La 60^ edizione dell'Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia
Giardini di Venezia e Arsenale
Stranieri ovunque
di Brigida Mascitti
Sabato 20 aprile ha aperto i battenti - all’Arsenale e ai Giardini di Venezia - la 60° Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo “Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere”, a cura di Adriano Pedrosa e prodotta dalla Biennale.
Il titolo è tratto da una serie di lavori realizzati a partire dal 2004 dal collettivo Claire Fontaine, nato a Parigi e con sede a Palermo: queste opere consistono in sculture al neon di vari colori che riportano in diverse lingue le parole “Stranieri Ovunque”. L’espressione è stata inoltre presa dal nome di un omonimo collettivo torinese che nei primi anni Duemila combatteva contro il razzismo e la xenofobia in Italia.
Secondo il curatore Pedrosa, l’espressione ha più di un significato: “…innanzitutto, vuole intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri”.
La novità di questa edizione consiste nell’esposizione suddivisa in due nuclei distinti: il “Nucleo Contemporaneo” ed il “Nucleo Storico”. Il primo consiste nella produzione di soggetti connessi a tutto ciò che risulta essere “strano”: l’artista queer, che si muove all’interno di diverse sessualità e generi ed è spesso perseguitato o messo al bando; l’artista outsider, che si trova ai margini del mondo dell’arte, proprio come l’autodidatta o il cosiddetto artista folk o popular; l’artista indigeno, spesso trattato come uno straniero nella propria terra. Il Nucleo Storico è invece composto da opere del XX secolo provenienti dall’America Latina, dall’Africa, dall’Asia e dal mondo arabo. Si è scritto molto sui modernismi globali e su quelli del Sud del mondo, motivo per cui in alcune sale sono esposti lavori provenienti da tali territori, come a costituire una sorta di saggio, una bozza, un ipotetico esperimento curatoriale volto a mettere in discussione i confini e le definizioni del Modernismo.
Come sottolineato da Pedrosa, “nel corso della ricerca sono emersi in modo piuttosto organico due elementi diversi ma correlati che sono stati sviluppati fino a imporsi come leitmotiv di tutta la Mostra. Il primo è il tessile, esplorato da molti artisti coinvolti, a partire da figure chiave nel Nucleo Storico, fino a molti autori presenti nel Nucleo Contemporaneo. [...]
Tali opere rivelano un interesse per l’artigianato, la tradizione e il fatto a mano, così come per le tecniche che, nel più ampio campo delle belle arti, sono state a volte considerate altre o straniere, estranee o strane. [...] Un secondo elemento è rappresentato dagli artisti – molti dei quali indigeni – legati da vincoli di sangue. [...] Anche in questo caso la tradizione gioca un ruolo importante: la trasmissione di conoscenze e pratiche da padre o madre a figlio o figlia oppure tra fratelli e parenti”.
Le partecipazioni quest’anno raggiungono un livello molto alto, con 90 paesi, cui si aggiungono 30 eventi collaterali, approvati dal curatore e promossi da enti e istituzioni pubbliche e private, organizzati in numerose sedi della città di Venezia e portatori di un'ampia offerta di contributi e partecipazioni che arricchiscono il pluralismo di voci che caratterizza la Mostra.
Tra le imperdibili sicuramente “City of Refuge III” dell’artista belga Berlinde De Bruyckere che si appropria degli spazi dell’Abbazia di San Giorgio Maggiore; la mostra collettiva “Breast”, a cura di Carolina Pasti presso Palazzo Franchetti e la mostra di Joan Fontcuberta: “Cultura di polvere” presso il Museo Fortuny.
Per gli amanti della “Pop” la personale di Robert Indiana “The Sweet Mystery” alle Procuratie Vecchie e per una rilettura tra antico e contemporaneo “Musei delle lacrime” di Francesco Vezzoli al Museo Correr.
Quest’anno il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale è sostenuto e promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, ed è a cura di Luca Cerizza, con il progetto “Due qui / To hear” dell'artista Massimo Bartolini, che include contributi appositamente ideati da musiciste/i e da scrittrici/scrittori anche se il Padiglione Germania, nella sua storica sede dei Giardini, a cura di Cagla Ilk e con opere di Yael Bartana, Ersan Mondtag, Michael Akstaller, Nicole L’Huillier, Robert Lippok e Jean St. Werne è sicuramente il più degno di nota tra i Paesi storici partecipanti all’esposizione internazionale.