22 febbraio - Giornata Mondiale dell'Acqua
Il futuro dell'acqua
il nostro futuro
Di Rocco Chiriaco
Presidente del Movimento Azzurro
La questione “acqua” può essere annoverata tra i problemi epocali del nostro tempo per le implicazioni correlate alla vita dell’uomo e le problematiche che suscita in ogni parte del mondo. Questo elemento naturale, fondamento ed essenza per ogni forma di vita biologica sul pianeta Terra, la cui tutela tanto appassionò nel suo impegno politico l’on. Merli fondatore del Movimento Azzurro, tanto da far si che il suo nome venisse legato inscindibilmente alla legge di tutela delle acque, promulgata nel 1976. Primo provvedimento organico legislativo per la tutela di un bene naturale collettivo, la legge 10 maggio 1976 n°319, detta Legge Merli, ebbe una portata sociale ed economica così rilevante e rivoluzionaria tale da far definire il suo estensore, in quegli anni di aggressione indiscriminata al patrimonio naturale nel nostro Paese, padre dell’ecologia italiana.
Il Movimento Azzurro, Associazione di Protezione ambientale riconosciuta dallo Stato italiano, ha
iniziato il suo impegno sui temi di tutela dell’acqua ed ha ispirato il suo nome ad essa stessa, in
quanto l’azzurro è il colore della concentrazione di questo elemento naturale che insieme all’aria è
il più presente sulla Terra ed intorno ad essa.
Intanto, per la migliore comprensione del problema “acqua”, bisogna necessariamente considerare
alcuni dati statistici :
• Il 70% della superficie terrestre è coperta dalle acque, di questa solamente il 2,5%
del totale è acqua dolce (circa il 70% delle riserve di acqua dolce si trova nelle calotte
glaciali e gran parte del resto è presente sotto forma di umidità del terreno, oppure si
trova in profonde falde acquifere sotterranee sotto forma di acque freatiche inaccessibili)
mentre il rimanente 97,5% è composto da acqua salata; perciò, delle risorse mondiali di
acqua dolce, l’uomo ne può utilizzare meno dell’1%.
• Le aree di scarsità e di difficoltà idriche sono in crescita, particolarmente nel Nord
Africa e nell'Asia occidentale: si prevede, nei prossimi decenni, che il mondo avrà
bisogno del 17% di acqua in più per la coltivazione dei prodotti agricoli necessari a
sfamare le popolazioni in crescita dei paesi in via di sviluppo e che di conseguenza
l'impiego complessivo delle risorse idriche registrerà un incremento pari al 40%; ciò
significando che si potrebbe dover affrontare delle gravi carenze nella disponibilità di
acqua.
• Le risorse di acqua dolce sono distribuite in maniera estremamente disuguale: le zone
aride e semi aride del pianeta, che costituiscono il 40% della massa terrestre, ricevono
solamente il 2% delle precipitazioni globali.
• L'irrigazione agricola pesa per circa il 70% sui consumi di acqua e fino al 90% nelle
zone aride dei tropici, considerando che i consumi idrici per l'irrigazione sono aumentati
di oltre il 60% a partire dal 1960.
• Al tasso di investimento corrente, l'accesso universale all'acqua potabile non potrà
ragionevolmente essere raggiunto prima del 2050 in Africa, del 2025 in Asia e del 2040
in America Latina e nei Carabi; complessivamente, per queste tre regioni, che ospitano
l'82,5% della popolazione mondiale, l'accesso nel corso degli anni '90 è passato dal 72 al
78% della popolazione totale, laddove gli impianti fognari sono cresciuti dal 42 al 52%.
• Nei paesi in via di sviluppo, fra il 90 e il 95% delle acque di scolo e il 70% delle
scorie industriali vengono scaricate nelle acque, dove inquinano le risorse idriche
disponibili, senza ricevere alcun trattamento.
• Alla fine dell'anno 2000, il 94% circa degli abitanti delle città aveva accesso
all'acqua potabile, mentre questo tasso era solamente del 71% per quel che riguardava gli
abitanti delle campagne. Per gli impianti fognari, invece, la differenza era persino
maggiore, dal momento che risultava coperto l'85% della popolazione urbana, mentre
nelle aree rurali solamente il 36% della popolazione disponeva di impianti fognari
adeguati.
