Trekking per recuperare sensibilità
Roma Parco della Caffarella
Sui passi della libertà
Percorsi per misurarsi con la natura
di Alessandro Gentili
La sopravvivenza di una città, di un paese o di un’intera nazione non dipende solo dalla rettitudine degli uomini che vi abitano, ma anche dalla presenza dei boschi che la circondano e dai parchi e giardini collocati al suo interno. Conosco ancora poco il trekking o il Nordic Wallking, disciplina che meglio del semplice trekking frequento da più di un anno, ma mi sono accorto di questo: andare nei boschi, lontano dalla città, inoltrarsi nelle conifere o costeggiare fianchi, pendii e scoscese di un percorso fuori porta non dà, se posso esprimermi così, lo stesso impatto mediatico, che praticarlo, appunto, all’interno della città, in un parco sia o no adibito a questo scopo sportivo.
Prendete l’immenso parco della Caffarella a Roma: grande quanto una città di provincia, un immenso polmone che si adagia a sud ovest di Roma, tra il quartiere Appio e la Laurentina ma che spinge il suo verde rigoglioso sull’Ardeatina fino a …..non so neppure dove.
Si può prendere il parco, come faccio io, dalle parti di Arco di Travertino (Fermata M) e iniziare ad inoltrarsi tra cani e padroni, atleti più o meno modesti, solitari in cerca di solitudine....già qui il fatto solo di incontrare tutta questa gente mentre praticate la disciplina sportiva fa un gran bene. Vi riconoscete in questi sconosciuti, spunta un sorriso, un saluto, un ammicco di simpatia.
Bene: provate ad andare oltre e vi potrà accadere che una persona sconosciuta vi chieda di seguirvi: ”Sapete? Da solo non vado ma se continuate e vi fa piacere, vengo con voi, senza darvi fastidio.”
Nessun fastidio. Così ho conosciuto questo Enzo e con lui ci siamo inoltrati, sconosciuti, nello sconosciuto parco della Caffarella.
E’ il segreto del camminare che già Henry David Thoreau aveva largamente intuito nel 1850, segreto incomprensibile ai dotti e ai sapienti, ma facilmente raggiungibile dalle persone che amano fare la cosa più semplice per l’uomo: camminare.
Nessuna gara, nessuna competizione, nessun tempo da raggiungere, nessuna mèta, oserei dire.
E così quel sabato alla Caffarella, io ed Enzo, per più di tre ore, ci siamo potuti inoltrare non solo nell’immensa radura del parco ma perfino nelle immense ed eterne pianure dell’anima…era l’estate scorsa e il tramonto, d’un colore di non sai quale colore, ci fece compagnia fino alla fine, costeggiando una sera che faticava a farsi largo perché il tramonto reclamava ancora Tempo, Tempo per farsi ammirare. E noi ammirammo.
Il Parco non è tenuto in ordine, ma onestamente quella rigogliosa esplosione senza paletti, dava un senso di libertà, quasi fossimo un Indiana Jones in esplorazione nell’Amazzonia.
Libertà che tuttavia, è bene riconoscere, si acquista col sudore della fronte e lascia dietro di noi sacrifici e non pochi rimpianti (Ricordo una paradossale risposta di Padre Pio da Pietrelcina ad una figlia spirituale che gli chiese di aiutarla a diventare “santa”. Lui le rispose:”Va bene, ma ricordati che è una vita da cani!”.
Di Enzo non ho avuto più notizie, nessuno scambio di numeri. Meglio così. Ma, come potete vedere, non è passato invano se quella quasi mitica passeggiata è rimasta impressa su questa carta.