#224 - 4 agosto 2018
AAAAA ATTENZIONE - Amici lettori, questo numero resterŕ  in rete fino alla mezzanotte di venerdi 05 aprile, quando lascerŕ  il posto al numero 349. BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, puň durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni piů importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchč (Mark Twain) "L'istruzione č l'arma piů potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) La salute non č un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchč i servizi sanitari siano accessibili a tutti (Papa Francesco) Il grado di civiltŕ  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensě nella capacitŕ  di assistere, accogliere, curare i piů deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltŕ  di una nazione e di un popolo (Alberto degli Entusiasti) Ogni mattina il mondo č un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminositŕ, vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Racconto

Cappuccino e brioche

Parte seconda e ultima

di Ruggero Scarponi

Intuivo, però, come una tale soluzione non fosse sufficiente a una mente maniacale, impegnata a ricercare il piacere come imperativo morale, capace di giustificare l’intera nostra esistenza.
L’ometto, infatti, sorrise benevolo e rispose:

  • Naturalmente ho provato come dice lei ad assaggiare alternativamente prima uno e poi l’altro, ma ogni volta non sapevo decidermi per timore che la scelta fosse dettata da un’impressione del momento e quindi non fosse oggettivamente la migliore.
  • Ma se lei rinuncia – incalzai – a farsi guidare dalla sua esperienza sensoriale, allora dovrebbe chiedere ad altri e magari scegliere solo dopo aver stilato una sorta di statistica così da avere una base ragionevolmente sicura su cui appoggiarsi.
  • In veritĂ  – rispose scuotendo la testa – la mia è una ricerca piĂą esigente. Persino la statistica è frutto di una suggestione o impressione del momento e quindi non in grado di sciogliere il mio dubbio che riguarda non a quanti piace una certa cosa ma quanto piacere si ricava da una certa cosa.
  • Ha mai pensato, per esempio, – riprese a parlare l’ometto dopo una breve pausa – che l’intera struttura di un pranzo è basata sull’idea di poter gustare nel modo giusto e nella giusta quantitĂ  tutti i cibi cucinati? Secondo una successione in cui ogni sapore predispone al successivo, dall’antipasto al dolce, ne conviene? Si che alla fine si possa dire di aver colto tutto il piacere disponibile e forse assaporando la sensazione di benessere che ne deriva, l’essenza stessa del piacere. Non si spaventi, Signore, se le faccio simili discorsi che possono sembrare di un pazzo, sebbene la mia sia una riflessione del tutto personale, penso contenga elementi universali. Vede, io, sono convinto che gli uomini stiano su questa terra per essere felici. Questo è il dono della creazione, di Dio, il quale ha deciso di estendere alle creature viventi, pur non avendone alcuna necessitĂ , la conoscenza del piacere, che altro non è che l’incarnazione della felicitĂ .
    E anche prendere un cappuccino con una brioche, se inteso come un piccolo frammento della felicità di cui dispone il mondo, esigerebbe un rito, una preparazione che predisponga ad accogliere quella infinitesima parte di Dio che così disinteressatamente e generosamente ci viene offerta. Per farle comprendere meglio il mio pensiero le dirò: lei è cristiano? cattolico intendo.
  • Beh, si- risposi titubante- non proprio praticante, ma si, un po’ come tutti, voglio dire.
  • Ecco, allora saprĂ  bene cos’è l’Eucaristia…
  • la comunione
  • Appunto. La Comunione. Anche se in questo caso il piacere che se ne ottiene, nel riceverla, è di natura esclusivamente spirituale, sebbene non manchino coloro che affermino sia anche di natura materiale, ci troviamo di fronte a una precisa strategia salvifica che si sviluppa per gradi ed è composta da una serie di azioni o di riti che procedono dalla introspezione personale fino alla confessione in modo che venga raggiunto lo stato di grazia che è il solo in grado di predisporci al godimento di tutti i doni e i benefici spirituali connessi con l’’Eucaristia.
  • Francamente – risposi - mi sembra che il suo paragone sia un po’ azzardato e artificioso, nondimeno credo di capire cosa intende dire. Io però, non metterei accanto al “piacere” dell’eucaristia, il piacere per un cappuccino con brioche, mi sembra fuori luogo e anche un po’ blasfemo se mi permette.
  • Ah! Certo, certo,- si affrettò a ribattere - se il paragone l’offende, non c’è problema, ne posso fare tanti altri. Potrei parlare dell’amore per esempio, dell’amore per una donna, voglio dire.