• Nel corso degli anni '90, all'interno dei paesi in via di sviluppo, circa 835 milioni di
persone hanno ottenuto l'accesso a un'acqua potabile di migliore qualità, mentre circa 784
milioni sono stati collegati ad impianti fognari. Con l'aumentare delle migrazioni verso le
aree urbane, però, il numero degli abitanti delle città che non dispongono di un accesso a
fonti di acqua potabile è comunque aumentato di circa 61 milioni.
Ciò porta a considerare, anche in virtù di quanto previsto dalla Conferenza Internazionale sulle
Acque dolci (Bonn, Germania, 2001), che ancora molto bisogna fare per aumentare l’accessibilità
all’acqua e, soprattutto, dimezzare le persone che non dispongono di impianti fognari (entrambi gli
obiettivi vanno raggiunti entro il 2015).
Mentre l'acqua potabile è un bene che in numerose zone viene dato per scontato, in altre essa
costituisce una risorsa preziosa sia a causa della sua scarsità, sia a causa della contaminazione delle
sorgenti idriche.
Circa 1,1 miliardi di persone, vale a dire il 18% della popolazione mondiale, non hanno accesso
all'acqua potabile, mentre più di 2,4 miliardi di persone non dispongono di impianti fognari
adeguati. Nei paesi in via di sviluppo, più di 2,2 milioni di persone, per lo più bambini, muoiono
ogni anno per delle malattie la cui insorgenza è associabile alla mancanza di acqua potabile, a
impianti fognari inadeguati e a un'igiene scadente; potendo contare su un'adeguata disponibilità di
acqua potabile e di fognature, invece, l'incidenza di alcune malattie e dei conseguenti decessi
potrebbe ridursi fino al 75% la percentuale delle persone che soffrono di malattie causate
direttamente o indirettamente dal consumo di acqua o cibo contaminati.
Da un lato, la carenza di acqua potabile è dovuta alla mancanza di investimenti nei sistemi idrici e,
dall'altro, ad una inadeguata attività di manutenzione degli stessi; infatti, circa metà dell'acqua
convogliata nei sistemi di approvvigionamento idrico viene sprecata a causa di perdite, di allacci
illegali e di vandalismi. Senza considerare poi che in alcuni Paesi le persone più facoltose
dispongono di allacciamenti al sistema di distribuzione idrica beneficiando di consistenti
sovvenzioni per i loro consumi di acqua potabile, mentre ciò non accade per le persone più povere
che debbono rivolgersi a costosi rivenditori privati oppure affidarsi a fonti poco sicure.
I problemi legati all'acqua comportano anche importanti implicazioni sociali: spesso nei paesi in via
di sviluppo il compito di trasportare l'acqua compete alle donne, che devono percorrere una
notevole distanza al giorno, trasportando pesanti contenitori d'acqua; inoltre, per la mancanza di
strutture sanitarie, donne e bambine tendono a soffrire maggiormente rispetto agli uomini.
Circa il 70% dell’acqua globalmente disponibile viene utilizzata per l'agricoltura, dove per gli
inefficienti sistemi di irrigazione si perde circa il 60% della risorsa, determinando non solo uno
spreco di acqua ma anche notevoli rischi ambientali e sanitari, fra i quali la perdita di terreni
agricoli produttivi a causa dell'acquitrinizzazione dei suoli e la trasmissibilità di malattie come la
malaria a causa delle acque stagnanti.
In alcune zone del mondo il consumo idrico ha comportato degli impatti ambientali impressionanti:
le falde freatiche vengono consumate più rapidamente di quanto non riescano a ricostituirsi,
riducendo le superfici delle stesse falde che si prosciugano prima di raggiungere il mare.
Nonostante le fonti di acqua dolce sono diventate la causa di conflitti e dispute, poiché
rappresentano un elemento di fondamentale importanza per la sopravvivenza e lo sviluppo, sono
anche motivo di cooperazione fra i popoli che hanno in comune le risorse idriche; le trattative
riguardanti la distribuzione e la gestione delle fonti acquifere sono divenute più frequenti dato che
la domanda di questa preziosa risorsa è aumentata.
