#200 - 9 settembre 2017
AAAAAATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrŕ in rete fino alla mezzanotte di martedi 31 dicembre quando lascerŕ il posto al n° 359 - mercoledi 1° dicembre 2025 - CORDIALI AUGURI DI BUON ANNO e BUONA LETTURA - ORA PER TUTTI un po' di HUMOUR - E' da ubriachi che si affrontano le migliori conversazioni - Una mente come la tua ŕ affascinante per il mio lavoro - sei psicologo? - No architetto, mi affascinano gli spazi vuoti. - Il mio carrozziere ha detto che fate bene ad usare WathsApp mentre guidate - Recenti studi hanno dimostrato che le donne che ingrassano vivono piů a lungo degli uomini che glielo fanno notare - al principio era il nulla...poi qualcosa č andato storto - una volta ero gentile con tutti, poi sono guarito.
Racconto

Paroleparole

parte seconda

di Ruggero Scarponi

  • Fu un bel salto, due settori diametralmente opposti.
  • Comunque mi avviai subito bene. Mi fu assegnato un portafoglio clienti e una zona molto ricettiva. Dopo un breve periodo, cosiddetto di “apprendistato”, cominciai subito a lavorare e con sorpresa mi trovai a guadagnare molto piĂą di prima.
  • Era caduto bene, insomma. Evidentemente aveva trovato la sua giusta collocazione.
  • Per la veritĂ  non è che fossi particolarmente versato nella vendita, ma il mercato era favorevole e il nostro marchio talmente apprezzato che non dovevo faticare molto a rinnovare gli ordini.
  • Ma mi dica, lei, come agente, lavorava in proprio o dipendeva da un dirigente superiore.
  • Dipendevo, naturalmente. C’era un capo area cui facevo riferimento.
  • E con questo signore andava d’accordo come con il suo direttore amministrativo?
  • Non allo stesso modo, se posso dire. Anzi, proprio qui sta il punto, il motivo principale che mi ha indotto a narrarle questa storia.
  • Finalmente! mi stavo chiedendo, infatti, dove fosse l’inciampo che le aveva procurato un conflitto tale da farle abbandonare un’azienda dalla quale traeva guadagni e soddisfazioni varie.
  • Soddisfazioni, è vero, tanto che prima di licenziarmi ho lasciato passare sei mesi.
  • Sei mesi non sono poi tanti per una decisione di tale gravitĂ .
  • Ha ragione, di per sĂ© sarebbe un periodo breve, quasi il minimo indispensabile per un giusto rendiconto.
  • E quindi?
  • Niente, sul lavoro niente da dire. Ma sul mio dirigente, il Capo-Area, cominciai a nutrire molte riserve.
  • Che tipo era?
  • Difficile dirlo. Io non l’ho mai visto.
  • E quindi come nacquero o da cosa, i contrasti?
  • Il Dottor Berni, mi chiamava al telefono tutti i giorni, anche due volte al giorno, per seguire la mia attivitĂ .
  • Era molto scrupoloso; l’assillava? Magari era uno di quei tipi nevrotici che pretendono dagli altri lo stesso impegno che mettono essi stessi?
  • Si, forse, era anche questo. Ma in quanto a impegno non ero uno che si tirava indietro. No, direi piuttosto che il problema fosse di comunicazione.
  • In che senso?
  • Non è facile da spiegare. Il disagio non nasceva da qualcosa di preciso, piuttosto da una sensazione.
  • Si sentiva manipolato?
  • Manipolato? Non so se è la definizione esatta. Piuttosto mi sentivo svuotato, per un verso e saturo per un altro.
  • Un po’ di stress, allora. Forse non tanto grave, forse ha dato alla cosa piĂą importanza di quanto doveva, fino a farsene un alibi, per nascondere qualche disagio ben piĂą grave.
  • E’ possibile, è possibile. Tuttavia credo di non essermi spiegato adeguatamente. E a questo punto sarebbe giusto dirle le cose in maniera chiara. Di quanto lei ha detto non mi sento di controbattere nulla. Vista la cosa “da fuori” sarĂ  senz’altro come ha detto lei. Eppure, quello che mi faceva soffrire piĂą di tutto e che davvero mi procurava un forte disagio erano: le parole.
  • Scusi?
  • Le parole, si, ha capito bene.
  • Il suo capo la minacciava? La insultava? che male potevano farle le parole? quando non fossero infamanti e ingiuriose.
  • E’ quello che dicono tutti. Ma non è così. In questa maniera si sottovaluta la forza fisica delle parole.
  • Mi scusi, sa. Io cerco di ascoltarla con il massimo dell’attenzione, ma ora fatico davvero a starle dietro. Lei parla di forza fisica delle parole, quasi fossero oggetti…magari delle pietre.
  • Lei si meraviglia, ma non dovrebbe. Vedo, per esempio, che porta la fede all’anulare, il che mi fa supporre che sia sposato, giusto?
  • Perbacco!
  • E quando si è sposato, cosa avvenne?
  • In che senso, scusi?
  • Intendo, il rito, come si concluse? Non proclamò il prete (o il sindaco) “vi dichiaro marito e moglie”?
  • Si, e con questo?
  • Ecco ci pensi un attimo. Sono state sufficienti quattro parole per cambiare la vita, a lei, alla sua consorte e alle rispettive famiglie. E con una forza che nessuna convivenza di fatto avrebbe potuto, perchĂ© mancante proprio di quei particolari effetti sonori, le parole, cui diamo per convenzione dei significati da tutti riconosciuti. Non trova straordinario tutto questo?
  • Bè, non saprei, per la veritĂ  è tutto così naturale che non riesco a vederla dal suo punto di vista.
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