#106 - 6 ottobre 2014
AAA ATTENZIONE - Questo numero rimarr in rete fino alla mezzanotte del 19 aprile, quando lascer il posto al numero 350. Ora MOTTI per TUTTI : - Finch ti morde un lupo, pazienza; quel che secca quando ti morde una pecora ( J.Joyce) - Lo sport l'unica cosa intelligente che possano fare gli imbecilli (M.Maccari) - L'amore ti fa fare cose pazze, io per esempio mi sono sposato (B.Sorrel) - Anche i giorni peggiori hanno il loro lato positivo: finiscono! (J.Mc Henry) - Un uomo intelligente a volte costretto a ubriacarsi per passare il tempo tra gli idioti (E.Hemingway) - Il giornalista colui che sa distinguere il vero dal falso e pubblica il falso (M. Twain) -
Fotografia

Macro – Museo d’Arte Contemporanea - Roma

Fotografia – Festival Internazionale di Roma

Portrait

XIII edizione dedicata al Ritratto, inteso come genere
che ha accompagnato la sin dall’inizio la storia della fotografia,
ma anche come strumento d’analisi della società contemporanea

di Giuseppe Cocco

Fotografia – Festival Internazionale di Roma, promosso dall’Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica di Roma Capitale, co-prodotto dal Macro e Zètema Progetto Cultura con la direzione artistica di Marco Delogu, è in corso al Macro fino all’11 gennaio 2015.
Il tema del ritratto è affrontato ricostruendone il percorso storico e il ruolo all’interno dell’arte contemporanea, della letteratura e del cinema, sottolineando l’interdisciplinarietà che lega la fotografia ai campi di studio antropologici, filosofici, sociologici e semiotici.

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Ragionando in modo così contestualizzato, è possibile ricercare nel ritratto i diversi significati della rappresentazione fotografica intesa come strumento di conoscenza dell’altro. Allo stesso tempo si può indagare il rapporto che si instaura tra individui e collettività e i processi che, attraverso la fotografia dell’altro, permettono la rappresentazione del proprio io esteriorizzato in opposizione o in alternativa all’autoritratto.
Si riflette, infine, sul rapporto che lega la fotografia e la tecnologia ed in particolare su come le ultime rivoluzioni digitali stiano influenzando le modalità di rappresentazione e la pratica fotografica, fino a diventare tema intrinseco dell’opera d’arte.

La mostra principale, cardine sul quale orbita il tema della XIII edizione è una collettiva composta da autori selezionati e suggeriti da fotografi, curatori, critici e direttori di musei di rilievo internazionale che hanno collaborato alle precedenti edizioni del Festival. Anche in questa XIII edizione il Festival vede il coinvolgimento di Accademie straniere, spazi istituzionali e gallerie private che ospiteranno diverse mostre ispirate al tema del ritratto tra cui la retrospettiva su August Sander, prodotta e ospitata dall’Accademia Tedesca a Villa Massimo e la mostra dei lavori di Assaf Shoshan nelle sale della Grande Galerie dell’Accademia di Francia a Villa Medici.

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Prosegue anche la tradizione di un ritratto inedito della città con la dodicesima “Commissione Roma” (inaugurata con Josef Koudelka e portata avanti con Olivo Barbieri, Anders Petersen, Martin Parr, Graciela Iturbide, Gabriele Basilico, Guy Tillim, Tod Papageorge, Alec Soth, Paolo Ventura e Tim Davis). Vi si affiancano gli spazi dedicatati alla giovane fotografia italiana, alla terza edizione del Premio Graziadei e alla Call For Entry, quest’anno ulteriormente nobilitate da giurie di comprovata fama internazionale.

Danilo Montanari ha presentato Paolo Ventura Da un fatto di cronaca, un evento che ha scosso le fondamenta della società civile, trae ispirazione il nuovo lavoro di Paolo Ventura:Il funerale dell’anarchico, funerali delle vittime di Piazza Fontana a Milano nel dicembre 1969. Ventura è un artista che ritrae se stesso e ne moltiplica le figure fino a farle diventare una folla, l’io e il molteplice in una ossessiva, ostentata ripetizione. Immagini che conferiscono un effetto di profondità, di annuncio e infine di perdita. Lo spaesamento di un viaggio, l’ultimo, tutti insieme e ognuno da solo.