La storia dei rapporti tra gli esseri umani e l’acqua e, soprattutto, tra gli esseri umani fra di loro in
relazione all’acqua, è una storia difficile, complessa, tumultuosa, affascinante. Non dimentichiamo,
ad esempio, che nella civiltà giudeo-cristiana, l’acqua è associata al racconto del diluvio universale
che mette fine ad un’umanità che ha demeritato la bontà del suo Dio, e all’idea di purificazione.
E’ una storia di condivisione e di esclusione, di cooperazione e di guerra, di creazione e di
distruzione.
L’acqua è stata da sempre uno dei principali strumenti di regolazione sociale. Nelle realtà rurali,
dove le condizioni di vita sono strettamente legate alla terra, le strutture sociali sono fortemente
contrassegnate dai regimi di proprietà e di distribuzione dell’acqua. Nella maggior parte dei casi,
anche laddove l’acqua è considerata un bene comune, essa è diventata fonte di potere e
disuguaglianza sociale. E’ raro che ci sia uguaglianza rispetto all’acqua. Per questo è tempo che
l’accesso all’acqua sia l’espressione di una società che ha sete e voglia di uguaglianza sul piano dei
diritti umani e sociali.
Troppi oggi sono i fronti di conflitto, nel mondo, legati alla disponibilità della risorsa acqua.
Nel 1989 l’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros-Ghali, allora Ministro degli Esteri
egiziano, osservò, riferendosi ai problemi idrici che “la sicurezza nazionale dell’Egitto è nelle mani
di almeno altri otto paesi africani”. Questa frase chiarisce bene quello che rappresenta l’acqua non
solo come risorsa ambientale ma anche come fattore economico e politico, e quale sia il potere che i
Paesi che si trovano a monte dei fiumi, esercitano sui loro vicini a valle. La minaccia di una guerra
per il controllo dei territori ricchi di petrolio non rappresenta niente di nuovo. Ma negli anni a
venire l’acqua potrebbe accendere più conflitti dell’oro nero. In alcune regioni del mondo, la
scarsità di acqua potrebbe diventare quello che la crisi del petrolio è stata negli anni settanta: una
fonte importante di instabilità economica e politica. Quasi il 40% della popolazione mondiale
dipende da sistemi fluviali comuni a due o più Paesi.
L’India e il Bangladesh disputano sul Gange, il Messico e gli Stati Uniti sul Colorado, La
Repubblica Ceca e l’Ungheria sul Danubio. Un a zona calda emergente è l’Asia centrale, dove
cinque ex repubbliche sovietiche si dividono due importanti fiumi già troppo sfruttati, l’Amu Darja
e il Sir Darja.
Tuttavia, è soprattutto nel Medio Oriente che le dispute sull’Acqua stanno modellando gli scenari
politici ed i futuri economici. Si pensi all’Egitto dove ben 56 milioni di persone dipendono quasi
esclusivamente dalle sorti del Nilo.
Molti Paesi dipendono da corsi d’acqua che vengono da altri Paesi. Più del 40% della popolazione
mondiale vive in bacini idrografici divisi tra diversi Paesi.
Anche nella contrapposizione Israelo-Palestinese, l’acqua gioca un ruolo fondamentale. L’equo
sfruttamento delle fonti comuni tra Israele e i territori di Gaza, secondo la formula di scambio
“acqua contro pace”, trova difficoltà dovute al fatto che i bisogni socio-economici di entrambe le
parti si coniugano con rivendicazioni politico ideologiche difficilmente conciliabili. Da parte
palestinese si avanzano diritti storici di sfruttamento del patrimonio idrico conservato dalle falde
acquifere che nascono in Cisgiordania, comprese quelle che scendono naturalmente in territorio di
Israele, venendo cosi sfruttate in prevalenza da quello stesso Stato. Soltanto quando l’esercizio di
simili diritti verrà ripristinato, si sostiene, potranno essere negoziati accordi di cooperazione per una
gestione coordinata delle risorse. Come nel caso dei territori e delle risorse energetiche l’acqua è
oggetto di conflitti che a volte sfociano in guerre. Il futuro della gestione delle risorse idriche appare
quindi quanto mai complesso e delicato, e allo stesso tempo sottovalutato dai governi e dalle
organizzazioni sovranazionali che non comprendono il potenziale di rischio socio-politico che
deriva da un uso irrazionale e non lungimirante di questa importante risorsa ambientale.
