"una cosa bella è una gioia per sempre" John Keats
Milano - zona nord
Museo
della Macchina da scrivere
Diversi gli inventori ai quali la macchina da scrivere viene attribuita, spesso di diversa nazionalità .
di Alessandro Gentili
Se venite nel capoluogo meneghino, abbandonate per un attimo le ben più battute vie della moda e dello shopping e “arrampicatevi†fino alla zona nord, fermata Machiachini, in via Menabrea: scoprirete una parte di Milano che non vi aspettereste. Per giunta gratis perché il museo che Umberto Di Donato ha creato con pezzi anche unici e rari (la più antica macchina da scrivere risale a fine ‘800) è totalmente a ingresso libero. Subito dopo spostando lo sguardo poco più in là , in una vetrina, in mezzo a tante altre, trovi quello che ogni giornalista nato poco prima degli anni ’80 ha sognato almeno una volta di usare per scrivere i primi articoli: la lettera 22 di Indro Montanelli. Che, come mi dice Umberto di Donato, che le conosce una per una, era la sua preferita perché maneggevole, leggera e che lui portava anche ai Giardini che a Milano, zona Palestro, prendono il suo nome.
Il museo inizia con due piccoli corridoi pieni di esemplari vari, alcuni ritrovati negli scantinati, altri donati dalla gente che sa dell’esistenza di questo museo. E proprio mentre mi trovo lì una signora viene a chiedere se può portare la sua macchina. Ma la “donazione†non si riduce solo all’atto di regalare la macchina da scrivere: Umberto Di Donato e i suoi collaboratori chiedono informazioni su chi la possedeva, come la usava e anche in quale periodo. Perché ogni macchina ha un’anima. E lo vedi in particolare nella stanza più grande dove ce ne sono di ogni tipo: Mercedes, Reminghton e le “algide†Adler, le macchine tedesche che riconosci subito anche se non sei un intenditore: grigie, seriose e con il simbolo dell’aquila che contrassegnò la potenza del secondo reich.
Sempre nella stessa stanza, macchine con i caratteri cirillici, con gli ideogrammi cinesi con i caratteri braille, macchine in cui era impossibile vedere quello che si stava scrivendo o in cui invece di pigiare i tasti li dovevi spostare manualmente. La storia della comunicazione scritta sembra essere racchiusa tutta lì in quelle mura. Mentre sono lì (anzi “siamoâ€, ci sono andata con un mio amico e ne siamo rimasti affascinati), alcune Olivetti vengono ripulite e riposte nella loro custodia originale: “Andranno a Praga per essere sul set della miniserie che sarà girata a ottobre su Olivetti†ci spiega Di Donato con una voce che, insieme all’orgoglio, tradisce anche una piccola nota di preoccupazione per le “sue†macchine da scrivere, ma non è la prima volta che abbandonano il museo: “Qualche anno fa sono state anche richieste per campagne pubblicitarie come quella di Louis Vuitton a Romaâ€.
Perché un museo della macchina da scrivere? Perché, come ci spiega Sauro che ci ha accompagnato durante questo viaggio, quando Di Donato, ragioniere, nato in provincia di Caserta, arrivò a Milano trovò lavoro grazie a quello che aveva imparato a fare da ragazzino: battere a macchina. Si sa...il primo amore non si scorda mai...
(Sono diversi gli inventori ai quali la macchina da scrivere viene attribuita, spesso di diversa nazionalità . È anche possibile che varie persone abbiano lavorato contemporaneamente ad idee simili senza necessariamente essere a conoscenza l'uno del lavoro dell'altro. In Italia si ha notizia di una macchina da scrivere funzionante nei primi anni del XIX secolo.)