Fara Sabina - Convento delle Clarisse Eremite
Il Museo del silenzio
Il senso della preghiera e della vita attraverso gli antichi oggetti
La complessità della vita spirituale si confronta con l'estrema semplicità di vita materiale della comunità monastica. La scelta di un tema "forte" ma decisamente astratto quale il "silenzio", che connotava la quotidianità delle monache e ne scandiva ogni gesto, ha condotto i progettisti (gli arch. Sveva Di Martino e Mao Benedetti) ad elaborare un progetto di musealizzazione innovativo nel linguaggio e nella struttura.
Il museo è collocato in una sala di forma rettangolare regolare di circa 60 mq. che era parte dell'antica chiesa di Santa Maria in Castello inglobata nell'edificio monacale seicentesco.
Alla sala si accede dall'esterno del monastero, attraverso una ripida stradina, in un ambiente completamente buio dove le teche degli oggetti si illuminano a piccoli gruppi secondo uno schema definito. Sono stati scelti alcuni temi significativi nella vita quotidiana delle monache: la preghiera, il silenzio, la cucina, la farmacia, la disciplina ecc.. (progetto scientifico di Maria Luisa Agneni).
I temi sono accompagnanti da una serie di proiezioni sulle volte della sala che sottolineano la funzione degli oggetti. Le proiezioni sono gestite da un sistema informatizzato che consente la visione randomizzata delle sequenze.
Il Museo è allestito all'interno del Monastero delle Clarisse Eremite di Fara in Sabina, raccontandone in modo originale ed emotivamente molto toccante vicende e peculiarità che riportiamo brevemente qui di seguito:
Sr.Francesca Farnese In vita realizzò quattro monasteri, a Farnese, Albano, Palestrina e a Roma, ma desiderava fondarne un altro a Fara in Sabina che fosse centro di vita spirituale più perfetto: il monastero del Sacro Costato, più caro al cuore di Gesù perché più staccato dal mondo ed immerso nella meditazione.
Dunque nel 1678-1679 il castello di Fara, ultimo proprietario del quale fu il Card. Barberini, che vi risiedette in qualità di abate commendatario della vicina abbazia di Farfa, venne lasciato alle monache. Ovviamente vi furono apportate le opportune modifiche, per andare incontro alle esigenze di questa congregazione monastica.
Questo il contenuto delle Costituzioni del monastero di Fara , chiamato ''Monastero della solitudine di Santa Maria della Provvidenza soccorrente di solitarie scalze di S.Chiara'' , sintetizzato in quattro punti:
- non è permesso di tenere "zitelle" da educare, per questo il Card. Barberini, con generosità , le provvide di che vivere (alle suore infatti lasciò i suoi beni, compreso il castello con tutti i suoi arredi mobili, i quadri, le stoviglie, le suppellettili...);
- una volta professata la Regola non è permesso accedere al parlatorio nemmeno per la visita dei parenti più stretti;
- non si scrive a nessuno, nemmeno ai genitori;
-quando alla Superiora giungono notizie liete o tristi dalle famiglie, non le comunica all'interessata.
Ecco come si esprimono le Costituzioni al cap.I, n.13:
"Et acciochè nell'avventurate Solitarie sia sempre abolita l'inquieta memoria del Secolo temuta tanto da gli antichi Padri dell'Eremo, e da tutte le vere Spose del figliol di Dio, perché l'humane rimembranze facilmente oscurano l'intera vista e la luce dello spirito, macchiano la purità della mente e svegliano i movimenti naturali di vana, inutile e inquieta allegrezza, o mestizia, secondo la qualità delle novelle, o buone, o ree, ch'elle siano, si ordina a tutti li nominati nel numero antecedente, che né meno diano parte ad esse Solitarie della morte, infermità o altra disgrazia, felicità , o bisogno de' parenti, amici, o altri qualsiasi, fuorché i Superiori; ma semplicemente senza esprimere in particolare ne' la persona, ne' il bisogno, dicano queste sole, e precise parole: si raccomanda un bisogno alle loro orationi, per il quale si prega, che applichino una Comunione, disciplina, e più, o meno, conforme sia più, o meno grave il bisogno".
In questo monastero la comunità era divisa in due famiglie religiose, quella delle Marte e quella delle Marie facenti capo ad un'unica Superiora scelta tra le Marie.
Perché siano eliminati anche indiretti contatti e richiami del mondo e dei suoi splendori, alle monache era proibito 'perpetuamente' fare i dolci per qualsiasi persona. Non potevano fare ricami in oro, argento o in seta; si faceva eccezione solo per le tovaglie dell'altare.
Nell'orto vi erano delle piccole cappelle ove le Eremite, in tempo di esercizi spirituali ed in altre circostanze, col permesso della Superiora, potevano ritirarsi per passare l'intera giornata in digiuno e completa solitudine.
Nelle piccole e povere stanze delle monache dovevano esserci stampe ed immagini di santi eremiti. La vita praticata dai Santi del deserto era un po' il loro ideale cui sacrificavano tutto il resto.
Sono molti gli oggetti presenti nel Museo del silenzio che testimoniano la vita delle eremite di Fara Sabina; emblematica la loro cucina medievale.
Principali caratteristiche, i diversi tipi di forni e di fuochi per le varie cotture, le pietre scolpite dei piani, dei lavelli, in maniera da creare drenaggi o contenimento. Le suore eremite conservano con cura ed amore la loro cucina nella sua integra bellezza.