#170 - 22 ottobre 2016
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero resterà  in rete fino alla mezzanotte di mercoledi 30 aprile quando lascerà il posto al n° 363 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi un po' di SATIRA - Nasciamo nudi, umidicci ed affamati. Poi le cose peggiorano - Chi non s ridere non è una persona seria (P. Caruso) - l'amore è la risposta ma mentre aspettate la risposta, il sesso può suggerire delle ottime domande (W. Allen) - Ci sono persone che si sposano per un colpo di fulmine ed altre che rimangono single per un colpo di genio - Un giorno senza una risata è un giorno sprecato C. Chaplin) - "Il tempo aggiusta ogni cosa" Si sbrigasse non sono mica immortale! (F. Collettini) - Non muoverti, voglio dimenticarti proprio come sei (H. Youngman) - La differenza tra genialità  e stupidità è che la genialità  ha i suoi limiti (A. Einstein). -
Arte

Istituto Cervantes in collaborazione con l’Ambasciata dell’Ecuador in Italia

Jorge Chalco

El paraíso del los contrastes - il sogno amazzonico

di Luigi Capano

Jorge Chalco

E’ un venerdì di fine settembre. Piazza Navona, a Roma, oggi come sempre, è tutto un brulicare di turisti variopinti dagli sguardi allegramente saettanti, di passanti frettolosi, di coppiette allacciate, di ambulanti di ogni risma.
La pioggia recente ha dato nuova luce al quadro barocco ritmato dalle tre rumorose fontane e concluso, sullo sfondo, dall’imponente chiesa di Sant’Agnese in Agone che, con la sua pacata ondulazione borrominiana, dardeggia candidi bagliori di marmo sulla vetriera diafana del prospiciente Istituto Cervantes, istituzione internazionale nata con il proposito di diffondere nel mondo la cultura dei paesi di lingua ispanica e che proprio nella celebre piazza romana ha aperto, ormai da qualche decennio, una prestigiosa sede espositiva.

Jorge Chalco

Di scorcio, una figura dai tratti meticci, a momenti assorta nella lettura, sogguarda di là dai vetri quella confusa, vociante animazione.
Nella galleria è in corso la mostra El paraíso del los contrastes dell’ecuadoriano Jorge Chalco (Cuenca, 1950) pittore, disegnatore e muralista, attivo sul proscenio dell’arte da oltre quarant’anni.
Eccomi all’interno, davanti ai quadri dell’artista cuencano che subito mi investono con un profluvio di colori e di forme.
Viene da pensare che uno di quei bagliori di marmo barocco, rifratto dalla vetriera in un irreale viraggio diacronico verso più lontane latitudini, abbia ineffabilmente proiettato quei toni forti, accesi e apparentemente dissonanti, quei folti viluppi di forme embricanti: siamo nel paraíso del los contrastes appunto.

Jorge Chalco

Appena messo piede nella seconda sala, mi viene incontro sorridente un signore dai modi cordiali: è la figura dai tratti meticci poc’anzi intravista, Jorge Chalco in persona.
Superato qualche timido impaccio linguistico, gli chiedo spiegazioni sul senso della mostra.
L’Amazzonia, la più grande foresta del mondo, sta morendo – mi dice – e con questa iniziativa ho voluto dare un contributo di sensibilità: è un dramma che sta ormai diventando tragedia… Dopo Roma sarò a Parigi… Da dove trae la sua fonte di ispirazione artistica, quali sono i suoi maestri? chiedo.
Amo soprattutto la grande arte europea, Rembrandt, Picasso…avrei detto piuttosto il Doganiere con la sua studiata ingenuità, oppure il nutrito filone indigenista così diffuso in America Latina, per quel gusto del colore pastoso e per quella marcata impronta di denuncia sociale che connota, anche dalle nostre parti, l’azione pittorica di certi muralisti metropolitani…
Ad una mia domanda provocata dalla presenza, di tanto in tanto, nel folto di un bosco variopinto, di figure dall’aspetto ieratico o di certi strani simboli che potrebbero far pensare ad una dotta incursione teosofica, accenna di sfuggita al suo interesse per le filosofie orientali ed ai suoi regolari viaggi in India.

Jorge Chalco

C’è qualcosa di irreale nell’immagine della natura proposta dal pittore ecuadoriano, qualcosa come la distanza ineliminabile di un sogno. Si tratta forse di un retaggio atavico del suo sangue indio, di un recupero, forse voluto o forse inconsapevole, di quel mondo onirico caro alla tradizionale cultura sciamanica? Ovvero dell’ennesimo indizio di quella cronica scissione tra l’uomo e la natura, proiezione illusoria di una più intima frattura interiore che fa dell’inquietudine esistenziale una categoria antropologica?
Mi congedo dall’artista, portando con me, tra la folla, questa pensosa e lambiccante domanda.

Jorge Chalco

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