Casa del Cinema - Roma
Matarazzo - Comencini - Fellini
di Federica Fasciolo
Intensa l'attività della Casa del Cinema di Roma, nella settimana che precede il Natale.
Oltre ad incontri e dibattiti, spiccano proiezioni di film che hanno consacrato Raffaello Matarazzo alle cui proiezioni seguono quelle di due film emblematici, uno di Luigi Comencini e l'altro di Federico Fellini.
Treno popolare di Raffaello Matarazzo (1933, 62’)
Un treno “popolare†parte da Roma per Orvieto trasportando molte persone in gita, fra i quali alcuni giovani che vivranno durante il viaggio molte avventure, più o meno divertenti. Gioiellino del cinema del ventennio, che preannuncia il neorealismo ed è apprezzato dalla critica: «Treno popolare ha le qualità dei vent’anni. Ha freschezza, semplicità , spontaneo interesse per le cose, impulsiva sincerità nel raccontarle. […] È un film divertente e simpatico, intonato e gentile, giusto di ritmo, cinematografico sempre» (Sacchi). «Questo è uno dei pochi film – tre o quattro – dell’attuale cinematografia italiana, che autorizzino a credere ancora nelle nostre possibilità . Bosio e Matarazzo hanno composto un piccolo gioiello […]. Largo ai giovani, dunque, largo […] due artisti che posseggono il senso dell’umorismo e han gli occhi aperti per cogliere a volo i piccoli episodi che rivelano anime, pensieri, stati d’animo. E quel che più conta è che sono riusciti a comunicare il loro entusiasmo agli interpreti, da farceli apparire in perfetta forma. […] Anche la musica è d’un giovane: Nino Rota, che tutti conosciamo e apprezziamo da tempo. Che bella compagnia!» (E. Roma).
(Per gentile concessione della Ripley’s Film)
Giorno di nozze di Raffaello Matarazzo (1942, 92’)
«Mariella (Vivaldi), la figlia di un modesto impiegato (Falconi), si fidanza con il figlio di un ricco industriale, mettendo in difficoltà economiche la sua famiglia. Complicata e divertente commedia degli equivoci (tratta dalla pièce Fine mese di Paola Ricorra, adattata dall’autrice, dal regista e – non accreditato – da Aldo De Benedetti) messa in moto da una situazione di disparità sociale: Matarazzo racconta, con un’eleganza di tono che gli permette di evitare facili schematismi e scivolate melodrammatiche, il ruolo centrale del denaro nella società , vero ostacolo alla realizzazione dei sentimenti. In questo senso il personaggio più significativo è il padre della sposa, che cerca di accontentare la figlia simulando la ricchezza che non possiede» (Mereghetti).
Chi è senza peccato… di Raffaello Matarazzo (1952, 100’)
La vita di una povera ragazza è costellata di continue disavventure drammatiche, dalla morte della madre e della sorella ragazza-madre, dalla fuga del fidanzato fedifrago, fino alla prigione. Ma la costanza e la pazienza vengono sempre premiate.
«Il film più sfuggente alla serialità tra i sette del regista con Nazzari e Sanson, è tratto da Lamartine e reinventa il mélo in modo sorprendente» (Germani).
I figli di nessuno di Raffaello Matarazzo (1951, 100’)
«Guido, il proprietario di una cava di marmo, ha una relazione con la figlia di un suo dipendente, Luisa. Per evitare che i due si sposino, la madre di Guido lo spedisce in Inghilterra e fa in modo di intercettare tutte le lettere che lui scrive a Luisa. La ragazza, incinta, credendo di essere stata abbandonata, scappa e si rifugia in casa di una contadina dove pensa di crescere il suo bambino. La madre di Guido, però, organizza il rapimento del nipote e le fa credere che il piccolo sia rimasto vittima di un incendio. Disperata, Luisa si chiude in convento, mentre Guido, credendo che la donna che ama sia morta, sposa un’altra» (www.cinematografo.it). Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson, la coppia d’oro del melò all’italiana.
L’angelo bianco di Raffaello Matarazzo (1955, 100’)
Il seguito de I figli di nessuno. L’ingegnere Guido Carani si innamora di Lina, una ragazza che assomiglia in modo straordinario a Luisa, da cui anni prima aveva avuto un figlio, Bruno, morto prematuramente. Lina, dopo essere stata coinvolta in una rapina, finisce in carcere e muore per colpa delle percosse delle compagne di cella. Lina prima di morire da alla luce un figlio e decide di chiamarlo Bruno, su consiglio di una suora, e dietro la cui identità si nasconde Luisa. «Straordinario “rimontaggio†del canovaccio di Rindi già diretto dal regista in un primo film, è tra i più spinti dei magnifici sette con Nazzari-Sanson e riprende sorprendentemente l’immagine dei “corpi ritrovati in un ultimo abbraccio†che Rossellini filmò a Pompei» (Germani).
