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Cultura e societÀ

Parità a quote forzate?

di Giancarlo Salvoldi


Bersani ha detto esplicitamente che in Italia per far avanzare la parità tra uomo e donna bisogna “dare forza” e cioè forzare le iniziative politiche.

Queste parole evidenziano due errori dai quali una invecchiata cultura di sinistra non sa emendarsi: il primo è l'illusione che la politica possa sostituire la libera maturazione del consenso, e il secondo è che se non ci sono i consensi sufficienti si può ricorrere alla forza di stratagemmi e furbizie.

Ma non è così, e l'abbiamo visto infinite volte che è illusorio ed innefficace pensare di imporre cambiamenti culturali "ope legis", ricorrendo cioè alla costrizione, anzichè affidarsi alla pedagogia e al confronto da cui poi possano scaturire scelte libere e responsabili.

   

L'esempio più triste del fallimento della logica impositiva è quello che stiamo sperimentando sul tema dell'immigrazione: la paura e la rabbia di milioni di persone non si possono contenere o esorcizzare minacciando di bollare come razzista chi è impaurito per la propria sicurezza. L'Olanda, culla del più spregiudicato progressismo, è diventata improvvisamente idiota spostandosi a destra dopo la scoperta delle menzogne sull'inesistente integrazione? E i laici e democraticissimi francesi, viste le banlieues, sono tutti impazziti se vanno a milioni verso Le Pen? E l'Austria, e le socialdemocrazie scandinave, eccetera?

L'Europa deve capire che bisogna passare dalla politica dell'immigrazione alla pedagogia dell'immigrazione, che è processo lento ma che non ammette scorciatoie.

   

Questa è la ragione per cui è inutile pensare di far passare l'idea di parità tra maschio e femmina a suon di botte in testa agli italiani, perchè così potranno subire ma non crescere. Io credo che il problema riguardi prima di tutto la voglia delle donne di mettersi in politica, e poi la capacità dei partiti a fare il loro mestiere.

E comunque c'è un problema di dignità delle donne, perchè parità e quote non possono stare insieme: o c'è l'una o ci sono le altre.

D'altra parte mi pare che sia femmina la Merkel, come femmina era la Tatcher, che non hanno suscitato enormi entusiasmi, mentre non dobbiamo dimenticare che la donna e femminista Lidia Ravera sognava che qualcuno sparasse in faccia a Condoleeza Rice, donna, nera, e segretario di Stato Usa.

Infine c'è il rischio discriminare tra i discriminati. Per cui, volendo garantire i più deboli, bisognerebbe prevedere quote per i milioni di immigrati regolari, per i milioni di giovani "neet" che non lavorano e non studiano, per i disabili con pensioncine penose, per gli omosessuali. Ma siccome la teoria discriminatoria è infinita, tra gli omosessuali bisognerebbe garantire quote lesbiche e quote gay, e poi per tutte le 14 tipologie del gender.

Mi pare che l'approccio sembri giusto in linea teorica ma, ma sarebbe da pazzi.


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