Zapping
Frammenti semiseri di cronaca televisiva
di Luigi Capano
Ne sutor ultra crepidam. Al termine della messa domenicale trasmessa, come di consueto, da RAI1, la profonda voce impostata della cronista di turno accompagna il deflusso dei fedeli con parole d’intonazione didascalica: “Dicevano gli antichi Nomen Omen” e, dopo una breve, studiata pausa “La parola è l’uomo (sic)”, traduce prontamente con inconsapevole maccheronismo.
Invitiamo l’edificante giornalista a scambiare un amorevole segno di pace con la lingua latina che, come Lazzaro di Betania, un giorno ci piacerebbe veder rinascere a nuova vita. La struttura logica, cristallina di quella sintassi organata come un raffinato congegno, il piacere intellettuale di accostarsi con etimo virtuoso, al mistero delle parole… Nel salotto vernacolare di Paolo Del Debbio, su Rete4, l’immancabile Alessandro Cecchi Paone, ancora una volta visibilmente alterato, difende a spada tratta con toni apodittici e decisamente sopra le righe, contro i totalitarismi, l’ideologia cristiano-liberale di cui si professa convinto seguace...”Il cristianesimo e il liberalismo non hanno mai ucciso nessun” afferma con la fede inconcussa dell’adepto. Non sappiamo se sia vero, né ci importa saperlo. Solo registriamo una certa valenza tirannica ovvero “vampirica” della parola, che sia essa “Nazismo” o “Liberalismo, “Cristianesimo” o “Fascismo”: termini di cui spesso non possediamo realmente il significato e che, forse, proprio per questo, si impadroniscono delle nostre forze più intime facendo di noi dei ciechi antagonisti o degli altrettanto ciechi sostenitori.
Saltabeccando da un canale all’altro ci accorgiamo – ma è veramente impossibile non accorgersene - che è iniziata a spron battuto la campagna elettorale. A marzo si vota! E vai con la solita questua, con le promesse, i sorrisi, gli ammiccamenti, l’eloquio imbonitore o astutamente polemico! Lunghi primi piani dei candidati su prosceni illuminati a festa o al contrario foschi ma provvisti di abili luci orientate a dare risalto allo spazio scenico. Ci balza d’acchito alla mente Il Rosso e il Nero e un breve passaggio del romanzo in cui Stendhal si sofferma, con la profonda leggerezza di cui spesso è capace, sulla tirannia dell’opinione. E ci sovviene – il gioco delle analogie è davvero imprevedibile - un lontano ricordo dei nostri vent’anni: il celebre Rosse Buurt di Amsterdam con le sue vetrine scintillanti, i grandi sorrisi ammiccanti, le astute promesse di un illusorio istante di piacere.