#168 - 26 settembre 2016
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero resterŕ  in rete fino alla mezzanotte di mercoledi 30 aprile quando lascerŕ il posto al n° 363 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi un po' di SATIRA - Nasciamo nudi, umidicci ed affamati. Poi le cose peggiorano - Chi non s ridere non è una persona seria (P. Caruso) - l'amore č la risposta ma mentre aspettate la risposta, il sesso puň suggerire delle ottime domande (W. Allen) - Ci sono persone che si sposano per un colpo di fulmine ed altre che rimangono single per un colpo di genio - Un giorno senza una risata č un giorno sprecato C. Chaplin) - "Il tempo aggiusta ogni cosa" Si sbrigasse non sono mica immortale! (F. Collettini) - Non muoverti, voglio dimenticarti proprio come sei (H. Youngman) - La differenza tra genialitŕ  e stupiditŕ č che la genialitŕ  ha i suoi limiti (A. Einstein). -
Racconto

La lettera

di Ruggero Scarponi

Crepa! Mormorò a fil di labbra Federica. Ce l’aveva con Daniela, sua collega ed amica.
Daniela, quella mattina, si era avvicinata risoluta alla sua postazione in ufficio e senza tante cerimonie le aveva chiesto:
Com’è che a te non l’hanno data la lettera?
Federica che in quel momento era intenta a scartare una merendina non rispose ma assunse un’aria smarrita, di autentica sorpresa.
Lo sai che in questo piano ci hanno licenziate tutte? Continuò Daniela.
Tutte, tranne te.
Federica ascoltava silenziosa, vagamente irritata per quell’attacco e intanto pensava ad una risposta adeguata, una risposta che senza sminuire la portata di quel “tutte tranne te” fosse in grado di trasmettere il senso della sua solidarietà alle colleghe sfortunate e in particolare a Daniela, la sua amica del cuore. La cosa è sorprendente non credi? Incalzò insinuante Daniela.
Federica continuava a tacere passando con lo sguardo alternativamente dal volto accigliato, eppure bellissimo, di Daniela, al telefono, posizionato in un angolo della scrivania.
Giuro, non ne so nulla, disse, infine, con aria innocente e contrita.
Nello stesso istante posò la merendina nel cassetto della scrivania e si dispose all’ascolto di Daniela. che subito continuò dicendo:
Ci sono rimasta male e non perché Carradori ha salvato solo te, quello era comprensibile. Ma che tu te ne sia rimasta zitta zitta e non abbia sentito il dovere di confidarti con me, che pensavo di esserti amica, questo si, mi ha fatto veramente male.
Cosa dovrei fare, secondo te, insorse Federica, andare dal capo del personale e fargli una scenata perché non mi ha licenziata?
Ma che razza di…! Esclamò disgustata Daniela.
Federica restò in attesa dell’insulto fissando la sua amica con durezza.
Invece Daniela cambiò repentinamente espressione esibendo un sorriso beffardo e, per una sorta di rivalsa, una posa molto glamour, desiderosa di marcare la differenza, tra le due, in fatto di bellezza fisica.
Federica riprese con rabbia la merendina, dal cassetto e la divorò con ostentazione.
Daniela mantenne il sorriso beffardo, le voltò la schiena e se ne andò con passo studiato un poco ancheggiante.
E’ come pensavo, rifletté Federica, amica solo a parole. Crepa!
Ma subito dopo fissò la sua attenzione al telefono.
A momenti chiama, si disse eccitata, ecco, ora squilla.
Dopo gli avvenimenti di quella mattina, infatti, si aspettava la chiamata di Gioietta Liverani, la responsabile delle risorse umane che incontrandola all’ingresso dell’Azienda l’aveva salutata con un familiare “ciao Fede”, invece del più consueto e distratto “buongiorno”.
Quello, forse, era stato un piccolo segnale che aveva voluto lanciarle, come a dire “sta tranquilla, non hai nulla da temere”.
In ogni caso, nonostante le insinuazioni di Daniela, non era possibile che avessero tenuto solo lei, a discapito delle altre colleghe, per via di Carradori.
Erano usciti insieme, qualche volta, è vero, ma tanto tempo fa.
No, se l’avevano tenuta, doveva essere per un calcolo preciso, se lo sentiva, questo, Federica.
Avranno notato, si disse, che a conti fatti, ero l’unica a lavorare nel reparto.
Federica ripassò mentalmente le sue mansioni che a dire il vero si erano accresciute nel tempo.
Era diventata un punto di riferimento per tutte le colleghe, specie le piĂą giovani.
Anche senza un formale riconoscimento svolgeva compiti da coordinatrice, ben più che una semplice impiegata. Se n’erano accorti, finalmente, pensò. Il lavoro onesto, paga! Quella mattina ne aveva avuta la prova, e che cavolo!
A quel punto desiderò prendere un caffè, andò al distributore automatico che stava in fondo al corridoio, introdusse una moneta e si gustò la bevanda con un piacere tutto speciale.
Nel corridoio non c’era nessuno in quel momento.
Hanno salvato solo me! Si disse senza riuscire a trattenere un sorriso di soddisfazione!
Quella stronza! E ha il coraggio pure d’insinuare!
E’ che prima o poi tutti i nodi arrivano al pettine.
Qui i favoritismi non c’entrano. Io sono una che lavora e non sto a imbellettarmi dalla mattina alla sera davanti allo specchio, come fai tu, cara la mia “carina”.
Dopo il caffè Federica tornò alla scrivania e s’immerse nel lavoro fino all’ora di pranzo.
Di tanto in tanto alzava la testa per cogliere qualcosa degli strepiti che le giungevano dalla sala dell’assemblea sindacale.
Si sentiva un po’ speciale quella mattina, come una che avesse vinto una gara sportiva.
Forse una telefonatina a Carradori dovrei fargliela, pensò, è stato carino a ricordarsi di me, dopo tanto tempo.
Prese il telefono e compose il numero.
Rispose la segretaria.
Il Dottor Carradori? No, mi dispiace, non è in ufficio. Quando ritorna? E’ fuori città, non saprei.
Federica ripose la cornetta e si alzò.
Era l’ora di pranzo.

