e nero, tra plasticità scultorea e finezza ritrattistica.
Dal testo critico di Diana Gianquitto (curatore della mostra, con la direzione artistica di Donatella Saccani):
«E così, quasi scultorei bronzi d’altri tempi - tra Arturo Martini e Adolfo Wildt - o misteriosi manichini di Carrà appaiono, nel controluce esasperato che ne rileva come altorilievi la plasticità dal fondo abbacinato, gli scugnizzi catturati dall’artista in bravate marine.
Acrobazie che istantaneamente, come improvvisamente animate da un daimon animico, sfilacciano la sodezza delle pose e del mito della forza anelato dalla loro guasconeria in arabeschi tessuti in cielo da slanci aerei come gabbiani, quasi broderies liberty. O in lievi, eleganti linearismi etruschi di novelli Tuffatori. Tuffi che spiccano voli in una vita anelata come migliore.
E poi, la camera si ravvicina, cerca la psiche. Quella acronica di una fanciullezza ardita e ingenua archetipica, ritrovata nella bicromia di una Napoli senza tempo che, esponendo onde, architetture e muri quasi completamente svuotati di ulteriori riferimenti cronologici, diviene quella degli Alinari.
O addirittura la Neapolis memore dei bronzetti ellenistici, così come dei Pescatori di Gemito. (…) E così, la separatezza del tempo diviene specchio di una purtroppo perdurante separazione sociologica, intesa come non inclusione dei giovani di provenienze difficili. (…) Antropologia di tuffi di riscatto. Raccolti dalle braccia di un’estetica scultorea e idea metafisica della potenza e sorpresa dei voli di giovinezza».
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