Le implicazioni sociali, politiche, economiche ed ambientali derivanti dall’uso della risorsa acqua
sono, d’altronde, innumerevoli.
L’idropotabile, che presenta prelievi consistenti nei paesi cosiddetti industrializzati o più avanzati.
In Italia i prelievi ammontano a circa 8 miliardi di metri cubi annui e rappresentano il fabbisogno
lordo delle reti acquedottistiche. Negli ultimi decenni si è verificato un aumento significativo dei
prelievi di oltre il 35%. Nel mondo ci sono circa un miliardo e mezzo di persone che non possono
fare affidamento su di una fornitura costante di acqua potabile. Inoltre ci sono 2,4 miliardi di
persone, un terzo della popolazione mondiale, che non hanno a disposizione degli impianti fognari
adeguati. Più 2.2 milioni di queste persone, in gran parte bambini, che vivono nei paesi in via di
sviluppo, muoiono ogni anno a causa di malattie derivanti dalle precarie condizioni igienico
sanitarie.
L’energia, l’industria, L’Agricoltura che, come abbiamo già visto, utilizza circa il 70% della risorsa
idrica disponibile, (come media mondiale, essendoci picchi di impiego dell’80 e del 90% in Africa
ed in Asia) per fini agricoli ed alimentari.
Gli effetti antropici, attraverso l’azione dell’uomo sul territorio, conseguente ai fattori di sviluppo
economico e di espansione insediativi, non determina soltanto il tipo di paesaggio ma influenza
anche le aree interessate dal deflusso delle acque. La costruzione di dighe per realizzare invasi.
L’innalzamento degli argini, le opere destinate a trattenere le piene, la progressiva occupazione
degli alvei dei corsi d’acqua non solo con coltivazioni ma anche con infrastrutture stradali e
insediamenti urbani ed industriali, hanno pesantemente modificato i processi di deflusso
superficiale, con conseguenze spesso rovinose.
A questo si aggiunge il continuo processo di inquinamento delle acque sia superficiali che profonde.
Risorse e fabbisogno
Una evidente tendenza di aumento dello squilibrio tra la disponibilità delle risorse idriche e il
fabbisogno complessivo è presente anche in Italia, seppure in forma più attenuata rispetto
all'andamento mondiale. La precipitazione media nel nostro Paese è circa di 1.000 millimetri
all'anno, pari quindi a un afflusso medio di 296 miliardi di metri cubi/anno, con zone che
presentano una piovosità molto elevata, con valori che possono superare anche i 2.500
millimetri/anno, e zone (prevalentemente alcune aree del Sud d'Italia) in cui la precipitazione non
raggiunge i 500 millimetri/anno. A questa difforme distribuzione geografica si aggiunge una
diversificata distribuzione delle piogge nell'arco dell'anno, caratterizzata da forte stagionalità,
fattore questo sfavorevole per la maggior parte delle utilizzazioni poiché si riflette direttamente sul
ciclo idrologico e quindi sui deflussi superficiali.
Appena il 37%, pari a 110 miliardi di metri cubi/anno, del ricordato quantitativo di risorse sarebbe
realmente disponibile; ma di tale volume la parte effettivamente utilizzabile dipende in effetti dalla
capacità di invaso dell'insieme dei serbatoi esistenti in Italia. Senza alcun serbatoio, come accadeva
fino a un secolo fa, erano disponibili solamente 18 miliardi di metri cubi all'anno. Ai nostri giorni,
con un insieme di serbatoi che invasano complessivamente circa 8,5 miliardi di metri cubi, è
possibile utilizzare realmente circa 40 miliardi di metri cubi all'anno (è stato calcolato che, per
portare l'utilizzazione delle risorse dagli attuali 40 miliardi a 55 miliardi, occorrerebbe quasi
triplicare la capacità di invaso esistente; per poter utilizzare teoricamente tutti i 110 miliardi di metri
cubi/anno, si dovrebbero decuplicare gli invasi fino a oltre 80 miliardi di metri cubi di invaso).
Aggiungendo il contributo delle risorse idriche sotterranee, di difficile valutazione, ma stimabili in
circa 12 miliardi di metri cubi all'anno, si può affermare che la disponibilità idrica totale dell'Italia,
con i serbatoi di cui oggi si può disporre, è di circa 52 miliardi di metri cubi all'anno.
