#206 - 18 novembre 2017
AAAAAATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrà in rete fino alla mezzanotte di martedi 31 dicembre quando lascerà il posto al n° 359 - mercoledi 1° dicembre 2025 - CORDIALI AUGURI DI BUON ANNO e BUONA LETTURA - ORA PER TUTTI un po' di HUMOUR - E' da ubriachi che si affrontano le migliori conversazioni - Una mente come la tua à affascinante per il mio lavoro - sei psicologo? - No architetto, mi affascinano gli spazi vuoti. - Il mio carrozziere ha detto che fate bene ad usare WathsApp mentre guidate - Recenti studi hanno dimostrato che le donne che ingrassano vivono più a lungo degli uomini che glielo fanno notare - al principio era il nulla...poi qualcosa è andato storto - una volta ero gentile con tutti, poi sono guarito.
Iniziative

Dagli incontri promossi dalla Fondazione Nigrizia al Centro Missionari Comboniani

Verona - Vicolo Pozzo 1

Cooperazione armata

Il commercio delle armi

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Mentre il governo italiano pensa a come arginare l’immigrazione spostando i confini delle proprie frontiere all’interno dell’Africa, in modo da fermare chi intende partire già prima che arrivi in prossimità delle coste d’oltre Mediterraneo; il disegno di legge di Bilancio 2018 mostra un incremento annuo del 3,7% (circa 700 milioni) del budget destinato al ministero della Difesa, che passa dai 20,3 miliardi del 2017 ai quasi 21 miliardi del 2018. Un incremento non da poco, se si considera che la voce di spesa prevede un aumento del 10% dei fondi ministeriali destinati all’acquisto di nuovi armamenti (2,3 miliardi) e dei costi previsti per la loro manutenzione (1,7 miliardi).

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Ma l’Italia non arma solo sé stessa. In barba a quel che afferma l’articolo 11 della nostra Costituzione, che ci ricorda che «L’Italia ripudia la guerra, come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali», e alla legge 185 del 1990, che prevede il «divieto di esportazione di armamenti verso paesi in stato di conflitto armato», continua a crescere il numero delle autorizzazioni rilasciate per la vendita in tutto il mondo (ben 82 Paesi ad oggi) di armamenti e sistemi d’arma italiani.

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Una realtà che non preoccupa il governo che, ricorda Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il Disarmo, «dovrebbe esercitare il ruolo del controllore al fine di rilasciare autorizzazioni in linea con le indicazioni della legge i principi della Legge 185/90, non di sponsor dell'industria militare». Ma i numeri di uno stato troppo interessato alle vendite e meno ai controlli ci dicono che l’Italia è terza per numero di Paesi di destinazione delle vendite, dopo Usa e Francia, e che nel 2016 le esportazioni italiane di sistemi militari hanno superato i 14,6 miliardi di euro, con un aumento dell'85,7% rispetto ai 7,9 miliardi del 2015.

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In testa agli 82 paesi destinatari di armi italiane c’è il Kuwait, seguito da Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Arabia Saudita, Usa, Qatar, Norvegia e Turchia.
Il valore delle autorizzazioni all’esportazione solo per il 36,9% riguarda i paesi dell’Unione europea e della Nato (5,4 miliardi) la gran parte, cioè il 63,1%, è diretta a nazioni extra Ue e Nato (9,2 miliardi). In particolare, troviamo al primo posto i paesi dell’Africa Settentrionale e del Medio Oriente che con oltre 8,6 miliardi euro ricoprono da soli più del 58,8% delle autorizzazioni.
Prima armiamo i regimi poi cacciamo chi da quei regimi fugge.

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