Cinema
Yves Saint Laurent
di Federica Fasciolo
Un’inquadratura sola ci comunica fin dall’inizio l’obiettivo di questo film: alla comparsa del titolo “Yves Saint Laurent”, lo zoom si sposta subito sul nome del genio della moda, Yves. Non sul cognome, la dimensione pubblica, ma il nome appunto. Perché è l’uomo, più che la sua creazione, ad apparire in questa biografia.
Al giovane Yves viene affidata la direzione artistica della maison Dior dopo la morte di quest’ultimo. Dopo le prime collezioni, il ricovero per una sindrome maniaco-depressiva sarà il pretesto con il quale verrà licenziato. Insieme al suo talento, saranno la vicinanza e il sostegno di Pierre Bergé a permettergli di aprire una propria casa, dove il suo genio creativo prenderà forma dando origine a grandi innovazioni nel campo della moda.
Come anticipavo all’inizio, però, non sono queste innovazioni a portare avanti la narrazione: i famosissimi vestiti ispirati ai quadri di Mondrian, il portare elementi del vestiario maschile in quello femminile e le influenze che i suoi viaggi in oriente donarono alle sue creazioni (nonché l’importanza data al Prêt-à-porter), in questo film fanno solo da sfondo alla sua personalità. Eccessi, droga, la relazione con Pierre Bergé nonché la gelosia, i tradimenti, un’idea di amore incondizionato che quasi somiglia a un patto che, nonostante tutto, i due non hanno intenzione di sciogliere.
Coerente con questa scelta iniziale anche la decisione di mostrare il rapporto di Yves con la sua patria natia in guerra in quel periodo, l’Algeria. Anche se i fatti, più che catturare, scorrono solo davanti agli occhi.
Pierre Niney interpreta Yves in tutte le sue instabilità e creando un’evoluzione nel personaggio, Guillaume Gallienne è perfetto nel ruolo di Bergé, che appare sempre solido e capace di tenere tutto sotto controllo quando la fragilità di Yves sembra farlo perdere in se stesso.
È stato proprio lo stesso Bergé ad autorizzare la diffusione di questa biografia, a cui però manca qualcosa per poter essere considerata un film da rivedere una seconda volta: è più che altro informativa, racconta della vita di Yves Saint Laurent a chi di questo personaggio conosceva poco e probabilmente delude coloro che lo hanno stimato per le sue grandi innovazioni e avrebbero desiderato che a esse, insieme alla storia della maison YSL, venisse dato uno spazio maggiore.
La cosa forse più strana però, è che nonostante gli eccessi mostrati, la libertà nelle passioni, le contraddizioni, alla fine a prevalere sia comunque una sensazione di eleganza. Lo spettacolo che continua nonostante dietro le quinte, a un inquieto Yves venga più volte chiesto se sta bene. E la gioia dopo gli applausi del pubblico per le sue nuove collezioni.
“Era felice solo due volte l’anno, in primavera e in autunno”.