La nave delle donne maledette di Raffaello Matarazzo (1953, 94’)
Una nobildonna commette un infanticidio, ma del crimine è accusata un’altra ragazza che viene deportata, con altre condannate, nelle colonie del Nuovo Mondo. «Melodramma barocco e sensuale, ispirato al romanzo di Léon Gozlan Histoire de cent-trente femmes (sceneggiato da Aldo De Benedetti e, non accreditati, il regista ed Ennio De Concini), il film affronta il tema dell’ingiustizia con una carica erotica inusitata per i tempi: le scene in cui le prigioniere si ribellano e convincono la ciurma a unirsi a loro con argomenti tutti femminili ha fatto sognare molti spettatori […]. Eccessivo e claustrofobico, questo film incrina la visione “consolatoria†dell’opera di Matarazzo, mettendo in scena l’erotismo come forza eversiva e libertaria e filmandolo con uno stile insolitamente ridondante e compiaciuto (i primi piani delle scollature) “cui dà corpo una fotografia dai colori cupi, netti e forti, anche questi decisamente di un tono sopra il reale†(Aprà ) […]. L’eccentricità del soggetto – dichiaratamente “antiborghese†– e l’originalità della regia hanno giustificato negli anni successivi letture altrettanto eccentriche» (Mereghetti).
Tutti a casa di Luigi Comencini (1960, 126’)
E' uno tra i più celebri e riusciti esempi di ciò che ha reso immortale la commedia all’italiana: l’impasto di comico e drammatico, di vero e grottesco, di coraggio e voglia di sopravvivere. Comencini, con la complicità autobiografica dei due grandi sceneggiatori Age e Scarpelli e con le amare risate provocate da un grandissimo Alberto Sordi, racconta tutto il caos dell’8 settembre 1943, quando con l’armistizio di Badoglio i soldati del re e del duce furono abbandonati a se stessi, tra mille paure. Nel film Alberto Sordi, al telefono sotto il tiro dei tedeschi, chiede ai superiori: «Signor colonnello, sono il tenente Innocenzi, è successa una cosa straordinaria, i tedeschi si sono alleati con gli americani. Cosa dobbiamo fare?». Comencini dichiarò all’epoca: «L’8 settembre la gente fu abbandonata a se stessa, ed era questo che volevo descrivere». Il film fu premiato da un grande successo popolare, con oltre un miliardo di lire al box office. Il restauro è stato realizzato nel 2016 da CSC-Cineteca Nazionale in collaborazione con Filmauro di Luigi e Aurelio De Laurentiis. Lavorazioni in digitale a 4K eseguite presso Cinecittà Digital Factory, Roma, a partire dal negativo originale messo a disposizione da Filmauro. Ritorno in pellicola 35 mm realizzato presso Augustus Color, Roma.
La dolce vita di Federico Fellini (ITALIA, FRANCIA – 1960, 180′)
preceduto da una breve lezione di un docente di cinema de La Sapienza.
Marcello è un giornalista che scrive per un rotocalco articoli mondani, in cui figurano persone efatti noti nell’ambiente di Via Veneto. L’attività professionale lo ha portato ad adottare un sistema di vita molto simile a quello dei suoi personaggi. Così egli passa con indifferenza da una relazione all’altra: mentre convive con Emma non rinunzia ad altre avventure. Ha una temporanea relazione con Maddalena, giovane ricchissima, annoiata della vita, sempre in cerca di sensazioni.
L’arrivo di Sylvie, celebre attrice americana, gli fornisce occasione di nuove esperienze sentimentali. Per dovere professionale Marcello si occupa di una falsa apparizione della Madonna, inventata da due bambini dietro istigazione dei genitori. Partecipa ad una festa organizzata da alcuni membri della nobiltà che gli dà modo di accertare il basso livello morale di quell’ambiente. Marcello è amico di Steiner, un intellettuale che riunisce nel suo salotto artisti e letterati.
La felice vita familiare dell’amico lo impressiona favorevolmente visto che accarezza l’idea di sposare Emma per iniziare con lei un’esistenza più regolare e tranquilla. Ma qualche tempo dopo Marcello apprende che Steiner, in una crisi di sconforto, si è ucciso, dopo aver soppresso i suoi due bambini. Per superare l’orrore destato in lui dal tragico fatto, Marcello, si getta, senza alcun ritegno, nel turbine della vita mondana.
Dopo un’orgia, che ha lasciato in tutti tedio e disgusto, Marcello incontra per caso sulla spiaggia una giovinetta dallo sguardo limpido e innocente, e cerca invano di capire quanto ella gli dice; un canale li divide e non afferra le sue parole, perciò segue i suoi squallidi amici.