Televisione
croce e delizia
Zapping
Frammenti semiseri di cronaca televisiva
di Luigi Capano
Ogni giorno il mondo delle immagini ci viene incontro ammantato con i colori torpidi e seduttivi del sogno (o del sonno profondo), dell’avventura (senza rischio) oltre che della confusa attualità (spesso apparente e sempre comodamente offerta ad un palmo dal nostro naso), così realisticamente dinamizzato dai potenti mezzi illusionistici del piccolo e del grande schermo.
E pur nella sempre più sofisticata tecnologia che lo supporta, questo mondo caleidoscopico e iridescente conserva ancora – ci sembra di avvertirlo - il sapore arcaico del magismo e della sapienza teurgica da cui si favoleggia abbia tratto origine.
L’abitudine, si sa, non è amica della meraviglia. E ci fa perfino sembrar corriva normalità l’annullarsi, davanti ai nostri occhi, di ogni distanza spaziale o temporale che sia, il vedere i vivi accompagnarsi sbadatamente ai morti, a braccetto…come se nulla fosse.
Però, di tanto in tanto, le Parche fanno capolino dall’Ade ove dimorano ab ovo ed il vischioso torpore della consuetudine viene scosso da un accadimento repentino, imprevedibile, non di rado irreversibile, come quando ci imbattiamo, nostro malgrado, nell’esperienza cruciale e revulsiva della morte.
Come quando qualcuno la cui prossimità per mille motivi ci è stata familiare, improvvisamente scompare dalla calda scena della vita lasciandoci un interminabile refolo di silenzio, un brivido di ghiaccio, una vertigine senza sponde.
Considerazioni di questo tenore ci hanno sorpreso più di una volta in questi ultimi mesi mentre - lo sguardo svogliatamente fisso sul rettangolo mercuriale del piccolo schermo - un anonimo notiziario ci comunicava la morte di un personaggio “pubblico” più o meno noto che, a sua insaputa e accidentalmente, ha incrociato almeno per una volta la parabola “in fieri” della nostra anonima vita.
Ci piace qui menzionare tutti quei nomi che riusciamo a ritrovare scavando nel ricordo recente: Fabrizio Frizzi, Pippo Caruso, Luigi De Filippo, Isabella Biagini, Anna Maria Ferrero, Vittorio Taviani, Ermanno Olmi, Paolo Ferrari.
Di costoro restano oggi tuttavia le immagini, le voci, i gesti eternamente riverberati, come nel gioco antico di una scatola catottrica, dalle mobili quinte dell’affollato teatro del mondo, grazie alle arti “magiche” di una tecnologia prodigiosa sempre in bilico tra la scienza e la pietas.
Per una curiosa associazione di pensieri ci torna alla mente una nostra vecchia lettura che ricordiamo surreale e spiazzante, “L’invenzione di Morel” di Adolfo Bioy Casares, lo scrittore argentino amico e sodale di Jorge Luis Borges, il grande visionario.