Per quanto riguarda la stima dei fabbisogni, a prescindere dall'oggettiva difficoltà di provvedere, in
forma unitaria, a raccogliere dati sistematici o saltuari sulle utilizzazioni delle acque in Italia, oltre
agli usi tradizionali (civili, agricoli e industriali), si sono aggiunti ulteriori fabbisogni di tipo
ambientale. Si è infatti consolidato il concetto del minimo deflusso vitale, portata che deve essere
garantita per permettere la sopravvivenza della biocenosi acquatica e la fruibilità del paesaggio.
Bilancio idrico in Italia
Il nostro è un Paese tra i più ricchi d'acqua del mondo; ha una elevata capacità idrica, infatti:
• 155 mld di mc disponibilità annua teorica d'acqua per usi civili e produttivi.
• 2700 mc quota pro-capite per abitante.
• Il 97% dell'acqua dolce in Italia è nelle falde acquifere.
• Irregolarità dei de flussi e inefficienze riducono questa disponibilità a 110 mld di mc
e a 2000 mc pro-capite.
• L'acqua effettivamente utilizzabile per tutti gli usi scende a 42 miliardi di mc. ossia a
764 mc. a persona equivalenti a 764 mila litri a persona l'anno a poco più di 2000 litri a
persona al giorno.
• Un italiano su due beve solo acqua minerale perché non si fida dell'acqua del
rubinetto, l'Italia è il primo paese in assoluto nel consumo pro-capite d'acqua minerale.
• La disponibilità d'acqua diminuisce ogni anno, le località in emergenza idrica
crescono di numero, i costi ed i prezzi dell'acqua sono in rapido aumento.
• Il 15% della popolazione italiana, ossia circa otto milioni di persone per tre mesi
l'anno (giugno-settembre) è sotto la soglia del fabbisogno idrico minimo di 50 litri di
acqua al giorno a persona.
• L'acqua erogata ogni anno in Italia, nel recente passato da 7 mila enti e soggetti
diversi, (ancora esistenti, nonostante la riforma del sistema idrico approvata dal
Parlamento nel 1994), attraverso 13 mila acquedotti, è pari a 8 miliardi di metri cubi.
• Un terzo dell'acqua disponibile in Italia ( 2 milioni di m.c.) si disperde dunque lungo
le reti fatiscenti e corrose degli acquedotti. Ed è questo un problema tipicamente di
programmazione e di gestione alla portata di una pubblica amministrazione che operi per
risultati e non più per atti. Il 30% dell'acqua che entra nelle condotte idriche si perde per
strada e non arriva nelle case.
• Anche il 40% dell'acqua per irrigazione (pari al 70% medio dei consumi totali) si
perde lungo le tubazioni dalle sorgenti, dagli invasi alle prese e agli idranti.
• L'inquinamento costituisce il maggior pericolo per le riserve idriche.
• L'Italia è il Paese che consuma più acqua in Europa, il terzo al mondo dopo Canada e
Stati Uniti.
• Il riciclo e il riutilizzo dell'acqua in Italia non esistono, non sono praticati.
Gli usi dell'acqua
A fronte dei 42 miliardi di m3 di risorse idriche utilizzabili, i prelievi ammontano a circa 40 miliardi
di m3. Per ciò che concerne l'uso delle risorse idriche in Italia, al nord la domanda è maggiore
(66%) a causa di una prevalente attività agricola e zootecnica a carattere intensivo e di
un'accentuata concentrazione industriale, mentre nel sud si riscontra una cronica carenza di acqua
per tutti gli usi.
Quanto alla destinazione d'uso delle risorse a livello nazionale, il settore agricolo assorbe il 60%
dell'intera domanda di acqua del paese, seguito dal settore energetico e industriale con il 25% e
dagli usi civili per il 15%.
In un prossimo futuro c'è da attendersi, anche per effetto di una politica tariffaria che trasferirà quasi
per intero il costo dell'acqua sul consumatore, che si giunga ad un uso più razionale delle risorse e
quindi ad una conseguente riduzione dei consumi.
Nel settore agricolo esigenze di mercato e una rinnovata concezione dell'agricoltura stanno
portando ad una riduzione nell'utilizzazione delle risorse. Una evoluzione che sembra incoraggiare
la specializzazione dell'agricoltura nazionale che sta puntando al ridimensionamento quantitativo
delle produzioni a vantaggio di una più elevata qualità. In questo contesto l'uso di tecniche
risparmiatrici di acqua tende a diffondersi, specialmente nel Mezzogiorno, dove senza acqua non è
possibile un'agricoltura competitiva.
