#109 - 27 ottobre 2014
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero resterà  in rete fino alla mezzanotte di mercoledi 30 aprile quando lascerà il posto al n° 363 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi un po' di SATIRA - Nasciamo nudi, umidicci ed affamati. Poi le cose peggiorano - Chi non s ridere non è una persona seria (P. Caruso) - l'amore è la risposta ma mentre aspettate la risposta, il sesso può suggerire delle ottime domande (W. Allen) - Ci sono persone che si sposano per un colpo di fulmine ed altre che rimangono single per un colpo di genio - Un giorno senza una risata è un giorno sprecato C. Chaplin) - "Il tempo aggiusta ogni cosa" Si sbrigasse non sono mica immortale! (F. Collettini) - Non muoverti, voglio dimenticarti proprio come sei (H. Youngman) - La differenza tra genialità  e stupidità è che la genialità  ha i suoi limiti (A. Einstein). -
Editoriale

I nostri morti

di Dante Fasciolo

Questo numero del giornale ingloba due festività,
le commemorazioni dei santi e dei martiri e quella dei morti.

Siamo ad un passo dall’alba dell’anno mille
quando si incomincia a celebrare sistematicamente la festa dei morti,
un prolungamento immediato della festa dei santi e dei martiri
che in modo variegato è già presente da secoli:
due ricorrenze contigue per ricordarci
che ognuno di noi può aspirare alla santità.

Senza condizioni? Eh no! Occorre capire.
Spesso a ciascuno di noi capita di perdere un parente,
un amico, un conoscente, qualcuno di cui si ha memoria.
Ma la memoria viene meno se ci riferiamo alla realtà
di milioni di uomini che muoiono ogni giorno nel mondo.
Ignoriamo i loro nomi, è vero, e ignoriamo i loro volti,
ma possiamo dire di ignorare la loro presenza?
e la loro condizione umana?

Morire è l’ultima azione terrena dell’uomo,
e suggella la parabola dell’esistenza individuale.
Chi muore scompare fisicamente, ma restano intatte
tutte le relazioni con gli altri uomini prodotte in vita,
e che continueranno a produrre effetti.

In fondo a questo mio scritto
troverete una fotografia che ha fato il giro del mondo:
medici giapponesi si inchinano
di fronte alla morte di un bambino che non hanno potuto salvare:
un gesto di deferenza alla salma, ma ancor più
un gesto di assunzione di responsabilità.

Ecco la condizione: capire la responsabilità che ci tocca
verso i morti di tutto mondo, che sono nostri morti
perché ciascuno di loro in vita ha contribuito a creare
quell’intreccio sano e guasto, umano e disumano,
con amore o con odio, in pace e in violenza,
vicino e lontano da ciascuno di noi
ma indissolubilmente legato alla nostra personale esistenza.

Rispetto, dunque, di fronte alla morte,
ma consapevolezza e responsabilità di fronte ai morti
perché nessuno possa più dire onoro e prego i miei morti,
perché anche i morti per la nostra negligenza, la nostra ignavia,
la nostra cupidigia, il nostro egoismo,
la nostra indifferenza,
ebbene si! sono i nostri morti.

I nostri morti

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