Ciclo sugli alberi seguendo l'itinerario divulgativo
del libro "Alberologia" di Antonio De Bono, edito da Osanna Edizioni
Le esperienze monastiche
Mitologia cristiana
La Sacra Bibbia ci parla di alberi proprio nel capitolo primo della creazione del cielo e della terra.
Genesi: e Dio disse: La terra produca germogli, erbe che producano seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie.
E ancora: Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male (G:1,11).
La vita dell’uomo inizia dopo quella degli alberi, poiché venne plasmato e collocato nel giardino dell’Eden, e lo stesso Gesù, il figlio di Dio fattosi uomo, muore inchiodato su una croce di legno.
Tuttavia, fino all’Apocalisse, la parola albero compare nella Sacra Bibbia – antico e nuovo testamento – nella Genesi per ben altre 128 volte, con particolare riferimento alle seguenti specie: acacia (28), cedro (49), cipresso (16), gelso (1), larice (3), leccio (1), mandorlo (3), melo (3), melograno (6), mirra (17), olivo (20), palma (16), pioppo (2), platano (3), quercia (8), sicomoro (1), tamarindo (1).
La croce vene innalzata sul Golgota, fuori Gerusalemme, vicino al punto in cui era stato sepolto Adamo in modo che il sangue del Redentore battezzasse il primo suolo purificandolo dal peccato originale.
La croce, durante i primi decenni del Cristianesimo, non veniva considerata uno dei simboli della religione perché, essendo ancora usata come patibolo, cioè strumento di esecuzione capitale, indicarla come simbolo religioso sarebbe stato di cattivo auspicio per i posteri.
Solo in un secondo momento, cioè durante la cristianizzazione dell’Europa pagana e nordica, la croce è servita per estirpare dalle campagne il culto reso a tutti gli alberi sacri e ai boschi.
Tuttavia il legame del cristiano con la natura e con l’albero in particolare ebbe esempi di alta testimonianza.
San Paolo, il primo eremita, si riparò nel deserto della Tebaide, sotto una palma, della quale si servi per cibarsi e vestirsi. Altri eremiti, nel tempo, si rifugiarono nei boschi. Ben presto nelle foreste vennero costruiti i primi monasteri, dove si sarebbero stabiliti i monaci che le dissodarono e coltivarono realizzando orti.
Per citarne alcuni si ricorda San Benedetto che si stabilì sul monte Cassino, San Bernardo si stanziò a Chiaravalle, San Giovanni Gualberto nella foresta di Vallombrosa.
San Romualdo, si appartò nella silenziosa foresta casentinese e a Camaldoli fondò l’eremo. San Francesco abitò la selva di Assisi, San Guglielmo da Vercelli si insediò prima nella foresta di Gallipoli Cognato ad Accettura (Matera), per trasferirsi successivamente nella piana di Goleto, presso Nusco (Avellino), dove gli servì da cella il cavo di un gigantesco albero.
Una scelta simile fu fatta dal Beato Vivaldo di San Gimignano, il quale si ritirò nella selva di Camporena in provincia di Firenze, la sua dimora era il tronco cavo di un castagno dove visse e morì. Anche **Sant’Antonio*** da Padova visse all’ombra di un maestoso noce, dove si ritirava in contemplazione e preghiera.
Se è vero come è vero che la scienza forestale è nata in Italia, certamente i primi esperimenti scientifici sono stati prodotti dai frati che si erano stabiliti nelle foreste e vi avevano introdotto ed eseguito le prime cure. Proprio loro fornirono altri interessanti esempi di coltivazione forestale, la pratica del taglio raso e successivamente l’impianto di nuovi boschi con rinnovazione artificiale…e a tutto ciò non fu mai estranea l’applicazione del motto benedettino adottato da molti ordini “Ora et Labora”.