"una cosa bella è una gioia per sempre" John Keats
Roma
Il Maam
Museo dell'altro e dell'altrove
di Alessandro Gentili
Uno stabilimento abbandonato, Fiorucci, sulla via Prenestina, a Roma, in pochi anni è diventato un posto speciale: una città e un museo insieme dal nome "MAAM" (Museo dell'Altro e dell'Altrove") di Metropoliz_città meticcia dedicato all'arte contemporanea.
Siamo quasi in prossimità del Sacro Gra. Di fronte alla facciata imponente, dipinta da Borondo e Kobra, con la scintillante Malala che ti guarda, pensi quanto sia strano venire a sapere di un luogo del genere dal collega fotografo che vive a Parigi o che amici greci vi abbiano già fatto un concerto due anni fa rimanendone entusiasti: strano che il Maam non sia sulla bocca di tutti proprio nella sua città, a Roma, mentre richiama artisti in giro per il mondo.
Grazie al contributo dei Blocchi Precari Metropolitani – organizzazione romana nata nel 2007 per rivendicare il diritto all’abitare – nasce Metropoliz.
Di solito le occupazioni riguardano scuole, uffici, altre case lasciate in stato di abbandono. Tanto che, oltre ai soliti problemi legati all’allacciamento di luce, acqua e gas, la notevole estensione dell’area (20mila mq) ha portato via tempo dedicato alla mappatura, in modo che fosse ben chiaro come e dove ricavare gli alloggi per le circa 200 persone coinvolte, una sessantina di nuclei familiari, con tanti bambini: italiani con i peruviani, rumeni, ucraini, marocchini, comunque persone accomunate da qualcosa, senza risorse e aiuti dallo Stato, che si sono fatte guidare dall’intraprendenza dei Bpm.
Gli artisti si susseguono, i loro segni arricchiscono lo spazio mentre la vita, sempre un po’ meno precaria, va avanti.
Dallo Space Metropoliz nasce il MAAM, il Museo dell’Altro e dell’Altrove, dove per “Altro” si intende la “città meticcia”, come la definiscono gli stessi abitanti, in continua evoluzione, e per “Altrove” tutta l’intenzione di “continuare a mantenere le diversità perché sono un valore”, precisa l’attuale direttore artistico di questa enorme “cattedrale d’arte laica” Giorgio De Finis.
Anche gli abitanti, insieme a Francesco Careri di Stalker/Osservatorio nomade, iniziarono a farsi coinvolgere nel gioco dell’arte, contribuendo alla costruzione del razzo, l’essenziale mezzo e simbolo della conquista dell’impossibile.
Qui, infatti, l’arte si fa collettiva: gli artisti sono invitati a dare il loro contributo gratuitamente, interagendo con lo spazio, con gli abitanti e tra di loro.
Avviando un virtuoso rapporto tra arte e città, il MAAM si pone in concorrenza con le grandi istituzioni museali italiane e della capitale (il MAXXI e il MACRO), facendo della sua perifericità, della sua totale assenza di fondi, della sua non asetticità il suo grande punto di forza.
L’invito ad intervenire, inteso come una vera e propria “chiamata alle armi”, avviene per passaparola e si avvale dell’aiuto di associazioni, università, gallerie, curatori indipendenti e di quanti altri vogliano aderire all’iniziativa.
Il MAAM ha sede in una occupazione abitativa e non è sempre aperto al pubblico.