Lasciò la postazione, per scendere al bar. Nell’attraversare il corridoio per raggiungere l’ascensore passò davanti alla sala dove si teneva l’assemblea sindacale. Si sentiva parlare una sola voce.
Deve essere il rappresentante sindacale, pensò, mentre dissimulava un sorriso di compiacimento.
Scese al piano-terra e andò decisa verso il bar interno.
Quando giunse nei pressi della reception nella hall dell’azienda sentì chiamare:
Signorina! Signorina!
Si voltò incerta se fosse rivolto a lei il richiamo.
Era Giorgio l’usciere addetto alla portineria che le faceva cenno di avvicinarsi.
Si? Pronunciò flebile Federica con aria distratta.
Signorina, mi scusi tanto, disse l’uomo.
Cosa c’è? Chiese Federica con un sorriso bonario che le illuminava il volto.
Signorina, mi perdoni, continuò Giorgio, divenuto paonazzo, ma, un disguido, sa, mi scusi tanto…stamattina quando ho distribuito le lettere sulle scrivanie, non so davvero come, ma ho saltato la sua.
E tutto sudato e imbarazzato, le consegnò la lettera.
Non so come sia potuto succedere, Signorina, mi creda.
Federica prese in mano la lettera la guardò un attimo, aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse senza che le uscisse alcun suono, scosse più volte la testa, serrò i pugni e li agitò in faccia allo spaventatissimo Giorgio e infine presa da una violenta crisi isterica cominciò a battere i piedi per terra e a emettere grida selvagge, finché sconsolata e sfinita, allargò le braccia e cadde all’indietro priva di sensi.
Per fortuna Giorgio, che era rimasto a guardarla allibito, fu lesto a sorreggerla, prima che rovinasse pericolosamente a terra.

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