    Lei avrà avuto le sue esperienze immagino e sa bene come siano esigenti certe signore in proposito. E anche noi uomini, potrei dire. Immagini ad esempio di mettere al confronto un atto sessuale, consumato come pura esigenza fisiologica con una calda passione, emotivamente condivisa. Eh! Che ne dice? Tutt’altra cosa, non crede? Mi viene in mente, ad esempio, che alle volte, si parla a sproposito dei cosiddetti preliminari. Come fossero una tecnica, la risposta a una noiosa esigenza della sensibilità femminile. Ma se ci pensa bene cos’altro sono i preliminari amorosi, se non un grado preparatorio di un rito misterico officiato da uomo e donna e inteso al raggiungimento della pienezza del piacere attraverso l’amore carnale? Mi segue?
  • Penso di sì - risposi incerto
  • meno male. Ma il punto che piĂą mi preme è un altro.
  • E cioè?
  • Il punto è: la responsabilitĂ . La responsabilitĂ  riguardo al piacere e di conseguenza alla felicitĂ  e in ultima analisi al tempo che ci è dato di vivere.
    L’ometto aveva preso una direzione che non mi convinceva e a cui avrei fatto volentieri molte obiezioni ma continuai ad ascoltarlo con interesse.
  • Ora cercherò di concludere,- disse - perchĂ© immagino che lei dovrĂ  andare al lavoro, se giĂ  non sta facendo tardi.
  • veramente… – mi schermii – ma…vada avanti, ci tengo a sentire la conclusione del suo ragionamento – dissi.
  • Immagini – continuò – che all’inizio di un viaggio uno sconosciuto regali a due diversi soggetti una manciata di pietre preziose da utilizzare lungo la strada per le varie necessitĂ .
    Uno, decide di conservarle, mettendole al sicuro in un cofanetto, per estrarne di tanto in tanto un pezzo e acquistare il meglio che si possa trovare lungo il cammino. A costui il viaggio risulterà leggero e pieno di gradevoli opportunità. L’altro soggetto, al contrario, appena ricevuti i preziosi, li relega con indifferenza nelle tasche dei pantaloni senza avvedersi che essendo bucate finirà per disperderli lungo la strada e cosa peggiore senza neanche avere avuto la coscienza di un simile tesoro. Così, amico mio io intendo la responsabilità del piacere, in tutte le cose della vita. E’ come avere a disposizione una fortuna, di cui sei responsabile. Se sai come usarla ne godrai fino in fondo, se invece non ne hai riguardo, la strada ti sembrerà lunga, insignificante e tediosa.
    Ha capito?
  • Non ne sono sicuro – risposi sconcertato – e mi piacerebbe restare a dibattere con lei, ma ora, purtroppo, si sta facendo tardi e dovrei proprio, andare, davvero.
  • Ci mancherebbe! - replicò quello - E mi scusi se l’ho annoiata! Arrivederci e qualche volta se le capita, torni da queste parti che le offro un caffè.
    Così terminammo quella curiosa discussione e io me ne andai con l’intima convinzione che l’ometto nel suo tentativo di dare un senso all’esistenza avesse un po’ ingenuamente confuso il piacere con la felicità e la felicità con l’infinito. Tuttavia quelle sue analisi avevano un indubbio pregio, quello di affrontare problemi esistenziali e morali senza pregiudizi e questo lo giudicai positivamente.
    Qualche tempo dopo, trovandomi in zona per un giro di cortesia tra i miei clienti mi capitò di sostare nella caffetteria per prendere un caffè. Purtroppo era di pomeriggio e così non incontrai il simpatico ometto che di solito veniva solo al mattino per la colazione.
    Però ne chiesi notizie al barista che mi confidò:
  • Credo sinceramente che quel signore vada un po’ meglio – disse in tono confidenziale – adesso almeno quando viene la mattina ordina una cosa sola alla volta, una mattina il cappuccino e una mattina la brioche e così può consumare tutto senza problemi. Mi creda signore un tipo così è la prova vivente della stranezza della gente e io lo dico da una vita che: ognuno c’ha la sua!
    Questa conclusione, da parte del barista, mi sembrò un po’ ingenerosa e priva di sensibilità, incapace, infine, di cogliere i tormenti della varia umanità che ogni giorno popolava, assidua, il locale. Pure, riflettei, che a guardare le cose dall’altra parte, dietro il bancone intendo, erano soprattutto le stravaganze, le anomalie a risultare evidenti, rendendo l’intera massa degli uomini incomprensibili e petulanti con le loro infinite manie.
  • sa in quanti modi mi chiedono il caffè – continuò il barista accennando con un gesto della testa ai vari clienti presenti al momento.
  • No – risposi genuinamente sorpreso.
  • In ben venticinque modi. E solo per una tazzina di caffè. Un giorno se ha tempo da perdere glieli elenco tutti, ammesso che nel frattempo non siano aumentati.
  • Bè – risposi sornione – se come dice lei: ognuno c’ha la sua?
    E a pensarci bene conclusi tra me, tutto questo è solo nella speranza di ottenere il maggior piacere possibile da una semplice tazzina di caffè. Come se per un istante anche se infinitesimo quel piccolo piacere goduto fino in fondo, potesse regalarci un pezzetto d’infinito e senza mancare di rispetto, di Dio. Geniale!
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