In parallelo col "Cammino del Perdono"
Roma
Santa Croce in Gerusalemme
di Dante Fasciolo
La basilica di Santa Croce in Gerusalemme venne costruita sulle rovine di una villa imperiale denominata Horti Variani ad Spem Veterem, iniziata da Settimio Severo e terminata da Eliogabalo nel III secolo d.C. Di questa villa facevano parte l'Anfiteatro Castrense, il Circo Variano, le Terme Eleniane (così chiamate dopo il restauro eseguito dall'imperatrice Elena) e un nucleo residenziale, nel quale erano una grande sala (in seguito usata per la costruzione di Santa Croce in Gerusalemme) e un’aula absidata. La villa venne privata di alcune sue parti dalla costruzione delle Mura Aureliane nel 272; all'inizio del IV secolo d.C. il palazzo fu scelto come residenza da Elena, madre di Costantino, con il nome di Palazzo Sessoriano. Fu dietro sua iniziativa che venne trasformata in basilica cristiana la grande aula rettangolare, originariamente coperta da un soffitto piano, illuminata da venti finestre collocate cinque su ogni lato e con pregevole decorazione marmorea nel registro inferiore. Il nome Sessoriano viene da latino sedeo, ovvero "siedo" (cfr. italiano “sessioneâ€), poiché in epoca tardo imperiale il consiglio imperiale usava riunirsi in una sala del palazzo.
La chiesa, chiamata originariamente Sancta Hierusalem, ebbe il nome di Basilica Heleniana nel 433, dopo che Elena madre dell'imperatore Costantino vi aveva fatto costruire una cappella, isolata rispetto al complesso centrale, dove aveva collocato i resti della Santa Croce da lei trovati e riportati a Roma da Gerusalemme. Sebbene la basilica fosse situata ai margini di Roma, diventò meta di pellegrinaggio grazie alla enorme importanza storica delle reliquie: parti della Croce stessa (tre frammenti di legno ed un chiodo), due spine della corona, parte dell'epigrafe di Ponzio Pilato in latino, greco ed ebraico, "Gesù di Nazareth re dei giudei", frammenti della colonna della fustigazione, la spugna imbevuta d'aceto usata per dissetare Gesù e uno dei 30 denari di Giuda. Sotto il papa Lucio II nel XII secolo si ebbe la trasformazione della chiesa: furono creati dei settori longitudinali che la suddivisero in tre navate, fu aggiunto il transetto, il chiostro (poi demolito) e il campanile in laterizio, alto 8 piani. Degli otto piani originari del campanile si possono vedere solo gli ultimi quattro, con finestre monofore e bifore, alcune delle quali murate nel XIV secolo; i primi quattro piani sono invece incorporati nel monastero. Il campanile ha tre campane: due sono di Simone e Prospero De Prosperis (1631), la terza è più recente e risale al 1957.
Nei secoli successivi la chiesa vide altri restauri; nel periodo avignonese venne completamente abbandonata. Lo stato di totale abbandono, nonostante i restauri di Urbano V nel XIV secolo e la assegnazione del monastero ai monaci Certosini prima e in seguito ai Cistercensi, ebbe fine solo nel XVIII secolo. Nel 1743 la chiesa fu completamente rifatta per iniziativa di Benedetto XIV dagli architetti Gregorini e Passalacqua, ai quali dobbiamo la attuale facciata in travertino, concava, ripartita da lesene con luminose finestre collocate al di sopra degli ingressi minori e il grande ovale al di sopra del passaggio centrale.
L'ingresso alla basilica avviene attraverso un atrio a pianta ellittica, con una piccola cupola sostenuta da pilastri e colonne in granito che, nella basilica paleocristiana, erano collocate all'interno. Per le porte quattrocentesche, parzialmente danneggiate nel XVIII secolo, si passa all'interno, suddiviso in tre navate da otto antiche colonne di granito e da sei pilastri, quattro dei quali inglobano altrettante colonne originarie.
Nel presbiterio sono un ciborio del Settecento e l'urna in basalto che accoglie le spoglie dei santi Cesareo e Anastasio; al centro dell'abside è un tabernacolo in marmo e bronzo dorato (opera di Carlo Maderno) e la splendida tomba del Card. Quiñones, di Jacopo Sansovino.
Nei sotterranei è la pregevolissima Cappella di Sant’Elena, impreziosita nella volta da un mosaico dell’epoca di Valentiniano III, poi restaurata nel Cinquecento da Melozzo da Forlì e dal Peruzzi. Sotto il pavimento della cappella è cosparsa la terra del monte Calvario, portata a Roma da Sant’Elena; nella cripta è la statua romana di Giunone, rinvenuta ad Ostia e trasformata nella effigie di Sant’Elena con la sostituzione della testa e delle braccia e l'aggiunta della croce. La cappella custodì le Reliquie della Crocifissione per più di sedici secoli; solo nel 1930 esse furono trasferite nella nuova Cappella delle Reliquie, opera dell'architetto Florestano di Fausto su incarico del Card. Pacheo e di Pio V, per essere esposte alla venerazione dei pellegrini. Su un lato della basilica di Santa Croce in Gerusalemme era una edicola sacra dedicata alla Vergine Maria, presso la quale trovò riparo Sisto IV durante un violento nubifragio, impetrando l'aiuto della Vergine. In seguito a ciò il papa decise che in quel luogo venisse edificato un piccolo oratorio, ancora esistente, nel quale fu collocata l'immagine miracolosa, una Madonna con Bambino forse di Antoniazzo Romano.
Appoggiato alle Mura Aureliane, l'edificio fu chiamato Santa Maria del Buon Aiuto o “del Soccorsoâ€, ma anche Santa Maria “de Spazzolariâ€, probabilmente in riferimento alla Università dei Cappellari che per un periodo ebbe in gestione l'oratorio.
La facciata esterna aveva tre ordini: il primo presentava arcate, inquadrate da semicolonne, il secondo arcate, chiuse da bassi parapetti, inquadrate da lesene e il terzo un attico con finestre ripartito da lesene. Superiormente vi si trovavano probabilmente mensole in travertino per sostenere i pali del velarium. Sui tre ordini semicolonne e lesene avevano capitelli corinzi ed erano realizzate interamente in mattoni, come il resto della struttura, fatto piuttosto raro per edifici di questo tipo, costruiti solitamente in pietra. All'interno i gradini della cavea dovevano essere sorretti da ambulacri con volte a botte, sovrapposti come gli ordini della facciata.