"una cosa bella è una gioia per sempre" John Keats
Cesuna - (Vicenza)
Museo dei cuchi
Nasce da loro il detto popolare
"vecio come el cuco"
di Alessandro Gentili
Nato nel 1987da una passione di GianFranco Valente il museo dei cuchi (strumenti popolari a fiato); è accompagnato dal piacere di svolgere, nei limiti possibili, la lunga storia che questi fischietti si portano appresso, tanto da far nascere la frase "vecio come el cuco".
Inventati per imitare gli uccelli, per rappresentare con il loro lieve soffio lo spirito della vita, o per allontanare gli spiriti cattivi, per segnare il trapasso dalla vita alla morte, come oggetto scaramantico, o come difesa usata dai contadini contro i predatori di coltivazioni, fino a diventare gioco dei bambini, o pegno amoroso, sono oggi assunti alle più vive rappresentazioni di espressioni artistica e di costume.
L'interesse per i cuchi prende consistenza alla fine dell'ottocento e all'inizio di questo secolo, accentuato soprattutto in questi ultimi vent'anni. Ed è proprio nelle sagre e nelle fiere che arrivano i cucari, per allestire banchetti dei cuchi alternati ai dolciumi di fattura casalinga.
Nell'Altopiano di Asiago a Canove il 25 aprile per la festa di San Marco, si tiene la sagra del fischietto popolare. Importante nel Veneto sono stati e sono i cuchi delle Nove; all'inizio piccoli e raffiguranti uccelli, soprattutto galli. Nel tempo la parte suonante veniva attinta a delle raffigurazione stampate raggiungendo così oggetti più grandi chiamati arci cuchi.
Ma il cuco poteva anche avere un serbatoio d'acqua per ottenere un suono più dolce, più modulato, mentre se la parte destinata al suono la si lasciava a secco, il suono diventava più acuto con delle. variazioni che dipendevano dalle dimensioni della cassa, dall'inclinazione del beccuccio, e forse dalla stessa creta con cui era stato creato.
Purtroppo a questi umili oggetti pieni di storia sulle bancarelle si sono sostituiti quelli di latta ed oggi di plastica. Motivo non determinante per lasciare morire quella che è sicuramente una tra le più antiche espressioni dell'uomo, simbolo di festa e di gioia. Il fischietto di terracotta non è finito. Artigiani pazienti un po' in tutto il mondo e non soltanto nelle aree marginali della cultura, hanno continuato a modellarli nelle tipologie più varie, da quelle zoomorfe (di preferenza il gallo, ma anche asini o cavalli, uccelli in genere sino ai pesci, ai rettili alle rane) a quelle antropomorfe (contadini, pastori, soldati e carabinieri, madonne e santi) a quelle più recenti, dove la fantasia e l'immaginazione dell'artista ha trovato libero sfogo. Artigiani, si noti, che per gli anni passati erano soprattutto anziani che continuavano a produrre cuchi secondo la più antica tradizione locale. Ma da qualche anno i cuchi sono tornati ad interessare anche gli artisti più giovani che hanno ripreso la difficile tecnica di dare voce e quindi "vita" ai loro cuchi.
Ecco il perchè della raccolta dei cuchi e dei piccoli fischietti di terracotta in un piccolo museo, significativo di memorie ritrovate, di suoni impensati. Vera sopravvivenza dell'artigianato artistico capace di trasmettere e suggerire a tutti nuove e colorate interpretazioni.
Il Museo dei Cuchi consente di penetrare in questo mondo straordinariamente ricco e, stupidamente, emarginato per decenni. Ogni vetrina è una tavola densa, popolata di citazioni che muovono verso le stampe popolari o verso il surrealismo. Ogni vetrina è un quadro che dice moltissime cose che si potrebbero dire, ma solo con troppe parole, e altre che con le parole non si possono dire. Dare vita con un soffio, a un uccellino o ad un'altra creatura in argilla, forse fu questa la molla, che in tempi remoti spinse l'uomo a costruire il primo fischietto. Archeologi ed etnologi lo testimoniano: il fischietto, impastato nella terra, cotto nel fuoco dei forni è forse antico quanto l'uomo. Ritrovamenti di piccoli fischietti d'argilla, sono avvenuti in tombe di bambini di epoca greca.
In Inghilterra si muravano i fischietti nella cappa del camino, per tenere lontani gli spiriti maligni.
Nel 1700 e nel 1800 in Baviera, veniva messo un fischietto nella culla dei bambini, per proteggerli, fino al battesimo, sempre dagli spiriti maligni.
Sino a trenta-quarant'anni fa, i commercianti di giocattoli, li portavano nelle sagre e li appendevano nelle caratteristiche briccole a cavalletto o li esibivano nelle ceste. Poi divennero fischietti di metallo stampato e suonavano mediante una linguetta armonica. Oggi il fischietto in ceramica, si ripropone rinnovato nei materiali, nelle forme, nei colori, ma rimane un oggetto magico, poetico, un pò misterioso, a volte grottesco o comico, certamente un oggetto di festa e di buonaugurio.
Il cuco è probabilmente il primo giocattolo sonoro dell'antichità ; la sua origine si perde nella notte dei tempi; lo si trova nelle civiltà più remote, in forme di animali e umane; frutto di ingegnosità e fantasia dei primi plasmatori della nostra madre creta, mezzo espressivo universale, che lo stesso Creatore ha usato per modellare padre Adamo.
Più vicino a noi, il cuco era l'umile, variopinto giocattolo dei bimbi poveri; si comprava nelle bancherelle delle sagre paesane. Bei tempi, quando in queste sagre di paese il "moroso" donava il cuco alla "morosa", come pegno d'amore e la "morosa" era felice di suonarlo!
Il cuco raffigura normalmente un uccello, il cuculo, del quale imita il canto.
È provato che il cuco, oltre che portafortuna, ha poteri magici. Nei momenti di malinconia, convogliando i sospiri attraverso il cuco, ne uscirà un magico suono distensivo che evocherà il canto del cuculo, nei boschi, alla incipiente primavera; richiamo infallibile d'amore e di giovinezza!