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Franz Koenig ha presentato Bernhard Fuchs Portaits è la prima serie di foto completa di Bernhard Fuchs, realizzata a partire dal 1994, quando era ancora uno studente alla Kunstakademie Düssledorf, e conclusasi nel 2001. Le sue immagini hanno sempre a che fare con un ambiente che lui considera personale, il più delle volte si tratta del suo luogo di nascita, la Bassa Austria. Con le sue fotografie, Fuchs entra in un dialogo calmo e sensibile con i suoi soggetti. I suoi ritratti raffigurano le persone in un tutt’uno con il loro ambiente. Grazie alla distanza che, con la macchina fotografica, si crea con il soggetto, il fotografo cattura un livello di vicinanza nuovo e diverso che rivela l’intimità del suo processo percettivo. Le immagini appaiono naturali e familiari, caratteristiche peculiari del lavoro di Bernhard Fuchs.

Alec Soth ha presentato Doug Dubois Nel 1991 il moma allestì una rivoluzionaria esposizione di foto di gruppo, The Pleasures and Terrors of Domestic Comfort. Diversi grandi della fotografia sarebbero nati grazie a quella mostra ma, per quanto mi riguarda, il più memorabile è stato Doug Dubois. Ciò che rendeva Dubois così eccezionale è il modo in cui fotografava la vita di tutti i giorni con un’aurea di accentuata nota drammatica. Più di vent’anni dopo, Dobois ha ancora il tocco magico. Con My Last Day at Seventeen, Dubois ci mostra il dramma estatico nascosto dietro la vita di tutti i giorni dei ragazzi irlandesi.

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Hans-Christian Schink ha presentato ngar Krauss Una macchina fotografica può essere un oggetto magico. Può cambiare l’uomo. Il fotografo, il ritrattista, l’osservatore. Chi incontra Ingar Krauss forse non riconoscerà, dietro la sua personalità riservata, quella forza empatica che si percepisce in ogni sua singola opera. Probabilmente neanche noi, in occasione di un incontro fugace, ci accorgeremmo dell’intensità spesso recondita degli adolescenti che emerge invece nelle foto di Ingar Krauss. I loro ritratti mostrano il momento in cui tali energie si sono incontrate e congiunte l’un l’altra. Un momento magico, che non ha bisogno di spiegazioni. Lo possiamo vedere.

François Cheval ha presentato Alexandra Catière Continuiamo ancora a vivere. E sempre con una presunzione d’innocenza, più forte che mai. Eppure tutti sembrano rassegnati ad accettare la situazione. I personaggi conoscono la posta in gioco dall’inizio alla fine. Ma questa fotografia non ha nulla di scettico, è poetica e lucida, consente alla natura di fare il suo corso perché nulla può contro il tempo, la nebbia e la malinconia. La vita è un territorio con le sue figure che non smettono di svanire mentre i paesaggi continuano ad abbellirsi. Un sentimento ambivalente, estraneo, ci spinge ad affrontare questo mondo unico e sconosciuto. Alexandra Catière ci conduce tutti sullo stesso cammino.

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Giuseppe Lisi ha presentato Piergiorgio Branzi I personaggi di Branzi non sono mai isolati 
dal contesto in cui vivono. Si può vedere come l’osservazione degli ambienti colori i ritratti. Sono sufficienti a Branzi pochi tratti visivi per alludere agli stati d’animo nei quali eccelle: due uova sul banco, una figura geometrica sul fondo, i santi mezzi cancellati… I volti grondano del luogo in
cui vivono, dei pensieri che portano: tedio, sogno, desideri, diffidenza, rassegnazione, sfida, sapienza, consapevolezza, vuotaggine, modestia, sospetto… Queste foto sono degli anni cinquanta quando la civiltà dei consumi non aveva ancora uniformato gli ambienti e le espressione dei volti.

