Biennale d'Arte Venezia - tutti i futuri del mondo
Padiglione del Guatemala
Sweet Death
Mostra promossa dall'Associazione Culturale "La Rosa dei Venti"
di Dante Fasciolo
Tutti, proprio tutti, forse no. Ma l’intenzione della 36^ Biennale d'Arte di Venezia di indicare “tutti i futuri del mondo” è stata decisamente rappresentata con successo.
Un primo giudizio positivo lo si può dare all’insieme coerente ed unitario, che si afferma per una caratterizzazione del linguaggio documentario ancorato al tempo presente: un coacervo di idee sperdute nel labirinto che l’uomo contemporaneo si è costruito e dentro il quale cerca il suo futuro possibile.
Tutti i sentieri impediscono di trovare una uscita dignitosa, ma una, tra le poche esistenti, una soltanto, esaustiva, c’è…difficile da trovare.
I tempi segnano momenti cupi per l’intera umanità sul piano culturale e sociale, e scandiscono inesorabili segni di decadenza, nell’indifferenza.
Possiamo abituarci a questa convivenza e scegliere di non sentire, non vedere non parlare…invece la questione ci riguarda.
E se a fronte dell’impotenza, della rassegnazione, dell’ineluttabile si scegliesse di seguire il dedalo dell’ironia, forse questa potrà essere considerata l’uscita dal labirinto possibile: una morte lenta, una dolce morte.
In questo senso grande interesse ha suscitato la mostra “Sweet Death” (Premio Internazionale della Stampa) allestita presso il Padiglione Guademalteco, ispirata dalle coloratissime e variopinte tombe del cimitero di Chichicastenango, eco di lontani riti maya, “Dolce Morte” appunto, laddove le decorazioni cromatiche servivano per illuminare e dimenticare la visione buia e tetra della morte.
L’ideatore e curatore della mostra, il professor Daniele Radini Tedeschi, raffinato critico d’arte e ricercatore testardo, ha colto l’occasione di questa dinamica culturale per presentare “una rassegna colorata, - come afferma Stefania Pieralice, Presidente della "Rosa dei Venti", nella prefazione del volume che accompagna la mostra - connotata per alcuni aspetti da quella apparente vacuità capace di affrontare con un sorriso anche la morte. La mostra riflette quello stile di vita ‘noir’, beffardo, lussuoso tendente a una sorta di ‘spleen’ baudeleriano che caratterizza il linguaggio del suo ideatore Daniele Radini Tedeschi”.
Addentrasi nella disamina dei lavori dei singoli artisti partecipanti alla mostra “Sweet Death” è impresa impegnativa, tanta ed ardua è la concettualità espressa; non resta che accogliere pizzichi di riflessione del curatore sugli aspetti speculativi più significativi, a partire da tre capisaldi caratterizzanti l’intera mostra e definita come “ iperrealista” perché vuole fuggire dal realismo; “psichedelica” perché vuole condizionare lo spettatore nelle sue strutture mentali e condizionarne gli schemi impostati; “rococò” poiché tende a sviluppare uno stile mondano e snob vezzoso e civettuolo.
Ecco la ‘Bambola a cucù’ di Teresa Condito alludere al giocattolo, al sesso, al tempo, al gusto ludico e lubrico; per contro, ecco ‘Scandalo all’Accademia’ di Carlo Maltese, adorazione della bellezza fisica del David di Michelangelo.
C’è un nido d’uccello schiacciato sotto la ruota di un’auto, ' La protesta' opera presentata da Carlo Marraffa per la fotografia, un richiamo per un gesto non punibile che accentua ancor più l’ingiustizia verso chi non può difendersi, in questo caso costernati colombi; speculari le farfalle in ‘Butterfly’ di Adriana Montalto, quasi un recupero della bellezza perduta, senza il bisogno di inventarne di nuove.
Un richiamo marcato alla realtà sociale è offerto da Monica Anselmi e Luigi Bianchini, un’urna con sabbia sovrastato dal Topolino dei fumetti decapitato, come un richiamo al Battista, per simboleggiare i contrasti tra povertà e consumismo del nostro tempo.
La vanitas passa attraverso l’opera di Pier Domenico Macri ‘Eternit riposo’: simboli materiali ed immateriali affastellati per ricordare la precarietà e la caducità del tutto; e passa con ‘Charlie’ di Sabrina Bertolelli: scultura raffigurante un cranio nero tiene nella sua calotta un numero notevole di matite giganti e policrome. Chi mai fu questo Charlie? Un gigante di polifemica memoria, un personaggio degno di Gulliver, un emblema dell’attentato parigino…- si domanda Daniele Radini Tedeschi e rivela – l’artista conserva gelosamente il suo segreto, affidando allo spettatore la facoltà di decifrare il senso di questo mostro immoto e silente, anch’esso in eterno riposo.
Altri lavori meritano attenzione, e la proposta è quella di non perdere una visita alla Mostra aperta fino a tutto novembre.
Ci sono: il ‘Moro’ di Luigi Citarrella; il ‘Pontefice’ di Fatima Messana; le ‘Pene d'amore’ di Carmelo Leone; le fotografie cimiteriali di Maurizio Gabbana; la trasfigurazione paradisiaca di Carlo Guidetti; lo strazio di Iros Marpicati; l’astratto di Roberto Miniati; i busti in terracotta di Jucci Ugolotti; i ritratti di Salvatore Ruggeri; la ‘Lollobrigida’ di Schmidlin; il ristorante caustico di Marisa Laurito. Ancora Paolo Residori con 'Parsmoke'; Daniele Accossato con 'Indole'; Roberto Miniati con 'Popular event';
E che dire di Ennio Calabria, che torna a Venezia (storica la sua partecipazione all’edizione del 1964), l’opera presente è ‘Garrula Morte’ sostanzialmente macabra e terrifica, capace di destare nella memoria i fantasmi di El Greco, di Goya sino a Van Gogh e Bacon, il tutto attraverso un alfabeto realistico ma pregno di vissuto e perciò volutamente non aggiornato rispetto agli imperativi iperrealistici o minimali sempre più richiesti dal mercato.
E i guatemaltechi Mariadolores Castellanos con 'Amor a primera vista'; Mònica Serra; Elmar Rojas, Elsie Wunderlich con ' Galactic Flower'; Max Leivacon 'Hacia el Agora' , che portano il loro sussidio alla mostra fornendo una percezione di europeizzazione.
C’è da notare infine che l’ideatore della mostra, nel suo saggio di introduzione
al poderoso volume Sweet Death edito dall’Editoriale Giorgio Mondadori, dedica ampio riferimento al lavoro presentato alla mostra dal titolo ‘Il sogno degli italiani’ di Garullo & Ottocento, scultura di cera del corpo di Berlusconi in una urna da altare che evoca una liturgia mediatica perfetta: cera-cerone, posa-santificazione, sorriso-illusione.
Oltre l’ispirazione che ha mosso l’autore, oltre il significato che lo stesso ha attribuito alla sua opere, il pensiero di Daniele Radini Tedeschi è che tale opera vuole affermare – senza ironia alcuna – la chiusura della parentesi culturale. La Dolce Morte della scultura raffigurante Berlusconi corrisponde alla dolce morte variopinta delle tombe guatemalteche, in entrambi i casi l’uomo ha voluto vivere la sua illusione.
… una indicazione, uno stile leggero per uscire dal labirinto? o il richiamo suggestivo della pacificazione dell'animo per entrare in una vita oltre la vita?
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