Secondo l’ultimo rapporto del Ministero dell’ ambiente italiano, sebbene nel corso degli ultimi anni
si sia registrata una riduzione dei carichi inquinanti riversati nelle acque interne , tale circostanza si
riflette ancora solo parzialmente in un miglioramento dei corpi idrici.
Nei principali bacini idrografici, con la sola eccezione dell’ Adige, i dati disponibili rivelano la
presenza di consistenti tratti con gravi compromissioni, in particolare a valle delle grandi città (con
o senza depuratore).
Il tasso di eutrofizzazione nei grandi laghi prealpini si mantiene al di sopra di una soglia di
accettabilità e in alcuni casi è addirittura crescente.
La qualità delle acque sotterranee presenta ancora significativi problemi di inquinamento dovuti sia
a fonti puntuali, sia a fonti diffuse dipendenti dall’intrusione salina, sia a perdite dalle reti fognarie e
dal settore agro-zootecnico.Le principali forme di inquinamento sono di natura microbiologica, da
nitrati, metalli, solventi.
Molti, critici e crescenti sono i fenomeni di intrusione salina (oltre 70 casi segnalati, distribuiti su
tutto il territorio) particolarmente accentuata sulla costa tirrenica , nella porzione marginale della
Pianura Padana , nel Salento , negli Iblei e nella Piana di Palermo.
Il sistema di depurazione mostra segni di miglioramento, ma all’ interno di un quadro tuttora
preoccupante.Sulla base dei dati disponibili, si può valutare che circa 1/3 del carico inquinante non
si sia oggi trattato o adeguatamente depurato.
Non soddisfacenti permangono le condizioni del sistema di approvvigionamento idropotabile e di
distribuzione.
L’ obiettivo “qualitativo” perseguito in materia di depurazione è quello di assicurare acque depurate
“riutilizzabili”nel settore agricolo e nell’ industria.Ciò significa rendere disponibile per l’ uso
potabile risorsa pregiata, oggi utilizzata da tali comparti per usi meno nobili (l’obiettivo a breve è di
rendere disponibile 1 miliardo di metri cubi di acqua depurata da destinare al riutilizzo).
Questa dunque la situazione italiana, dove però la questione “acqua”, non va governata
esclusivamente riguardo agli aspetti dell’ inquinamento o della distribuzione delle risorse che pure
sono di primaria importanza, ma l’ acqua comporta altre importantissime implicazioni con la difesa
del suolo e la sua gestione, con la tutela del paesaggio, la pianificazione del territorio e la
programmazione dello sviluppo economico. Quindi necessita , oggi più che mai, ciò che il
Movimento Azzurro da anni, sin dalla sua costituzione rivendica: “ una integrazione della difesa del
suolo e gestione delle risorse idriche con la pianificazione del territorio”.
La politica ambientale, come la politica territoriale, è trasversale alle diverse politiche di settore. La
legislazione attuale risulta frammentaria e inadeguata, nonostante il d. l.vo 152/99 abbia recepito le
direttive comunitarie in materia di inquinamento delle acque dagli scarichi e depurazione.
I ritardi nella applicazione delle precedenti norme, la legge “Galli” del 1994, ha fatto si che l’Italia,
da paese di punta negli anni 80, nel settore del contrasto all’inquinamento delle acque, grazie alla
legge “Merli”, sia oggi diventata la cenerentola dei paesi europei.
Occorre ,quindi, in materia di politica territoriale, per l’acqua, procedere alla unificazione e sintesi
di tre grandi temi ed aree di attività, che nonostante i processi legislativi degli ultimi tempi: la legge
183 del 1989, la legge 36 del 1994, la legge 152 del 1999, nelle pratiche e nelle politiche risultano
separate.
Un corpo idrico, un paesaggio fluviale, un acquifero sotterraneo, un profilo costiero sono parte
integrante e dominante del paesaggio complessivo e quindi di quella pianificazione che, nel
momento stesso in cui impone vincoli restrittivi, pone anche premesse e direttive a Comuni,
Province, CC.MM. e Regioni, per scelte urbanistiche valorizzative del territorio, non distruttive
delle risorse che vi sono contenute.
