Da una nota di "Remocontro - La virtù del dubbio"
Biodiversità
Mondo in pericolo. Italia senza risorse.
Biodiversità a rischio, animali e piante in via di estinzione.
Di Alessandro Fioroni
Nel 1992 fu stipulata la Convenzione sulla diversità biologica, 200mila aree del pianeta furono considerate protette e cioè libere da qualsiasi attività umana che ne potesse alterare l’equilibrio.
A distanza di anni però l’obiettivo non è stato raggiunto e, al contrario, molte di quelle aree sono considerate in pericolo.
Quella che viene definita pressione antropica, l’intervento dell’uomo, sta al contrario determinando danni ingentissimi.
Estrazione mineraria, disboscamento, agricoltura, sono le attività maggiormente impattanti sulle aree protette.
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Il punto sulla situazione è stato fatto il 22 maggio scorso, in occasione dell’annuale Giornata mondiale della biodiversità. In quella data il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres ha dichiarato che il «benessere e la prosperità delle persone, oggi e in futuro, dipendono dalla presenza di una ricca varietà di vita sulla terra».
Un invito alle 196 nazioni che hanno promesso di proteggere il patrimonio mondiale della natura ma che negli ultimi anni non stanno rispettando l’accordo che prevedeva “la conservazione della biodiversità, l’uso sostenibile delle sue componenti e la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche”.
Lo studio di Science
Quella che viene definita pressione antropica, l’intervento dell’uomo, sta al contrario determinando danni ingentissimi.
Estrazione mineraria, disboscamento, agricoltura, sono le attività maggiormente impattanti sulle aree protette. La rivista Science ha pubblicato uno studio nel quale viene calcolato che l’uomo sta tradendo l’accordo in almeno 6 milioni di chilometri quadrati dei paradisi della biodiversità.
L’impronta ecologica umana, anche se pesa sulle aree protette per la metà rispetto al territorio non vincolato, sta avendo effetti importanti soprattutto nelle aree più densamente popolate di Europa occidentale, Asia meridionale, Africa.
Uno scienziato dell’Università del Queensland in Australia, James Watson, ha mostrato quello che sta succedendo secondo otto parametri, come presenza di strade, agricoltura intensiva, illuminazione stradale, rete elettrica.
Il risultato è sconfortante: solo il 10% delle aree prese in considerazione è risultato libero dall’azione dell’uomo, si salvano solo alcune aree che si trovano in territorio difficilmente raggiungibili in Russia e Canada. Con questo ritmo di sfruttamento delle risorse naturali il 30% delle specie si estinguerà nei prossimi 50 anni.
Estinzione di massa
Il pericolo di un’estinzione di massa è quello che maggiormente si sta cercando di scongiurare, e a provocarlo è proprio la distruzione della biodiversità. Le attività di caccia e pesca, inquinamento, distruzione degli habitat naturali, diffusione di specie invasive non avevano mai raggiunto un tale livello come quello attuale.
Dal 1500 a oggi, la terra ha perso 765 specie, di cui 79 mammiferi, 145 uccelli e 36 anfibi
Ma l’allarme non suona solo per animali e piante, il declino della biodiversità porta con se altri grandi problemi. Eliminare la differenza biologica nelle varie aree del pianeta infatti, provoca anche rischi alla sicurezza idrica, alimentare e sanitaria che possono a loro volta determinare risultati catastrofici per l’esistenza umana.
Italia senza risorse
Anche l’Italia non è immune dai pericoli che si stanno profilando nel prossimo futuro. Il 24 maggio si è calcolato che il nostro paese ha esaurito le risorse naturali a disposizione. Praticamente si consumerà più di quello che il nostro territorio mette a disposizione. Lo sfruttamento intensivo prevedibilmente si intensificherà e se non si corre ai ripari gli effetti non tarderanno a manifestarsi.
Al momento, secondo gli studi dell’Ispra (Istituto per la Protezione e Ricerca Ambientale), l’Italia ha perso 6 delle 672 specie di vertebrati censite. 3 sono uccelli, 2 pesci e un mammifero mentre altre 161 sono a rischio scomparsa.
Ad incidere sull’estinzione è soprattutto la diffusione incontrollata di specie aliene.
Solo nel Mar Mediterraneo il loro numero è più che raddoppiato tra il 1970 e il 2015, 150 nuove specie registrate negli ultimi 15 anni, con drammatiche previsioni per i prossimi anni.