#266 - 27 giugno 2020
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrà  in rete fino alla mezzanotte del giorno sabato 30 novembre quando lascerà  il posto al numero 358 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, può durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchè" (Mark Twain) "L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) «La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchè i servizi sanitari siano accessibili a tutti». Papa Francesco «Il grado di civiltà  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensì nella capacità  di assistere, accogliere, curare i più deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltà  di una nazione e di un popolo». Alberto degli Entusiasti "Ogni mattina il mondo è un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosità , vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Piccoli Grandi Musei Italiani

"Una cosa bella è una gioia per sempre"
(John Keats)

Bellezza Italia

Musei in divenire

di Alessandro Gentili

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Questi brevi cenni che si riportano qui sono solo appunti di un lettore/visitatore interessato alla bellezza, soprattutto di un mondo che va lentamente liquefacendosi sotto l’implacabile avanzamento della tecnologia, della modernità, del progresso.
La tentazione di chiudere occhi ed orecchi talvolta risulta impellente e necessaria e da qui queste brevi cronache su nicchie, musei, strade, persone, dialoghi di questo mondo vampirizzato, appunto, dal “nuovo che avanza”.

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Nuovo che per chi scrive sta per “ nulla”, quello, per intenderci, della “ Storia infinita “ di Michael Ende. Purtuttavia, del moderno dobbiamo sapere, del progresso dobbiamo informarci, del “nulla” dobbiamo vedere per capire, almeno, come fronteggiarlo (impossibile combatterlo).
Non si può condannare tutto, se non altro per i giovani, i figli che con questo tempo debbono pur convivere (con-vivere, non con-nivere, così ci auguriamo).

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Il progresso e la scienza esigono obbedienza, cieca obbedienza, se non venerazione. Il popolo è ben istruito e segue diligentemente. Gli vengono assegnati limiti di azione e argomenti di confutazione: i due cardini entro cui possono laicamente e tacitamente sopravvivere. La paura, il panico, viene sapientemente distribuito e controllato. Altre forme sono vietate.
Dunque: dov’è questa settimana il piccolo grande museo di cui dovremmo pur indicare ubicazione, storia e formazione?

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Il museo di questa settimana siamo proprio noi, per noi intendo quelle anime, quelle persone che storcono il naso davanti all’incedere marziale e arrogante della scienza e del progresso. Sì, signori, ci hanno dato del “museo anticato”, roba vecchia, rigattieri di cianfrusaglie di un mondo che "deve" levarsi di torno per far posto al nuovo mondo.
Come in ogni vicenda esemplare, anche qui tutto è allegoria e metafora: la titanica ostilità di chi non vuole arrendersi, lo spauracchio delle pene giudiziarie, l’ansia e la tensione di mettere il messaggio nella bottiglia mentre si sta per naufragare.

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Le storie dei “musei anticati “ sono indissolubilmente legate a certi musei di arte arcaica, a certi angoli di Roma o di altre città medioevali (Volterra, San Gimignano, Todi, Civita di Bagnoregio, questi vecchi paesi disabitati che i comuni offrono quasi in regalie pur di farli rivivere, Matera e via discorrendo….) che riescono miracolosamente a custodire usi, costumi ed interni di cui si potrebbe leggere solo in romanzi del secolo scorso. Ricordo a tal proposito, l’incontro con una “gattara”, una matrona regina di un vicoletto alla Suburra, dietro la fermata Cavour della linea B della metropolitana di Roma. In vestaglia e pantofole, troneggiava sicura di sé con le ciotole per i gatti del Rione, mentre, pochi passi più in là, turisti e lacchè di un albergo di lusso volteggiavano impazienti in attesa del bus turistico. O quella elegante signora di “altri tempi” , impreziosita da gioielli di famiglia che passava incurante di tutti da via Gregoriana verso via Sistina verso un appuntamento da me solo immaginato.

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Solo ponti che congiungono questi “altri tempi” al “mondo nuovo”. Ma l’atteggiamento da “museo” mi pare indovinato. Il museo sta lì, incurante dei moderni agglomerati, a dire sempre la sua, sempre più solo, sempre più spoglio e deserto. Ma la sua funzione resta.

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