Dobbiamo ripartire dai fiumi, nella pianificazione e gestione di città e territori, anche di quelle città
e quei territori che non ne avvertono una presenza immediata ne incombente. E per questo vi sono
alcuni passaggi necessari da realizzare.
Prima di tutto, la tutela della qualità delle acque e la salvaguardia dei sistemi idrici devono essere
ricondotte all’interno della gestione delle risorse idriche e non dopo il loro riutilizzo: è il rispetto
integrato di quantità e qualità dei corpi idrici.
Poi la gestione delle risorse idriche deve essere effettuata all’interno della pianificazione dei bacini
idrografici e non al di fuori degli interventi di difesa idrogeologica e di sistemazione idraulica dei
corsi d’acqua: è il coordinamento della gestione delle risorse idriche con la difesa del suolo.
Infine la pianificazione dei bacini idrografici deve realizzarsi all’ interno della pianificazione
territoriale ed urbanistica, di cui è parte integrante, e non dopo che si sono prese le decisioni sulle
scelte territoriali ed urbanistiche:è l’identificazione dei bacini idrografici con il territorio
complessivo.
E’ necessario un tale approccio affinché la difesa del suolo, insieme alle incluse attività di gestione
delle risorse idriche e di valorizzazione delle aree protette, diventi il nucleo fondamentale e
direzionale di una nuova pianificazione territoriale ed urbanistica, rovesciando cultura e prassi che
vedono la progettazione attuale del territorio, come inconsapevole, o insofferente alle politiche
ambientali e agli interventi di difesa del suolo.
Quale sarà dunque il futuro delle nostre acque?
Non c’è dubbio:il futuro delle acque, dello sviluppo delle nostre attività, dell’ ambiente e dunque
della nostra vita è nelle capacità di operare una corretta gestione delle risorse idriche, all’ interno
delle azioni di pianificazione territoriale, di gestione delle strutture e delle infrastrutture, di
manutenzione delle opere insistenti nel bacino idrografico.
Interventi di gestione del rischio idraulico nei fiumi, opere e azioni di difesa del suolo, di protezione
dalle alluvioni, di riassetto idrogeologico, dovranno armonizzarsi con le attività di razionalizzazione
degli schemi acquedottistici in opportuni ambiti territoriali, con le politiche di riduzione degli
sprechi e delle perdite idriche e di ottimizzazione delle risorse, con i programmi di opere di
risanamento delle acque, di tutela e salvaguardia degli ecosistemi, con piani ed azioni di riuso e di
valorizzazione delle disponibilità idriche.
Il piano di bacino è lo strumento capace di coniugare la difesa delle acque dall’ inquinamento con la
difesa del territorio dalla violenza delle acque e degli uomini: solo così potrà valorizzarsi la risorsa
rappresentata da corpi idrici che, insieme a tanto benessere e spesso suggestiva bellezza,
racchiudono rischi e contraddizioni che sembrano insanabili.
Per concludere
La questione chiave da affermare, rimane, comunque, quella che “l’acqua è un diritto umano e
sociale”, oggi ancora disatteso dalla stessa umanità. La gravità del problema necessita più che mai
dello sforzo e dell’attenzione della intera umanità. Questo principio che è enunciato nel manifesto
“Contratto mondiale dell’acqua”, al quale il M.A. ha aderito dalla prima ora, non è passato nella sua
interezza al 2° foro mondiale dell’Acqua tenutosi all’Aja nel marzo 2000. Malgrado l’opinione
largamente diffusa tra i partecipanti, favorevole al riconoscimento dell’acceso all’acqua per tutti
come un diritto u8mano e sociale imprescrittibile, i rappresentanti governativi di più di 130 Stati
hanno adottato una Dichiarazione ministeriale nella quale non fanno alcun riferimento al principio
del “diritto umano” ma affermano che l’accesso all’acqua per tutti deve essere considerato solo
come un “bisogno vitale”. Asserendo così di fatto che per assicurare una gestione efficace essa deve
essere oramai considerata di fatto un “bene economico” (e non solo un bene sociale).