Maria Alicata ha presentato Guy Tillim Nella serie fotografica Soldiers, realizzata tra il 2002 e il 2003, Guy Tillim ritrae il tragico effetto della guerra quinquennale tra il governo congolese e
i diversi gruppi ribelli che reclutarono ragazzi e ragazze come soldati per il conflitto. Le fotografie in mostra ritraggono giovani miliziani Mai Mai durante il loro addestramento.
 Le immagini non denunciano né esaltano i protagonisti quasi accidentali del conflitto, ma danno vita ad una narrazione drammatica, lontana da ogni spettacolarizzazione.

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Gil Pasternak ha presentato Assaf Shoshan T.N. è una serie fotografica composta da cinque immagini, catturate nel 2010 da Assaf Shoshan nel cuore di Parigi, che mostrano un migrante clandestino proveniente dal Mali in Africa Occidentale. T.N. sono le iniziali di questo personaggio altrimenti anonimo, uno dei tanti migranti clandestini che Shoshan ha fotografato nello stesso anno sullo sfondo del suo studio, chiaramente improvvisato, che ha permesso di estrarli da ogni riferimento geografico e dall’ambiente socioculturale.

Stefano De Matteis ha presentato Antonio Biasiucci Spesso Antonio Biasiucci ci ha spaesati, ora squarcia il risaputo per l’altrove e ci disperde in un “dopo”. Del portrait resta il residuo, la materia. Teschi anonimi dove la storia è presente perché consuma, svuota, erode: non manca loro solo l’identità, sono incompleti e questo li fa astratti,
li apparenta ad altre dimensioni del magma che unisce corpo-terra-mare. E così i crani ritornano dalla storia alla natura in un muto canto di dolore che esalta la vita cancellando ogni soggettività. È il dopo. E noi lo vediamo prima.

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Carolina Pozzi ha presentato Oleg Videnin Gli sguardi sicuri dei ragazzi di Oleg Videnin inchiodano l’osservatore con una potenza inattesa, invitando a non distogliere lo sguardo dai tratti in bilico tra infanzia ed età adulta, innocenza e dura consapevolezza. Storie di transizione, dai tanti inizi e molteplici finali, che emergono dalle campagne di Bryansk per il tempo labile e allo stesso tempo infinito di uno scatto. La narrazione si apre così a infinite possibilità, mentre nei volti dei giovani protagonisti piccole vicende quotidiane si intrecciano ai racconti di una terra antica.

Per Lindström ha presentato Martin Bogren Martin Bogren si muove tra gente ordinaria in città ordinarie, sia a casa che nei suoi viaggi. Le sue sono foto-documento, catturate durante lunghe passeggiate fatte la mattina presto o la sera tardi. Quando guardiamo dentro il suo mondo in bianco e nero, dove spazio e tempo sono sempre subordinati all’incontro con un altro essere umano, troviamo un universo fortemente personale e poetico che si costruisce sul mondano e sul reale

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Sandra Phillips ha presentato Zanele Muholi Zanele Muholi è una fotografa coraggiosa e onesta. Definirla solo fotografa non è del tutto esatto, però, perché è anche attivista. Le sue fotografie andrebbero guardate come parte del suo attivismo, a ricordarci
che quando sentiamo parlare delle donne uccise in Sudafrica per le loro preferenze sessuali, sono proprio loro che intende. Qualcuna di quelle che ha fotografato non è più viva, qualcuna è stata mutilata. I ritratti della serie Faces e Phases sono testimonianze dirette
di lesbiche e transgender, perlopiù nel Sudafrica dove Muholi è nata. Li immortala così come le si presentano, con onestà e schiettezza, senza essere giudicante se non per rammentarci la loro semplice umanità. I soggetti di queste fotografie sono persone come noi e si meritano il rispetto degli altri fratelli e sorelle, ovunque siano. Sono fotografie che fanno onore ai loro soggetti.

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