Quello delle microplastiche, un problema globale
Plastica in mare
una minaccia per la salute
nota di Michela Castigli per "In Terris"
Il 15-20 per cento delle specie marine che finiscono sulle nostre tavole contengono microplastiche secondo l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) mentre per i ricercatori dell’Università nazionale d’Irlanda che hanno pescato nel mare del Nord i pesci mesopelagici che vivono tra i 200 e i 1.000 metri di profondità, la percentuale salirebbe addirittura al 73 per cento.
Dagli anni Trenta alla prima decade degli anni Duemila, la produzione mondiale di plastica è passata da 1,5 milioni di tonnellate a oltre 280 milioni di tonnellate (con una crescita del 38 per cento negli ultimi 10 anni). La conseguenza è ovvia: più plastica viene utilizzata, più ne viene buttata, direttamente o indirettamente, nei mari: almeno otto milioni di tonnellate l’anno, secondo Greenpeace.
Le microplastiche sono quelle piccole particelle che inquinano i nostri mari e oceani. Si chiamano così perché hanno un diametro compreso in un intervallo di grandezza che va dai 330 micrometri e i 5 millimetri. La loro pericolosità per la salute dell’uomo e dell’ambiente è dimostrata da diversi studi scientifici, i danni più gravi si registrano soprattutto negli habitat marini ed acquatici. Ciò avviene perché la plastica si discioglie impiegandoci diversi anni e fintanto che è in acqua può essere ingerita e accumulata nel corpo e nei tessuti di molti organismi.
In ambiente marino la plastica è presente in moltissime forme: sacchetti, piccole sfere, materiale da imballaggio, rivestimenti da costruzione, recipienti, polistirolo, nastri e attrezzi per la pesca. È stato quantificato, però, che i rifiuti plastici provenienti da terra costituiscono circa l’80 per cento di tutti i detriti plastici che si trovano nell’ambiente.
“Gli impianti di trattamento delle acque sono in grado di intrappolare plastiche e frammenti di varie dimensioni mediante vasche di ossidazione o fanghi di depurazione”, spiega Rosalba Giugni, presidente dell’associazione Marevivo, “tuttavia una larga porzione di microplastiche riesce a superare questo sistema di filtraggio, giungendo in mare” dopo essere stati gettati nei fiumi che sfociano nei mari e negli oceani. Ingerite da pesci e forme di vita marine, finiscono poi sulle nostre tavole.
Secondo alcune stime solo la plastica che galleggia negli oceani si aggira tra i 5 e i 13 milioni di tonnellate. Una quantità enorme che causa non solo un grave inquinamento, ma entra nel ciclo alimentare di pesci e animali acquatici. “Prendere a cuore il problema dei rifiuti che galleggiano negli oceani di tutto il mondo è una delle più grandi sfide ambientali che l’umanità si trova ad affrontare oggi”, ha dichiarato Boyan Slat e non si può che essere d’accordo con lui.
Diverse le soluzioni proposte per risolvere il problema. L’ultima in ordine cronologico e forse la più semplice è certamente Seabin, ovvero una sorta di cestino capace di raccogliere i rifiuti galleggianti in mare. L’idea realizzata due amici, Andrew Turton e Pete Ceglinski, funziona grazie a un separatore che “cattura” i rifiuti e rilascia l’acqua pulita. Installabile in porti e moli, ma anche su piccole barche e yacht, il piccolo bidone cattura spazzatura è capace di funzionare in continuazione ed è dotato di una borsa in fibre naturali che, una volta piena, potrà essere smaltite secondo le norme locali, piuttosto che rilasciate in mare.
Sta facendo parlare molto di sé anche il progetto Ocean Cleanup, ideato dal giovanissimo Boyan Slat, classe 1994. Si tratta di due bracci galleggianti che posti in favore di corrente, riescono ad imbrigliare i rifiuti di plastica e microplastica galleggianti. L’obiettivo è raccogliere nei prossimi anni almeno la metà dell’ormai famosa Great Pacific Garbage, l’isola dei rifiuti galleggianti più grande al mondo.
Anche il nostro Paese è in prima linea nella pulizia dei mari. In particolare con la barca Pelikan, un battello realizzato in alluminio riciclato e dotato di motore elettrico, capace di raccogliere la plastica galleggiante e i residui oleosi. Ideato da Garbage Service, Cial (per l’alluminio), Novamont che ha fornito il Matrol-Bi (olio idraulico e grassi per ingranaggi interamente biodegradabili) e Rostefazienda che si è occupata dei pannelli fotovoltaici, il battello pensato per impattare il meno possibile sull’ambiente marino, è salpato da Ancona per ripulire il Mare Nostrum.