Durante il successivo e recente forum sull’acqua di Kyoto, l'attenzione del mondo polarizzata sul
conflitto in Iraq ha fatto si che il vertice mondiale sulla crisi idrica, passasse in secondo piano e si
concludesse con un nulla di fatto. Eppure la gravità del problema che interessa l'intera umanità,
necessita più che mai dello sforzo e dell'attenzione dell'intera comunità internazionale.
La pressoché totale assenza, a causa del conflitto, dei capi di Stato e di Governo degli oltre 150
Paesi partecipanti alla Conferenza Mondiale che avrebbe dovuto dare una risposta concreta in
termini operativi al grave problema di indisponibilità di acqua pulita, nonché di totale assenza di
ogni sistema igienico e di smaltimento delle acque sporche per tanta parte di umanità, ha fatto si
che una preziosa occasione venisse sciupata.
Kyoto, già tristemente nota per il fallimento delle intenzioni lì invocate in favore della diminuzione
delle emissioni di CO2 in atmosfera, rischia di fare il bis su di una questione di ancora maggiore
vitale importanza: l'acqua, che è molto di più di una risorsa naturale, è un diritto umano e sociale.
Questo è il monito che dovrebbe maggiormente far leva sulle coscienze della Comunità
internazionale.
La cosa che in qualche modo preoccupa, però, è che essendo, circa il 70% della risorsa acqua
(come detto) utilizzata per fini agricoli ed alimentari, il programma operativo per far bastare questa
preziosa e limitata risorsa, è affidato alla FAO. Tanto, mentre la popolazione mondiale aumenta
presentando una necessità sempre crescente di nutrire e gestire i consumi idrici in modo sostenibile
in previsione di un incremento demografico di altri due miliardi di persone entro il 2030, proprio in
quei continenti dove maggiore è il fabbisogno di acqua.
Se ci rifacciamo alla esperienza in campo agricolo e della distribuzione della risorsa alimentare,
realizzata dalla FAO, dobbiamo convenire che essa non è esaltante ed anche oggi, l'organismo
internazionale che sta attuando il suo programma operativo in oltre 70 Paesi, promuovendo
semplici ed economiche tecnologie per piccoli agricoltori, dichiara che per migliorare il controllo
idrico in molti Paesi poveri, sono necessari volontà politica e investimenti a livello locale,
nazionale ed internazionale.
L'impegno è sempre politico perché dalla politica scaturiscono le scelte e quindi le decisioni,
nonché il potere per attuarle.
Il Movimento Azzurro, che all'acqua, quale elemento fondamentale per la vita, ispira il suo
maggiore impegno, teme le sole dichiarazioni di principio. Una dichiarazione finale da parte dei
governi rappresentanti dei Paesi più industrializzati, senza impegni economici, tesi a realizzare
progetti concreti finalizzati a garantire l'accesso alla risorsa acqua a quei miliardi di esseri umani
della popolazione mondiale privi di alcuna minima forma di servizi per la raccolta e distribuzione
dell'acqua, né ovviamente, per lo smaltimento delle acque insane, non risolve alcunché.
Impegna, si, ma questi problemi necessitano di soluzioni immediate, perché ne va della vita
dell'uomo.
Il Movimento Azzurro ha aderito tra i primi in Italia al Manifesto per il Contratto Mondiale
sull'Acqua, ovvero una grande mobilitazione in favore di politiche per la tutela e la equa
distribuzione del bene primario e fondamentale per la vita biologica di ogni elemento del Creato,
affinché si addivenga ad un Contratto Mondiale sull'Acqua.
Il nostro impegno sociale si rivolge a sensibilizzare e ad orientare la politica, a tutti i livelli dal
locale a quello internazionale, verso tali decisioni, non dimenticando, altresì, che la questione
"acqua" ha forte connessione con la questione "territorio", oltre che per i riflessi economici, come si
è detto, in campo agricolo-alimentare e sanitario, anche per quelli che riguardano l'integrazione tra
la difesa del suolo e la gestione delle risorse idriche, la tutela del paesaggio, la pianificazione del
territorio e programmazione dello sviluppo sostenibile.
Diffondere la cultura della solidarietà, aiutare le persone nell’esercizio dei diritti di cittadinanza,
svolgere un forte ruolo di advocacy : sono questi i ruoli e le funzioni del volontariato che opera
insieme agli altri per cambiare un sistema che crea ingiustizie e che dimentica i valori fondanti di
una comunità solidale.