"una cosa bella è una gioia per sempre" John Keats
Napoli
La gipsoteca
di Alessandro Gentili
Dal XVI secolo, il fondamento dell’insegnabilità dell’arte si fonda sulla formula “disegno da disegni, disegno da calchi, disegno dal vero”.
E’ chiaro, quindi, che i calchi hanno rappresentato uno strumento essenziale per la didattica delle arti, soprattutto dal XVIII secolo in poi, con la diffusione del Neoclassicismo.
Da allora le Gipsoteche sono state i luoghi per eccellenza per la conoscenza dell’antico, per la diffusione del gusto classico e per la pratica del disegno.
Dall’età neoclassica in poi, si è venuta costituendo la preziosa raccolta di calchi e sculture in gesso dell’Accademia partenopea quale insostituibile strumento didattico.
Si contano calchi di eccezionale qualità di fattura, come l’Ares Ludovisi, opere rare come l’Antinoo Mondragone, pezzi fondamentali della storia dell’arte come il Laocoonte e molti calchi dalle sculture farnesiane e non, tratti da originali del Museo Archeologico, dove era ubicata la stessa Accademia fino all’Unità d’Italia.
La raccolta di gessi di Napoli non conta, però, solo opere dall’antico, ma anche copie da esemplari medievali, rinascimentali e moderni, nonché modelli originali di allievi in Accademia, come il pregevole bassorilievo di Liberti da Thorwaldsen o pezzi unici come il Napoleone in veste di Marte Pacificatore di Canova.
E’, quindi, una cartina al tornasole per capire istanze poetiche e stilistiche che hanno dettato le ragioni delle diverse acquisizioni; infatti il ritorno all’antico – o meglio al “classico” in quanto scelta dell’archetipo – è sempre avvenuta secondo la prospettiva della contemporaneità.
Ecco come in Accademia negli ultimi anni si siano create tutte le condizioni favorevoli per un’accelerazione nelle azioni di tutela, salvaguardia, restauro e valorizzazione del patrimonio dei calchi e gessi, condizioni che hanno condotto all’attuale riapertura delle nuove sale della Gipsoteca, anche a seguito di una seria campagna di restauri dei calchi e sculture in gesso diretta dal professore Augusto Giuffredi, con il prezioso contributo della Dott. Gemma Cautela della Soprintendenza BAP-PSAE di Napoli.
La Gipsoteca di Napoli si propone come laboratorio didattico per eccellenza: luogo della formazione e della creazione per il disegno, il disegno per il restauro, l’incisione, la storia delle arti, l’anatomia, le tecniche della scultura, le tecniche della formatura, il restauro di stucchi e gessi, ma anche il luogo privilegiato per lo studio della storia dell’arte classica, medioevale e moderna, della museografia, della storia del collezionismo e della storia del restauro.
I criteri allestitivi hanno privilegiato, quindi, una distribuzione dei materiali per temi e tipologie, al fine di creare suggestioni ed evocazioni suggerite anche dal confronto e dalla comparazione. Le iconografie principali sono: la bellezza muliebre, il pensiero dell’uomo, la raffigurazione dei filosofi, il sacro nell’arte, gli eroi e l’arte della guerra, gli dei e i semidei.
Elementi architettonici e partiti decorativi sono distribuiti nelle quattro sale dai titoli evocativi: Galleria delle statue, Sala del sacro, Sala degli eroi, Sala degli dei. Tutti i pezzi sono disposti lungo le pareti, anche se molte sculture sono su basi rotanti e mobili (in parte recuperate, in parte rifatte tenendo presente l’antico modello) per permettere spostamenti e posizionamenti diversi, giustificati anche da fini didattici.
Volutamente gli spazi sono affollati, scenografici, come nella migliore tradizione delle gipsoteche storiche: il centro delle sale è vuoto, per consentire in prima istanza ai giovani artisti di poter disegnare e studiare, di poter muovere i calchi a seconda delle diverse esigenze.
L'affetto con cui il cronista s'impegna a trovare luoghi e situazioni un pò fuori dai soliti circuiti turistici, storici e museali, naufraga nell'impossibilità di ....vederli.
Nell'economia banalizzata e globalizzata di un mondo devastato dai conti pubblici, dalle inutili elezioni politiche, dall'inciviltà, dalla barbarie sempre più crescente, questi angoli rappresentano delle oasi del nostro deserto quotidiano.
Peccato non vederli. Rincuoriamoci nel sapere che, se esistono e ci va qualcuno a vederli, il mondo è ancora salvo.